Pochi giorni dopo il Tg3, anche il Tg1 diventa digitale, segnando un bel traguardo per la Rai, dopo anni di stasi e rinvii. Nuovo lo studio, nuove le tecnologie e nuova anche la sigla, opera del premio Oscar Nicola Piovani. Intanto la UER interviene sul taglio di 150 milioni.
Dall'edizione delle 20 di lunedì 9 giugno anche il Tg1 sarà completamento digitale. Si chiude così la partita del rinnovamento, troppo a lungo rinviato dall'azienda in passato, in chiave digitale delle tre testate giornalistiche più importanti della Tv pubblica, mentre a seguire si dovrà pensare a quella più 'affollata' e complessa come 'macchina', ovvero la Tgr.
«È un passo ulteriore verso la full digital media company che sarà la Rai del futuro» - ha detto il direttore generale Rai Luigi Gubitosi, che in vista dell'appuntamento di lunedì ha visitato i nuovi studi, la nuova sala regia e incontrato i giornalisti.
Entusiasta il direttore della testata, Mario Orfeo, come riporta 'La Stampa': “«Per me - ha detto - la preparazione della digitalizzazione è stata una grande esperienza umana e professionale, in cui lo spirito di squadra e la forza del gruppo di lavoro hanno fatto la differenza. Anche perché non è stato facile portare avanti negli ultimi giorni contemporaneamente la realizzazione del vecchio Tg analogico e la creazione dei numeri zero di quello digitalizzato. In concomitanza con lo switch off digitale, il Tg1 vara anche un notevole restyling, con nuova grafica (sempre incentrata sul pianeta in movimento) e una nuova musica che accompagnerà la lettura dei titoli di testa (la storica sigla non si cambia), commissionata al Premio Oscar Nicola Piovani”.
La stessa cosa (rinnovamento anche della sigla, contrariamente a quanto sembrava in un primo tempo) è del resto accaduta anche al Tg3 pochi giorni fa.
Interessanti e divertenti anche le dichiarazioni di Piovani: «Quando mi hanno chiesto questi 60-90 secondi di musica per il Tg1 mi sono sentito onorato. Sono abituato con il cinema a commentare immagini con la musica ma lì c'è una sceneggiatura scritta. Qui è imprevedibile cosa andrà in onda di giorno in giorno. Così non dovevo essere né troppo allegro, né troppo cupo. Allora mentre scrivevo ho cercato di pensare a due notizie, una bella ed una cattiva: ho immaginato che l'Italia vincesse la Coppa del Mondo di calcio e poi, scaramanticamente, il momento in cui il Tg1 si trovasse ad annunciare la mia dipartita».
Visto che siamo in tema di Rai, a conferma di quanto fosse sgangherato e assurdo il taglio di 150 milioni voluto dal Governo Renzi, ecco che è stata resa nota una lettera inviata nel maggio scorso al Presidente Napolitano da parte del Direttore Generale dell'UER (l'organismo che raggruppa decine e decine di Tv pubbliche europee e non solo europee e che terrà un'importante riunione in giugno a Napoli) Ingrid Deltenre.
La lettera - di cui Millecanali è in possesso - meriterebbe la pubblicazione integrale ma ci limitiamo a stralciarne una parte, le cui valutazioni coincidono esattamente con quanto abbiamo scritto nei giorni scorsi (naturalmente senza conoscere questo documento). Ecco la parte più importante, che parla chiarissimo da sola:
“In tale decreto (quello del Governo Renzi; N.d.R.) agli articoli 20 e 21, sono previste delle misure che impongono, fra l'altro, un prelievo forzoso di 150 milioni di Euro sugli incassi già maturati del canone RAI dell'anno 2014, oltre che altre misure accessorie che incidono fortemente sulla missione di Servizio Pubblico.
Noi siamo preoccupati perché questo prelievo forzoso viene effettuato sull'esercizio in corso, non lasciando praticamente nessun margine di manovra per il management dell'azienda per recuperare in corso d'opera. Mai qualcosa di simile era accaduto in un paese dell'Unione Europea e i soli precedenti da noi conosciuti sono avvenuti in paesi dei Balcani assolutamente non comparabili con la tradizione democratica dell'Italia.
Questa decisione ha un impatto diretto sulla libertà e l'indipendenza del Servizio Pubblico italiano, che è garantita, a livello europeo, dall'art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, come ribadito nello studio condotto da alcuni eminenti studiosi di diritto… , Convenzione di cui la Repubblica italiana è fra i primi firmatari.
La giurisprudenza europea in materia (come nel caso del pronunciamento della Corte Costituzionale tedesca), stabilisce criteri molto precisi e restrittivi per gli interventi sul budget degli enti radiotelevisivi, vista la funzione che svolgono. Le risorse non possono essere ridotte semplicemente perché un governo ha bisogno di soldi, perché esiste una correlazione imprescindibile fra obblighi di servizio pubblico e finanziamento. E non si può ridurre il finanziamento se prima non si è rivista la missione e/o l'organizzazione del servizio pubblico, cosa che precisamente non è avvenuta in questo caso nel suo paese”.
In ogni caso, il decreto-legge in questione (che è poi quello degli 80 euro) va verso l'approvazione definitiva, magari con la fiducia anche alla Camera, ma c'è da notare, come fa osservare in qualche modo anche l'UER, che la sua legittimità nella parte sulla Rai non è affatto sicura, con quel che ne consegue.
In compenso il Governo ha dovuto assicurare che la Tv pubblica non subirà ulteriori tagli (ce n'erano altri possibili) e ha garantito anche il salvataggio dell'attuale situazione nelle sedi regionali, dove in realtà si potrebbe forse risparmiare molto, se solo si facessero le cose con criterio, con chiarezza e senza assurde forzature, oltre che con i tempi previsti. Al Governo però gli sprechi veri della Rai interessano poco, l'importante era far approvare un provvedimento demagogico e che piace alla gente e mantenere la fama di decisionismo (a casaccio, ma non importa) di questo Esecutivo.
Alla fine, per calmare le proteste e rassicurare i sindacati, il Governo ha anche ventilato l'ipotesi di anticipare di ben due anni il rinnovo della Convenzione Stato-Rai, documento importante e fondamentale con sue scadenze e sue 'ritualità', che vanno anche qui osservate, non ricorrendo a scorciatoie d'occasione che probabilmente sarebbero di nuovo censurate in sede europea.
Di tutta questa assurda vicenda, che non avrebbe mai dovuto neppure nascere (ci pare), resteranno dunque la vendita forzata di una quota di forte minoranza di una nuova Rai Way (vedremo se e quali nuovi compiti saranno assegnati alla società), che sarà accelerata al massimo per esigenze di cassa stavolta della Rai, e una novità assoluta che riguarda stavolta Rai World (ovvero la Tv italiana all'estero), finora neppure spiegata (siamo alle solite, provvedimenti improvvisati e a casaccio, appunto).
A spiegare qualcosa ha almeno provveduto il DG Gubitosi: «Rai World non chiude ma torna ad essere solo un canale. Prima c'era una complicazione della vecchia legge che obbligava ad avere una società separata per l'estero, ma questo creava molte difficoltà. Ora Rai World torna ad essere un canale; dal punto di vista editoriale e distributivo non cambia nulla, diminuiscono solo i costi».