Ha provocato commozione vera, stavolta non retorica, la scomparsa di Luigi Necco, lo storico e indimenticabile protagonista dal Sud, e quasi sempre in specifico da Napoli, del ‘90° minuto’ di Paolo Valenti che ha fatto compagnia la domenica pomeriggio sulla prima rete della Rai a più generazioni di tifosi e di ragazzi e adulti appassionati di pallone; quei telespettatori, se non andavano allo stadio, dovevano ‘farsi raccontare’ le partite dalla Tv, perché all’epoca non c’erano certo le pay-tv e le partite in diretta e la soddisfazione era quella di trovare sul video dei personaggi che quel calcio non solo te lo sapevano narrare ma te lo facevano anche ‘vivere’, perché nelle rispettive città erano perfetti ‘rappresentanti e interpreti’ della loro squadra, del loro ambiente, della passione che sempre lega sportivi sul campo e sportivi ‘da poltrona’.
Fra gli altri, Necco si distingueva sempre, non solo per la stazza e il vocione, ma anche per i vezzi e i modi gentili, per la grande umanità, per una passione forte e autentica, che però era sempre mutuata e in parte mitigata dalla sua cultura, da un filo di disincanto e ironia. Un napoletano al 100%, ovviamente, che amava la città prima ancora che la squadra, ma che conosceva bene anche i tanti problemi e le tante magagne del capoluogo campano. Allo stadio Necco si divertiva come un bambino, visse da vicino l’epoca tumultuosa ed eroica di Maradona, ma sapeva anche distinguere fra gioco e vita, fra passione e cultura, fra il tifo e i compiti e i doveri di un giornalista.
Quel lavoro lo amava alla follia, come ha raccontato, tanto che gli aveva persino sacrificato gli affetti più cari, perché un matrimonio dove uno dei coniugi è molto spesso assente per lavoro difficilmente riesce a durare.
Dopo tanto successo e tanto divertimento, vennero però gli anni meno belli e quella stessa Rai che Necco tanto amava e a cui diceva di dovere tutto gli chiese di chiudere quell’esperienza di ‘90° minuto’, assieme a tutti gli altri, ‘perché ‘i tempi erano cambiati’. Necco ne soffrì molto, naturalmente, e non furono pochi a rimpiangerlo, ma sapeva che era iniziata davvero una nuova fase, per il calcio e per la Tv, e che la fine di quella trasmissione era nell’ordine delle cose.
E così si dedicò, sempre da giornalista, ad altro, per esempio a quell’archeologia che era una delle sue passioni meno note. Poiché però l’uomo non è solo razionalità, ha confessato poco tempo fa di non essere più riuscito a tornare al San Paolo per più di 25 anni, dopo ‘90° minuto’. Alla fine però, in tarda età, ci era tornato, eccome, recuperando il divertimento e la passione di un tempo.
C’è poi stata l’ultima fase della vita di Necco, che anni prima era stato anche oggetto di un ‘famoso’ attentato della camorra di cui tutti i boss (compreso Cutolo) negarono la responsabilità. Giornalista fino all’ultimo, Necco aveva ‘trovato casa’ nella nota Tv privata campana Canale 9, su cui conduceva con assiduità una trasmissione che aveva un titolo forse ironico (o ‘sottile’) per uno come lui, che da Napoli non se n’era mai voluto andare; quel titolo era ‘L’emigrante’ e vi si analizzavano con partecipazione e sagacia temi di attualità e cultura legati alla città di Napoli e ai suoi abitanti. Necco ne era, per forza di cose, il perfetto e inappuntabile protagonista.