Lo stato di salute del cinema italiano

Il “bilancio Anica” sul cinema italiano nel 2011: più film italiani prodotti e più spettatori per il “made in Italy” ma il consumo complessivo in sala cala.

Si è svolto lo scorso 18 aprile a Roma, presso la storica sede Anica di viale Regina Margherita, l'abituale appuntamento annuale dedicato al cinema “made in Italy”, occasione di riflessione sulla situazione dell'industria cinematografica nazionale. Suddivisa in “2 tempi”, la kermesse ha visto la mattinata dedicata alla presentazione dei dati sul cinema italiano nell'anno 2011 ed il pomeriggio ad un forum con esponenti ed esperti del settore.

“Il cinema italiano è in stallo. La fase di crescita è finita”: un esordio non proprio confortante, tanto più perché a sintetizzare la situazione è stato Riccardo Tozzi, Presidente dell'Anica (nonché principale azionista della Cattleya), che negli ultimi anni ed anche negli ultimi mesi ha sempre lodato gli eccellenti risultati del cinema italiano in numerose occasioni pubbliche. Al punto tale da essere criticato - da qualcuno - per eccesso di lettura ottimistica dei fenomeni in atto.

I dati presentati, frutto di una collaborazione nelle elaborazioni statistiche tra l'Anica e la Direzione Cinema del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, esposti da Angelo Barbagallo, Presidente dell'Unione dei Produttori Anica (ex partner produttivo di Moretti nella Sacher Film), e da Nicola Borrelli, Dg Cinema del Mibac, hanno dimostrano che il 2011 ha registrato una crescita del numero di produzioni, ma un calo di pubblico (complessivo) in sala: i film prodotti sono saliti dai 115 del 2010 ai 132 del 2011, si registra al contempo un calo significativo del pubblico nelle sale corrispondente a - 7,9 % a livello totale, ma un incremento dell'8% per quanto riguarda i film italiani e le coproduzioni.

Va rimarcato che non esiste naturalmente un nesso diretto e meccanico tra andamento del “box office” e quantità di film realizzati (anche perché la gestazione di un film può iniziare anche due o tre anni prima rispetto alla sua proiezione in sala). La quota di mercato dei film italiani sul totale - calcolata a livello di biglietti venduti - è salita dal 31% del 2010 al 38% del 2011.
Le sale hanno incassato in totale 661,6 milioni di euro (- 10 % rispetto ai 735,3 milioni di euro dell'anno 2010) e le presenze (- 7,92 per cento) sono scese a 101,3 milioni (- 7,9% rispetto al 2010).

“Il problema vero sono i giovani” - sembra essere lo slogan che dovrebbe spiegare le cause del fenomeno del calo complessivo nei consumi. Tozzi ha sostenuto che “va sfruttato questo momento per capire come rilanciare”. “All'interno delle oltre 130 produzioni realizzate, soltanto 31 superano un budget di 3,5 milioni di euro, e sono quelle che provvedono al 90 % dell'incasso complessivo. E questo è certamente un elemento su cui soffermarsi” - ha ricordato Barbagallo.

Lo scorso anno sono state prodotte 21 opere di “interesse culturale”, 33 cortometraggi, 14 sceneggiature originali e ben 40 opere “prime” e “seconde” (quasi un terzo del totale). Ma il contributo pubblico medio è… “scoraggiante” - ovvero insufficiente - per molti produttori. Tozzi ha insistito sulla dinamica in atto: la continua ed ormai eccessiva contrazione del finanziamento diretto (da parte del Mibac) non viene sostanzialmente “compensata” dall'aumento del finanziamento indiretto (attraverso il tax shelter e tax credit). Le due forme/fonti di finanziamenti svolgono infatti funzioni differenti. E se il finanziamento diretto scende troppo, non è più possibile realizzare determinati prodotti che comunque non vengono compensati dagli incentivi fiscali.

Il Dg del Mibac Borrelli ha ribadito più volte, nel corso della mattinata, l'inadeguatezza dei nostri contributi rispetto a quelli di altri Paesi europei, in primis la Francia (che ha un volume d'affari in ambito cinematografico ed audiovisivo avanti “anni-luce” rispetto al nostro, sia in termini di produzioni realizzate - ben oltre le 200 quelle del 2011 - sia di budget e contributo pubblico medio per film), che ha rappresentato una citazione ricorrente durante tutto il corso della giornata.

“La crisi del cinema in sala, è attribuibile solo in parte alla crisi congiunturale. È il prodotto che ha perso appeal e che va dunque rilanciato” - è il parere di Barbagallo. E, non da ultimo, va affrontato anche il problema del prezzo del biglietto…
A livello regionale, il cinema nostrano in sala ha maggior successo al Sud, dove però il mercato home-video invece è in profonda recessione, a causa della più diffusa pirateria… Ma questa è un'altra storia.

Se, da una parte, si osserva che il contributo dei broadcaster al cinema si è attestato intorno ai 150 milioni di euro nel 2011 (stime Anica), appare surreale come gli stessi principali “player” televisivi non diano adeguato (ma neppure sufficiente) spazio alle opere filmiche nazionali. Impressionanti i dati: in totale, i canali generalisti e Sky hanno trasmesso 878 film italiani in prime-time. Titoli unici 325, di cui 206 trasmessi da Sky, 60 da Mediaset, 34 da Rai e 25 da Telecom Italia Media.
In sostanza, la modesta offerta di film italiani in Tv sui canali principali (e soprattutto nelle fasce pregiate del palinsesto degli stessi, “prime-time” in primis) determina una riduzione dell'“appeal mediale” del cinema italiano. E si stenda un velo penoso sulla modesta promozione televisiva del cinema in sala: va ricordato - come encomiabile eccezione - il recente tentativo promosso da Mediaset ed Anica, con il nuovo rotocalco del venerdì sera su Canale 5, ideato da Antonello Sarno.

Complessivamente, sommando le Tv generaliste, le altre reti terrestri “free” che trasmettono cinema e le reti satellitari, nel 2011 sono andati in onda film per un totale di 69.639 passaggi. Il numero di film sulle reti satellitari continua a crescere, mentre subisce una flessione il numero di film sulle reti generaliste. Il calo sulle generaliste è “compensato” dalla programmazione delle altre reti, in particolare dei canali tematici dei maggiori broadcaster terrestri.
Tozzi crede che la situazione francese sia differente perché c'è una “cultura” nazionale, a monte, differente, ed una diversa promozione, sia in Tv che sulla stampa: “i giornalisti francesi devono essere… stupidi perché lodano le proprie opere, i nostri invece sono… intelligenti e colti, non fanno altro che massacrarle!”.
Una sorta di vocazione sado-maso a criticarsi eccessivamente, quella italica.

I temi del pomeriggio, delineatisi già nel corso della mattinata attraverso i numerosi interventi del pubblico che li hanno identificati come i più urgenti, sono stati la pirateria (Tozzi ha sostenuto che “la nuova generazione pensa che internet sia il luogo naturale per vedere i film gratis”), il problema delle sale di città (si assiste a diffusi fenomeni di desertificazione), la transizione al digitale (complicata), la cultura nazionale (manca una sorta di orgoglio per il “made in Italy” dell'immaginario) e le “windows” (che secondo alcuni finiscono per paradossalmente contribuire alla pirateria)...

Un folto gruppo di relatori ha cercato di trovare il bandolo della matassa attraverso le diverse “sfaccettature” della filiera: dagli autori ai produttori, dai distributori all'homevideo… A moderare il pomeriggio Riccardo Tozzi, che ha invitato ad intervenire Nicola Lusuardi, sceneggiatore e Coordinatore nazionale dei 100autori, Carlo Bernaschi, Presidente Anem (multiplex), Richard Borg (Presidente dell'Unione Distributori dell'Anica, nonché Amministratore Delegato Universal), Lionello Cerri (Presidente Anec, l'associazione degli esercenti aderente all'Agis), Luciana Migliavacca (ad Medusa Video), Paolo Protti (Presidente Agis), Emanuele Nespeca (Vice Presidente Agpc, l'associazione dei giovani produttori cinematografici presieduta da Martha Capello) e Caterina D'Amico (Direttore della Casa del Cinema di Roma e già Ad di RaiCinema)…

Si è trattato di una giornata densa di stimoli, anche se forse è mancata una lettura critica ed organica della situazione in atto, cioè una riconduzione “ad unità” della molteplicità di interventi “settoriali” (e quindi parziali).
Molti e variegati i “suggerimenti” per fronteggiare la situazione e rilanciare il cinema “made in Italy”. Bernaschi ha proposto “mini-multiplex” cittadini come soluzione alla crisi delle sale. Protti ha insistito sull'importanza delle sale di città (che sono sull'orlo del baratro) e sulla necessità di rimettere in discussione i modelli distributivi classici. Cerri si è scagliato con veemenza contro i “pirati”. Nespeca ha sostenuto che è fondamentale comprendere l'effettivo “volume aziendale” dell'impresa cinema italiana. La D'Amico si è espressa criticamente verso quei giovani che ha definito “finti innovatori”, in quanto, per pavidità o carenza di idee, tendono a replicare “esperimenti” già fatti…

Tutti hanno lamentano il problema della pirateria (maggiormente diffuso nelle regioni del Sud del nostro Paese) che sta uccidendo il settore, oggi il più grande nemico da combattere, che, oltre a creare danni al botteghino, si ripercuote anche sul mercato home-video (appesantito dalla sempre più diffusa tendenza verso l'“assenza” di supporto fisico...). Al di là di una legge seria e stringente, “che metta i pirati con le spalle al muro” - come ha suggerito infervorato Cerri - molti dei presenti hanno ritenuto che una parziale soluzione sia rinvenibile nell'accorciamento delle finestre di distribuzione: “Il film andrebbe distribuito contemporaneamente su tutte le piattaforme, perché i pubblici non sono concorrenti, sono differenti” - il suggerimento di Luciana Migliavacca di Medusa.

Da apprezzare, infine, la qualità del report curato dall'Ufficio Studi e Rapporti Istituzionali dell'Anica, diretto da Francesca Medolago Albani. Tra l'altro, sono state presentate analisi inedite sul livello di consumo del cinema a livello di singole Regioni.
L'indomani, la rassegna della stampa quotidiana non sembra aver premiato la kermesse Anica: quasi una conferma di quel lamentato “disinteresse” e di quel deficit di “orgoglio” che i media nazionali sembrano continuare ad avere rispetto alle merci dell'immaginario “made in Italy”.

(*) Responsabile di ricerca Istituto italiano per l'Industria Culturale - IsICult

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