Un’altra giornata nera per la libertà di espressione e per i media.
Nei giorni scorsi il Parlamento turco ha votato un pacchetto di norme, sostenute dall'esecutivo guidato dal Primo Ministro Recep Tayyp Erdogan, che rafforza ulteriormente il controllo dello Stato su internet, proponendo una legge tra le più restrittive ed oscurantiste che si ricordino.
Il testo prevede che l'Autorità per le Telecomunicazioni turca - Tip - possa bloccare e chiudere una pagina web o un intero sito che diffonda contenuti ritenuti “illeciti” entro 4 ore, e senza alcun provvedimento da parte della magistratura.
In poche parole, tutti coloro che dovessero decidere di diffondere materiale “non gradito” verranno censurati. Inoltre i provider saranno obbligati dall'Autorità a conservare - per almeno due anni - i dati degli utenti. Altro che Repubblica Parlamentare... sembrano piuttosto atteggiamenti degni di una rigida dittatura!
La ragione del provvedimento è presto chiarita. Alla vigilia di una nuova tornata elettorale il Premier Erdogan - distintosi già per atteggiamenti non esattamente dialogici in occasione dell'occupazione di Gezi Park ad Istanbul nella primavera 2013 - ha ritenuto opportuno mettere a tacere eventuali voci dissidenti ed aumentare il proprio controllo mediale. A ciò si è aggiunta l'esigenza di insabbiare la cosiddetta Tangentopoli turca - che ha visto coinvolto anche il figlio stesso di Erdogan - , in quanto notizie e sospetti erano emersi in forma piuttosto vivace proprio su internet.
L'Akp, partito che a capo ad Erdogan ha difeso l'iniziativa giustificandola come una forma di tutela nei confronti della privacy dei cittadini e delle persone più esposte, a partire dai bambini.
Ovviamente forti sono state le critiche dell'opposizione e della CPJj - Commitee to Protect Journalists, che ha definito questi provvedimenti “liberticidi”. Nei giorni scorsi centinaia di persone sono scese in piazza per protestare contro le novelle leggi approvate dal Parlamento e frequenti sono stati gli scontri tra la polizia e i manifestanti.
Certo è che già prima la Turchia non se la passava proprio bene quanto a libertà di espressione... La classifica che censisce ogni anno 179 Paesi in tutto il mondo quanto a libertà di stampa - collocava la Turchia al 154° posto. Dall'aria che tira il presagio è quello di un ulteriore peggioramento nel rating!
La Turchia costituisce peraltro un mercato significativo quanto ad utilizzazione della rete internet. Basti pensare che gli internauti sono circa 40 milioni a fronte di una popolazione di 75 milioni. Grande importanza rivestono anche i social network: la Turchia rappresenta il settimo mercato mondiale per Facebook e l'undicesimo per Twitter!
Come prevedibile, all'indomani dell'approvazione, aspre critiche sono giunte dalla Commissione Europea - cui peraltro la Turchia ha chiesto di prender parte - per l'introduzione di restrizioni sulla libertà di espressione e censura dei media. Il portavoce di Stefan Fule, Commissario Europeo per l'Ampliamento dei confini dell'UE, ha dichiarato: “La Turchia ha bisogno di più informazione e maggiore trasparenza, non di maggiori restrizioni. Inoltre l'impianto normativo deve esser rivisto alla luce degli standard europei”.