Per la stampa americana non c’è discussione: la recente sentenza della Corte europea che obbliga i motori di ricerca Internet (tipo Google) a togliere, se richiesti da un utente della Ue, i riferimenti ad informazioni ritenute dallo stesso sgradevoli, è lesiva di libertà importanti per i media.

Wow! direbbero gli americani. Con la recente sentenza della Corte europea che obbliga i motori di ricerca Internet (tipo Google) a togliere, se richiesti da un utente Ue, i riferimenti ad informazioni ritenute dallo stesso sgradevoli, la stampa americana si é cimentata al tiro al piccione. Contro la sentenza e contro l'applicazione della privacy nell'Ue, giornali come 'USA Today', il 'New York Times', il 'Los Angeles Times' ed altri hanno fatto a gara per ribellarsi.
Il caso é iniziato quando Mario Costeja Gonzalez, un avvocato spagnolo di La Coruna in Galizia, ha chiesto alla corte europea di far rimuovere dai motori di ricerca Internet (per la maggior parte americani) i collegamenti a degli articoli imbarazzanti che lo riguardavano e che erano stati pubblicati sul quotidiano di Barcellona 'La Vanguardia'. Secondo la nuova norma europea, i giornali possono continuare a pubblicare le informazioni online, ma queste non possono essere aggregate dai motori di ricerca. Questo perché la Corte dell'Ue considera i motori di ricerca dei fornitori di servizi commerciali e non fonte di informazioni. Inoltre, la Corte ha stabilito che «i motori di ricerca devono anteporre il diritto alla privacy sul diritto dei cittadini ad essere informati».
Ed ecco quindi scatenarsi la campagna mediatica negli Usa con titoli come: 'Google epurata' (N.Y. Times),'³L'Europa altera le regole sulla privacy' (L.A. Times), 'Il diritto dell'Ue minaccia la trasparenza' (USA Today).
L'immagine proiettata dai media americani é che, in materia di privacy, l'Ue risulta influenzata dai ricchi e potenti che non vogliono essere scrutinati. Inoltre, nell'Ue il concetto della privacy ha a che fare più con la tutela dell'elite che della gente comune.
Ad esempio, visto che in italiano non esiste una parola per "privacy", in Italia si é adottato il termine inglese, formando cosí l'Autorità Garante per la Privacy (www.garanteprivacy.it). É stato fatto notare, peró, che questa affinità linguistica è l'unico elemento che avvicina l'Italia e l'Ue in generale, al concetto di privacy, mentre negli Usa questo indica obbligo della trasparenza, libertà di stampa e di espressione.
In Italia, il Garante della Privacy è stato creato nel 1997 (su direttive emanate dall'Ue nel 1995) per proteggere la privacy del comune cittadino, ma in effetti é stato anche voluto per proteggere i ricchi, i potenti ed i membri della criminalità organizzata dallo scrutinio pubblico e dalle inchieste giornalistiche. É stato segnalato che in quegli anni il Paese si stava riprendendo dalle inchieste giudiziarie di "Mani Pulite" che avevano causato molti problemi a politici ed uomini d'affari, e pertanto con il Garante della Privacy l'élite ha voluto assicurarsi che nulla di simile accadesse di nuovo.
In passato i media americani avevano riportato che, tecnicamente, un'Autorità per la Privacy sarebbe dovuto essere ridondante, dal momento che in Italia, e nella Ue in generale, l'informazione tende ad essere controllata (direttamente e indirettamente) dai politici ed alcuni imprenditori che usano i media per promuovere agende personali. Ma fu detto che in Italia almeno, l'élite aveva bisogno di un secondo livello di protezione, cosa che l'Autorità per la Privacy poteva assicurare.
Per la cronaca; recentemente in Lussemburgo un comitato di 13 giudici della Corte di Giustizia dell'Ue, la più alta corte d'Europa, ha sentenziato che ai motori di ricerca online possa essere ordinato di rimuovere i collegamenti (link) a dettagli che i privati preferirebbero tenere fuori dallo scrutinio pubblico perché ritenute “inadeguate, irrilevanti o non più pertinenti”, anche se queste informazioni fossero accurate e giá pubblicate. La sentenza è immediatamente esecutiva, definitiva e non può essere soggetta a ricorso.
Secondo la stampa americana, la Corte dell'Ue ha dato agli europei il “diritto di essere dimenticati” e per conservare questo diritto, il messaggero online deve essere punito ('USA Today'). In effetti, la Corte dell'Ue ha dato ai governi locali il diritto di censurare le informazioni al fine di proteggere l'élite - come avviene in Cina, in Iran, nelle Coree Nord e del Sud e in molti altri paesi del Medio Oriente.
Secondo il 'New York Times', a complicare le cose é il fatto che la regola verrá applicata dai tribunali di 28 diversi paesi dell'Ue con poche indicazioni da parte dell'Alta Corte. “Spetta ai singoli paesi dare coerenza al modo in cui la legge viene interpretata - ha dichiarato da Bruxelles al 'N.Y. Times' M. Peter Hustinx, il responsabile Ue per la protezione dei dati. Per il 'Times' comunque, ciò significa che i motori di ricerca appronteranno un trattamento diverso a seconda dei diversi Paesi dell'Ue.
É stato riportato che gli Stati Uniti e l'Ue non hanno una differenza sostanziale del concetto di privacy. Ma mentre negli Usa vi è una forte aderenza al Primo Emendamento della Costituzione - che protegge la libertà di parola e di stampa (in Italia vi é il diritto alla libertá di pensiero) - l'Europa sta erigendo dei muri digitali per proteggere la segretezza, nascondere informazioni vitali ai cittadini e dare uno scudo alla corruzione, sotto la falsa impressione che la verità possa emergere dalla circolazione di meno informazioni, mentre negli Usa il pubblico é protetto dalla circolazione di piú informazioni ('Greater truth emerges from more rather than less information' - USA Today).