Tra i programmi che, per primi, hanno dato la notizia della morte di Mario Monicelli c’è stato “Vieni via con me”. Ma Fazio, per discrezione, non ha precisato le modalità della morte. Un uomo di cinema dalla grandissima personalità.
Il “maestro” è morto all'età di 95 anni gettandosi dalla finestra dell'ospedale San Giovanni, dove era ricoverato da due giorni, lunedì sera, la serata dell'ultima diretta di Fazio e Saviano. Da tempo non ci vedeva più, non poteva leggere o guardare la Tv ed era per questo diventato un grande ascoltatore della Radio. Chi lo conosceva bene non è rimasto stupito per il suo gesto (che ha aperto un aspro dibattito a livello politico) ma buona parte del suo pubblico è rimasto incredulo.
Monicelli era un uomo dal carattere burbero, con asperità tipiche dei toscani, schietto, aperto che bene come pochi altri ha descritto l'Italia degli ultimi 50 anni, la società e la famiglia e le sue dinamiche interne, e forse a riassumere meglio il suo lavoro è propria una scritta anonima lasciata su un muro del suo quartiere “Ignoti, borghesi, ladri e marchesi. Hai raccontato tutti noi”.
E Monicelli ha raccontato l'Italia come nessun altro regista ha mai fatto; basta solo ricordare titoli (alcuni fra i tanti di una produzione grande anche in quantità, oltre che in qualità) come “Un borghese piccolo piccolo”, “La grande guerra”; “I soliti ignoti” o ancora “L'armata Brancaleone”, “Il marchese del Grillo' e “Amici miei” (che però 'ereditò' da Pietro Germi, che scomparve pochi mesi prima di realizzarlo).
Rimproverava i giovani colleghi di scarso impegno, criticava che non ci fossero più registi che descrivevano il Paese oggi, con i suoi tic, i suoi difetti come aveva fatto lui e non amava le passerelle alle quali indulge volentieri il mondo del cinema. Particolare l'impegno politico (ad 'Annozero' aveva detto che bisognava fare la rivoluzione) e il rapporto con i giovani (nonostante l'età, aveva una figlia di 22 anni avuta dall'ultima moglie Chiara Rapaccin, oltre ai due del precedente matrimonio).
Il suo ultimo impegno era stato proprio un incontro con degli studenti ed un video girato per la manifestazione degli abitanti dell'Aquila, per spronarli alla ricostruzione della città.
Come ricordare un uomo così, uno che ha speso la vita per il cinema e la cultura, che certamente non amava le celebrazioni né le chiacchiere (di qui il carattere burbero e insofferente) ma amava invece come nessuno lavorare, produrre, fare (e infatti ha 'fatto' fino all'ultimo fino a 95 anni) e fare bene (con semplicità artigianale ma mai in modo sciatto e 'trascurato'), uno che dirigeva gli attori e la scena come forse nessuno, uno per cui raccontare storie e illustrare in esse la sua visione del mondo era tutto? Un uomo d'impegno, che aveva invece il pudore dei sentimenti, che sognava e combatteva ogni giorno per un mondo diverso nel modo che gli piaceva, facendo cinema sempre, ogni giorno, ogni mese, ogni anno.
Già come ricordarlo? Ci piace salutarlo come hanno fatto gli abitanti del rione Monti di Roma (il suo quartiere): hanno affisso nei negozi della zona un manifesto con il volto del regista avvolto da una sciarpa rossa e sopra una sola scritta: 'Grazie Mario'.