L’assemblea di Confindustria Radio-Tv

Si è svolta nei giorni scorsi a Roma la prima assemblea di Confindustria Radio Televisioni. In attesa di riferire con attenzione sulla rivista cartacea di tutta la giornata (imperniata sul confronto-scontro fra le Tv e le società di internet), ecco due importanti interventi.

Il primo è quello di Maurizio Giunco, Presidente Associazione Tv Locali (aderente a CRTv):

«Culture, costumi, abitudini, tutte una diversa dall'altra erano presenti nella nostra penisola nel 1848 prima che divenisse un unico Stato. Poi l'Italia si è unita. Venti regioni tutte con aspetti geografici (mare, laghi, pianura, montagna), climatici, costumi, dialetti tradizioni e culture diverse fra di loro. Anche sotto il profilo artistico-architettonico, ogni regione segna una propria origine e cultura unica.
Queste particolarità storico-culturali, e le diversità geogra¬fiche e ambientali fanno dell'Italia una nazione poliedrica che tutto il mondo ci invidia. Il valore identitario della nostra po¬polazione è un bene prezioso che non bisogna assolutamente perdere.

È per questo che in Italia sono nate e si sono sviluppate le Tv locali. Le televisioni locali non sono quindi nate per caso, ma proprio con il compito di dar voce alle diverse culture. Ora però le Tv locali stanno morendo, e se si vuol trovare una soluzione occorre cercare di capire le motivazioni di questa situazione. Soprattutto occorre chiedersi: perché le Tv locali muoiono, mentre mantengono, e in alcuni casi, incrementa¬no, i propri ascolti?

In ambiente analogico erano presenti circa 500 operatori tele¬visivi che diffondevano 500 programmi.
Un numero abnorme di televisioni che, da solo, dimostrava che la larga maggioranza di queste aziende si limitava in real¬tà ad una mera occupazione di risorse radioelettriche senza svolgere alcun ruolo informativo. Oggi in ambiente digitale sono circa 500 gli operatori ma questi diffondono 3200 pro¬grammi. A questo punto è utile descrivere in termini numerici la situazione del settore.

Esso occupa circa 10.000 dipendenti (tra addetti e indotto) ma solo 93 società garantiscono il 64% dell'intera occupazione del comparto. 18 milioni di italiani si sintonizzano ogni giorno sulle Tv locali. Le prime 100 emittenti rappresentano il 70% dell'ascolto dell'intero comparto. Le società che fatturano più di un milione di euro sono 93 e rappresentano in termini per¬centuali il 18% delle emittenti televisive locali. I ricavi comples¬sivi del settore ammontano a 480 milioni di euro, il 75% degli stessi è generato dalle prime 100 emittenti.

I dati dimostrano che sono circa 100 le emittenti che garanti¬scono l'occupazione, gli ascolti del comparto, una consistenza patrimoniale e concentrano i ricavi del settore. È importante sottolineare che queste emittenti sono tutte a vocazione in¬formativa e, per questa ragione, sono fortemente radicate sul territorio.

Ma allora perché le Tv locali stanno scomparendo? Una prima risposta è questa: le norme e i regolamenti sino ad ora applicati al settore non sono mai state selettive, non sono mai state tese alla valorizzazione delle aziende con una reale dignità d'impresa. Hanno sempre mirato alla conservazione di una pluralità di soggetti, molti dei quali, inesistenti.
Queste norme hanno finito per penalizzare le “vere” impre¬se. Non vi è mai stato quindi, da parte dei decisori politico - istituzionali il coraggio di concepire un progetto politica¬mente sostenibile per l'emittenza locale in nome di un falso ecumenismo che doveva garantire la sopravvivenza di tutti gli operatori e che invece ha finito per danneggiare le aziende maggiormente strutturate. La seconda risposta è invece che la costante incertezza del diritto ha vanificato e continua a vanificare gli investimenti delle società editoriali con dignità d'impresa.

Nel 2010 lo Stato, confermando ancora una volta di non avere un vero progetto per le Tv Locali, ha assegnato loro 26 fre¬quenze in pratica, una frequenza a tutti, alle “vere” televisioni e a quelle che lo sono solo sulla carta. Successivamente, 9 di queste 26 frequenze sono state sottratte alle emittenti te¬levisive locali e destinate all'LTE. Tutto ciò senza operare al¬cuna distinzione ma perseguendo unicamente il criterio di sottrarre le frequenze a chi le aveva avute legittimamente assegnate. Ora, ai sensi del decreto c.d “Destinazione Italia” l'Agcom sottrarrà ulteriori 74 frequenze in 12 regioni italia¬ne. In pratica, come con il Superenalotto, qualunque soggetto assegnatario di queste frequenze dovrà chiudere anche se ha investito milioni di euro per adeguare i propri impianti al dtt. Per tale esproprio agli editori verrà riconosciuto un indenniz¬zo di circa 250 mila euro.

La situazione sopra descritta è frutto di provvedimenti privi di ogni riferimento progettuale per il comparto.
Prima occorre immaginare il sistema che si vuole se lo si vuo¬le, poi si legifera di conseguenza, con coraggio. Non si può sostenere che gli ascolti non segnino la differenza tra un emit¬tente ed un'altra, che non debbano esserci un numero mini¬mo di addetti per fare Tv o avere un patrimonio adeguato. Non è più possibile assistere alla predisposizione di bandi di gara come quelli di assegnazione delle frequenze alle tv locali dove, in molti casi, le prime emittenti delle regioni sono state largamente superate, attraverso intese obbligatorie, da 5 te¬levisioni e prive di ascolti.

L'Associazione Tv Locali aderente a Confindustria Radio Tele-visioni non intende né ha mai inteso rappresentare emittenti pirata o collezionisti di frequenze. L'Associazione rappresen¬ta invece gli editori televisivi locali orgogliosi di esserlo che hanno sempre fatto impresa e vogliono continuare a farla. Occorre però capire se il “sistema Italia” vuole ancora le Tv lo¬cali. Quello che è certo è che gli imprenditori hanno bisogno di regole chiare e certezze per il futuro».

Il secondo è quello di Roberto Giovannini, Presidente dell'Associazione Radio (associata a CRTv):

«Anche il comparto radiofonico risente della grave crisi che attraversa il Paese. Infatti gli investimenti pubblicitari sul mezzo hanno avuto un andamento nettamente decrescente nell'an¬no 2012 (- 10,2%), con una leggera ripresa nel 2013 chiuso però con un - 9%, e una quota sul totale nazionale del 5%, una percentuale tra le più basse a livello europeo. Si leggono segnali più confortanti per il primo trimestre 2014. Appaiono, quindi, necessari interventi normativi di riordino che diano un assetto più moderno a tutto il sistema e, nel contempo, prevedano misure di concreto sostegno alle imprese radio¬foniche.

Nell'ambito di tali interventi può essere importante considerare la possibilità di operare la pianificazione delle fre¬quenze analogiche per dare un assetto definitivo al sistema radiofonico e permettere l'utilizzo di ogni tecnologia digitale alla radiofonia con particolare riferimento alle radio locali.

Urgente risulta riconsiderare la disciplina per l'erogazione del contributo ai sensi della legge 448/98, nel senso di una profonda revisione dei criteri fino ad oggi applicati, che con¬sistono in una distribuzione “a pioggia” del 50% della somma stanziata in ogni esercizio, senza alcuna selezione. Occorrono invece modifiche al regolamento di attuazione che vadano nel senso di privilegiare le aziende che fanno occupazione giova¬nile, che trasmettono, in misura da definire, propri program¬mi informativi giornalieri e che abbiano tutti i requisiti econo¬mici e giuridici previsti dalle leggi vigenti per legittimamente operare.

Tali modifiche regolamentari dovrebbero, a nostro avviso, es¬sere accompagnate dal ripristino dei contributi erogati dalla Presidenza del Consiglio - Dipartimento per l'Informazione e l'Editoria, di cui alla legge 250/90. L'attività radiofonica, ha in¬fatti urgente necessità di accedere alle particolari provviden¬ze che prevedono parziali benefici sulle spese per l'energia elettrica, per le agenzie di stampa e per i costi dei collega¬menti satellitari, ciò anche in considerazione del fatto che le somme da stanziare sono di modesto ammontare.

Risulta inoltre urgente lo sblocco delle somme stanziate nel bilancio dello Stato, per i pagamenti previsti dai decreti emes¬si dal Dipartimento per l'Informazione e per l'Editoria, di cui alla legge 250/90, esercizi 2007/08 e 2009.

Per la modernizzazione del sistema radiofonico, particolare importanza riveste lo sviluppo della tecnologia digitale. Però a cinque anni dalla pubblicazione del regolamento di attua¬zione del digitale (delibera AGCOM 664/09/CONS), sono stati parzialmente autorizzati i diritti d'uso solo nel Trentino Alto Adige, escludendo il Consorzio Eurodab che ha coperto in di¬gitale oltre il 65% del territorio nazionale. Inoltre la situazione esistente in Trentino Alto Adige non è assolutamente ripro¬ducibile in nessuna parte del territorio italiano per mancanza delle frequenze, che consentano uno sviluppo ordinato e ge¬neralizzato del digitale radiofonico, secondo quanto definito dall'art. 2 dello stesso regolamento, circa “la garanzia di parità di condizioni di avvio, sviluppo ed esercizio ordinario dell'atti¬vità fra tutti i soggetti privati, nonché tra questi e la concessio¬naria del servizio pubblico”.

In sintesi occorre: a) il reperimento e l'assegnazione fino a 11 blocchi di fre¬quenze per ogni bacino di utenza; b) l'introduzione della procedura cosiddetta “beauty contest” anche per le radio locali e, quindi, la modifica dell'art 12, com¬ma 6, del regolamento AGCOM 664/09/CONS, sopprimendo la norma che prevede per le locali il rilascio dei diritti d'uso alle società consortili partecipate da almeno il 30% delle emit¬tenti esercenti nello stesso bacino di utenza; c) la riformulazione dell'art.13, comma 2, con la previsione della suddivisione del territorio nazionale in bacini di utenza su base regionale».

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