Il rapporto ‘La dieta mediatica dei nostri figli’, commissionata dal Moige, ci ha permesso di scoprire alcune cose un po’ inquietanti…
Si è tenuta a Roma, presso la Sala delle Colonne della Camera dei Deputati, la presentazione del rapporto 'La dieta mediatica dei nostri figli', commissionata dal Moige Movimento italiano genitori e curata dall'Istituto di terapia cognitivo interpersonale guidata dal Professor Tonino Cantelmi, Docente di Psicologia dello sviluppo e dell'educazione presso l'Università Lumsa di Roma.
Condotta su circa 1.000 ragazzi di scuole elementari, medie e superiori, la ricerca ha indagato 8 aree (tv, computer e internet, cellulari, cinema, video-giochi, radio, riviste e quotidiani e libri) mettendo in luce dati spesso allarmanti. Oltre la metà degli intervistati trascorre davanti al piccolo schermo più di 2 ore al giorno. Se i più piccoli seguono ed apprezzano il mezzo televisivo per loro ancora in buona parte mainstream dagli 11 anni in su, la Tv diventa 'rumore di sottofondo', all'interno di un multi-tasking fatto di social network, instant messaging, video-games.
Soltanto 1 intervistato su 10 dichiara di utilizzare internet per motivi di studio, o, più genericamente, a 'caccia di notizie', mentre ben un quarto dei ragazzi utilizza il pc soltanto per chattare.
Il 96% degli intervistati ha un profilo Facebook e, più in generale 6 su 10 sono iscritti a social network. Cosa ben più preoccupante però è che un adolescente su 5 dichiara di aver iniziato una relazione proprio su internet. 7 su 10 non leggono né libri né quotidiani e molto spesso nessuno li esorta in tal senso.
Oltre la metà trascorre da 1 a 3 ore al giorno con i videogiochi, che peraltro creano pericolosi modelli di identificazione.
Ovviamente (?!?) dai 6 ai 10 anni uno su due possiede un cellulare (per lo più si tratta di smartphone di ultima generazione), valore che raggiunge i 9 su 10 nel target 11-14. Scarso l'utilizzo in traffico vocale, molti gli instant messaging (i 'vecchi sms' sono per lo più sostituiti da Whatsapp et similia), le chat, i social.
In tutto questo non ci sono controlli né limiti di orario e, anche qualora presenti, non vengono comunque rispettati. Molto spesso i ragazzi vedono la Tv da soli anche perché hanno una televisione nella loro camera ammettendo di fruire di programmi non adatti alla loro età, hanno libero accesso al pc, dal quale con grande scaltrezza eliminano cronologie e possibili 'tracce'.
Quello che emerge, e che viene ribadito con preoccupazione da molti dei numerosi partecipanti alla tavola rotonda moderata dalla giornalista Sky Sarah Varetto tra i quali Maria Rita Munizzi, Presidente del Moige, Maurizio Mensi, Presidente del Comitato Media e Minori, Luca Milano, Vice Direttore di Rai Fiction con delega alla programmazione per i minori, Antimo Cesaro, Segretario della Commissione Bilaterale per l¹Infanzia e l'Adolescenza, è l'assenza, o la noncuranza dei genitori abbinata alla grande fiducia dei ragazzi verso il 'magico mondo della rete'. Da una parte sono venuti meno i modelli di riferimento, dall'altra si tratta di quella che Antimo Cesaro ha definito una 'catastrofe ermeneutica', ovvero l'incapacità delle nuove generazione a relazionarsi.
Basti pensare che due su dieci preferiscono restare a casa, 'parcheggiati' passivamente davanti alla tv, piuttosto che uscire.
Internet, è stato evidenziato, rappresenta tre tipi di pericolo, le così dette '3C': contenuti, pericolosi se non sottoposti ad un controllo, contatti che possono svilupparsi all'interno della rete ed infine condotta che, ancora una volta, se non controllata può portare a spiacevoli derive.
Da una parte si assiste quasi ad una rinuncia dei genitori, un voler in parte 'abdicare' al loro ruolo determinata molto spesso anche dall'incapacità di affrontare mondi a loro del tutto sconosciuti dall'altra la pervasività crescente dei media impone la necessità di metter regole e 'paletti' per una maggior tutela.
Questa 'abbuffata di media' ha modificato il modo di costruire la propria identità, i rapporti esterni, l¹emozionarsi, soprattutto nei più giovani. E dopo tutto, quel che più preoccupa è proprio l'incapacità delle nuove generazioni di relazionarsi nella 'vita vera, un'emergenza sociale quindi ancor prima che educativa. Appare quindi necessario riconquistare spazi di socialità e di relazione, attività che permettano momenti di scambio e di confronto. Prendendo spunto da un video thailandese che ha fatto in breve il giro del mondo 'Disconnect to connect' verrebbe da suggerire “mettete da parte i vostri device e iniziate a vivere!”.