Il problema dell’LCN si conferma come quello più ‘caldo’ per il mondo delle Tv locali, in gravi difficoltà con il passaggio al digitale. Lo schema dell’Agcom appare troppo rigido e uniforme e in particolare in alcune regioni (come la Sardegna) penalizza importanti Tv locali.
Ecco l'articolo di Marco Mele apparso su "Il Sole 24 Ore" di mercoledì 28 aprile:
«Le maggiori Tv regionali scendono in campo contro la schema di numerazione automatica approvato il 16 aprile dall'Autorità perle comunicazioni.
Lo schema prevede che i numeri sul telecomando dall'1 al 9 vadano ai canali generalisti, quelli dal 10 al 19 alle tv locali ex analogiche "radicate" sul territorio, quelli da 20 a 70 ai canali digitali nazionali, per generi di programmazione, e da 71 a 100 alle altre emittenti locali.
Tra i capofila della rivolta c'è Videolina, la principale emittente sarda, insieme a Sardegna Uno: al loro fianco scende in campo anche il presidente della Regione Ugo Cappellacci. Il quale ha ottenuto un'audizione dal presidente dell'Agcom, Corrado Calabrò: «La decisione provvisoria dell'Agcom avrebbe conseguenze devastanti per le tv locali - sostiene Cappellacci - : alcune di loro rischiano la scomparsa. La Sardegna è pioniere del digitale terrestre, ma bisogna arrivare al federalismo televisivo: è inaccettabile mettere in crisi chi dà voce ai cittadini. Noi siamo lontani dai media nazionali: non si può avere un'informazione monca».
Il digitale terrestre prometteva rose e fiori, «ma dopo un anno e tre mesi abbiamo perso il 30-35% dell'ascolto - sottolinea Carlo Ignazio Fantola, presidente dell'Unione Editoriale e vicepresidente di Videolina - con crollo verticale della pubblicità.
Tra le cause, il posizionamento sul telecomando. Con l'analogico, il 90% dei sardi aveva Videolina tra i primi nove canali. Con il digitale si è scesi al 60%. Un 30%, secondo nostri sondaggi, non riesce più a trovarci».
Aggiunge Maurizio Rossi, editore di Primo Canale di Genova: «Abbiamo dato mandato al professor Lorenzo Acquarone e non escludiamo l'opposizione davanti al Tar se le nostre audizioni saranno inutili. Siamo stati la tv ufficiale del G8 di Genova. E la Liguria non può passare al digitale prima della Toscana, insieme a Corsica e Costa Azzurra».
Sulla stessa linea Filippo Rebecchini, editore della laziale SuperTre, ma anche presidente della Frt: «Vogliamo l'8 e il 9: sono posizioni che non possono essere date a tv nazionali poco visibili o che ancora non esistono. I tempi sono fondamentali: tutte le tv del Lazio, tranne una, sono uscite da Auditel: la situazione è tremenda dopo il passaggio al digitale».
Diversa la posizione di Costantino Federico, proprietario di ReteCapri: «Se l'8 il 9 andranno alle locali, la situazione delle tv nazionali tornerà quella analogica. Rai e Mediaset più La 7 e nient'altro».
Giorgio Galante, di TelePadova-7 Gold, aggiunge: «Ci vuole un solo numero per un circuito di tv locali regione per regione. E la regione è un ambito politico, non tecnologico: nel Nord Est il segnale parte da Verona e arriva a Trieste».