Le conclusioni di ‘Eurovisioni’

«La riforma del canone radiotelevisivo in Europa nell’era digitale». Era questo il tema – attualissimo – di ‘Eurovisioni 2014’ a Roma. Ecco il comunicato conclusivo, che contiene alcune note molto interessanti sulle regole su questo argomento a livello internazionale.

In vista del dibattito italiano sul canone, Eurovisioni ha invitato i rappresentanti di cinque Paesi dell'Europa occidentale dove la riforma del canone è stata effettuata, per conoscerne motivazioni, problemi incontrati e modalità di applicazione.
Di questi cinque Paesi: uno ha abolito il canone (Olanda), due hanno trasformato lo scopo del canone (Germania e Svizzera), uno ha legato il canone alla tassazione progressiva (Finlandia) ed uno ha ampliato il campo di applicazione (Svezia).

In Olanda il governo ha abolito il canone nel 2002 per sostituirlo con un prelievo diretto a carico del budget dello stato. Da allora ad oggi il trasferimento dello stato è stato sempre inferiore a quello promesso e con diversi tagli imposti dai vari governi succedutisi. In Olanda nel 2013 l'importo dei trasferimenti pubblici alle varie reti tv e radio è stato significativamente inferiore alla somma percepita dal canone 10 anni prima.
La cosa più grave è che la natura di questi tagli richiesti è stata puramente ideologica ed i tagli più aggressivi sono coincisi con la presenza di partiti populisti al governo o in grado di condizionare il governo.
Un rischio diretto di usare l'arma del finanziamento dal budget dello stato come strumento di condizionamento dell'indipendenza del SP è assai concreto in Olanda, anche se finora non sono stati segnalati 'avvenimenti maggiori' in questo senso.

In Germania la riforma del canone è stata decisa dai rappresentanti dei Lander, d'intesa con la KEF, la Commissione indipendente che fissa ogni anno l'ammontare del canone radiotelevisivo.
La riforma in Germana ha lasciato il canone ma ne ha cambiato la natura. Oggi esso è una tassa di scopo finalizzata al finanziamento del servizio pubblico e non è più legata al possesso dell'uno o dell'altro dei device che possono ricevere segnale tv. Inoltre l'obbligo di pagare il canone radio tv è stato esteso a tutte le corporations che hanno un ufficio o una base operativa in Germania.
Risultato imprevisto di questa riforma è stato che il gettito cosi procurato ha superato di un miliardo le previsioni ed ora si stanno identificando dei correttivi per riportare il gettito ad una cifra più ragionevole specie per le imprese. Nel frattempo i soldi in più incassati nel 2014 rispetto al fabbisogno previsto sono stati congelati in un conto e potranno esser usati in futuro in caso di emergenze.

La riforma è stata già approvata dal governo e dal Parlamento sulla falsariga di quanto deciso in Germania. Ma la sua entrata in vigore è stata ritardata al 2019, in quanto la riscossione del canone (attualmente affidato ad un organismo indipendente chiamato Billag) dovrà essere assegnata con una gara internazionale che non potrà tenersi prima del febbraio 2015. Nel frattempo la scorsa settimana (dopo un grande battage pubblicitario) un referendum abrogativo contro la legge di riforma del canone è stato promosso dalla Confederazione elvetica delle PMI, i cui aderenti sono spaventati del ripetersi del caso tedesco.

In Svezia la riforma del canone è stata effettuata nel 2007, quando la tassa venne estesa dal possesso della tv al possesso di qualsiasi device capace di ricevere i segnali televisivi in diretta via
Internet. Quindi un processo ancora tutto nella logica del vecchio canone. Il fatto nuovo è però intervenuto nel 2011-2012, quando le prime trasmissioni in diretta di canali tv su internet sono cominciate. Da allora il servizio pubblico svedese (attraverso la sua consociata incaricata della riscossione del canone) ha cominciato a chiedere il pagamento del canone anche ai possessori di I-pad, I-phone ecc. L'inizio della riscossione di questa nuova interpretazione della tassa è stata contestata da alcuni “smanettoni informatici” privati che hanno fatto ricorso in tribunale. I ricorsi sono stati rigettati per ben due volte, sino a che la Corte Suprema di Svezia la scorsa settimana, ne ha accolto uno, cancellando la legge attuale per “difetto di motivazione”. E così in Svezia si è tornati allo status di pre-2007 con 80.000 utenti che hanno subito chiesto la restituzione del prelievo sui nuovi media. Il cambiamento di governo intercorso nel frattempo lascia sperare che presto una nuova versione della legge possa prendere corpo.

Il caso più complesso è quello della Finlandia, dove si è voluto sostituire il canone dovuto per il possesso di apparecchi atti alla ricezione tv o cavo con una “media tax” calcolata e riscossa in base alla tassazione ordinaria delle persone. Il canone, infatti, è stato ritenuto ingiusto perché tassa non proporzionale al reddito. Sono stati creati tre livelli di contribuzione: una fascia esente sino a 7500 Euro di reddito, una media ed una alta. Il ricavo è esclusivamente destinato al finanziamento del servizio pubblico radiotelevisivo. Nella legge istitutiva era stato anche identificato un livello minimo di finanziamento da garantire da parte dello stato ed un adeguamento periodico del finanziamento, per mettere alla YLE ed i suoi investimenti di natura pluriannuale, al riparo dalle eventuali fluttuazioni del reddito nazionale. Purtroppo questa clausola di salvaguardia è stata subito disattesa dal Parlamento che ha congelato l'indicizzazione sin dal primo anno di vita del nuovo regime. Cosi già nel 2015 si determinerà uno squilibrio dei conti della YLE di circa 10 milioni di EUR, cui il servizio pubblico ha fatto fronte con un piano di licenziamenti (200 unità) volto a riequilibrare il bilancio ed a liberare una certa quantità di risorse necessaria per gli investimenti.

Ecco una dichiarazione di Mario Marazziti, membro della Commissione Parlamentare di Vigilanza e presentatore di una proposta di riforma del canone Rai:

“Le risorse gestite dalla Germania sono il doppio di quelle pagate dagli italiani dove l'evasione è pari al 27%. Il problema vero è quello di non avere certezze per poter fare una programmazione in tempi lunghi. Guardiamo con attenzione al modello UE di Tv pubbliche con passaggio di canone dal possesso di tv a una tassa sulla ricezione. Occorre un contributo universale per rispettare il diritto dei cittadini di una tv pubblica e con il principio di pagare meno ma pagare tutti. Dobbiamo provare cioè ad avere la certezza delle entrate e a delle forme di riscossione che ci permetta di ottenerle pensando, nello stesso tempo, a sgravi per le famiglie più disagiate. Il pagamento del canone perché il servizio pubblico possa avere l'indipendenza dai governi”.

Ed ecco una dichiarazione di Luigi Gubitosi, direttore generale della Rai:

“La Rai deve continuare a fare servizio pubblico e il fatto di percepire un canone deve far sì che il suo utilizzo sia molto accorto e attento ai programmi che programmiamo e mandiamo in onda. Si può pensare a un canone sociale e a trovare il modo per far pagare tutti, in modo da ridurre l'importo per ogni famiglia.
Un grande competitor per l'Europa è, al momento, Google e altri che si avvantaggiano indebitamente dal punto di vista fiscale oltre ai problemi di privacy e competitività che tutto ciò comporta.
Inoltre la Rai non ha solo il compito di trasmettere ma anche quella di sostenere tutta la filiera audiovisiva, come fa ormai da anni Rai Cinema, che sostiene i film italiani, sia opere prime che seconde, o Rai Fiction. Il settore audiovisuale ha una grande valenza economica e uno sforzo importante da parte nostra sarà quello di razionalizzare le risorse e reinvestirle soprattutto in cultura come ruolo di rete pubblica”.

Infine, una dichiarazione di Anna Maria Tarantola, presidente della Rai:

“Vorrei riflettere con voi su alcuni aspetti comuni della riforma del canone, che è un tema molto ampio e trasversale e la sua riscossione è importante per la programmazione e come volano di crescita anche per i cittadini perché un servizio pubblico efficace può contribuire alla democrazia. Finora 5 Paesi europei hanno modificato il canone ma ho avvertito che c'è una grossa pressione per quanto riguarda la digitalizzazione. Infatti anche i Paesi più virtuosi si sono dovuti confrontare con il fenomeno dell'evasione del canone a causa della digitalizzazione ormai comune a tutti.
Un secondo fattore che mi ha colpito è quello che ovunque si voglia cambiare il canone insorgono grandi discussioni anche positive, come è successo in Germania.
Su 5 Paesi che hanno cambiato ben 4 hanno confermato un contributo pubblico alla televisione di Stato. Non si può parlare di indipendenza senza indipendenza economica. Ogni sistema va adattato a ogni Paese ma esistono alcune caratteristiche che il sistema del canone deve avere: essere equo, adeguato, certo e stabile nel tempo”.

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