Implacabile, torna sulla scena anche in epoca di Governo Monti, il tema della Rai e del suo “impossibile” e asfissiante rapporto di simbiosi con il mondo politico-partitico. Se ne parla da talmente tanto tempo che in Italia (ma non è che sempre all’estero vada meglio) questo sembra ormai un ‘dato di natura’, una situazione che non può essere in alcun modo modificata. In sostanza, la Rai va presa così o “non è”. Ma questo modo di ragionare sembra invece proprio appartenere a chi la Rai la concepi…
Implacabile, torna sulla scena anche in epoca di Governo Monti, il tema della Rai e del suo “impossibile” e asfissiante rapporto di simbiosi con il mondo politico-partitico. Se ne parla da talmente tanto tempo che in Italia (ma non è che sempre all'estero vada meglio) questo sembra ormai un 'dato di natura', una situazione che non può essere in alcun modo modificata. In sostanza, la Rai va presa così o “non è”.
Ma questo modo di ragionare sembra invece proprio appartenere a chi la Rai la concepisce così e cioè a gran parte - diciamolo pure - dell'attuale classe politica italiana. Sono insomma quegli stessi politici che tanto si tengono stretta la Rai a pensarla solo come uno strumento al proprio servizio e a ritenere che la Tv di Stato debba e possa essere solo quella che abbiamo visto da ormai parecchi anni a questa parte.
Quanto è accaduto il 31 gennaio - tanto per scendere subito sul terreno pratico - ne è l'esemplare dimostrazione.
Ha un bel giustificarsi Lorenza Lei a proposito della conferma di Maccari al Tg1 e della nomina di Casarin alla Tgr, assicurando che lei non subisce pressioni e che quindi queste decisioni “non le sono state dettate dall'esterno”. Al Direttore Generale della Rai che si esprime così, semplicemente, non crede nessuno e non possono certo crederle i politici che sono all'origine delle sue scelte (quelli del blocco Pdl-Lega Nord, tanto per capirci), che infatti la difendono con frasi d'ufficio, polemizzando semmai aspramente con il Centro-Sinistra, come di consueto.
Peraltro, a proposito del Centro-Sinistra, c'è stata traccia, quando è stato al potere di recente, di una reale autonomia della Rai dal mondo politico o la logica lottizzatoria ha prevalso imperterrita anche in quelle occasioni?
La risposta è scontata. A parte questioni più di stile che di sostanza e qualche differenza, indubbiamente, nella qualità dei nominati in epoca Centro-Sinistra, la logica spartitoria ha sempre regnato indisturbata, sotto qualsiasi Governo. A nostra memoria, solo in un'occasione si tentò, per pochi mesi, una gestione effettivamente diversa della Rai (anni '90). Fu l'epoca dei Professori, quando Mani Pulite impazzava indisturbata e tutto sembrava possibile.
Il mondo politico li mandò a casa molto presto quei Professori (Demattè, tanto per fare un nome), con grande scandalo per quell'incredibile tentativo di gestire la Rai prescindendo da loro, una situazione fugace che però si vide eccome - sempre per pochi mesi - anche sul teleschermo.
Ora con il Governo di Mario Monti, che è a sua volta un 'corpo estraneo' rispetto a questi politici, attua scelte assai diverse dalle loro - con ciò dissentiamo dalla pur pregevole analisi del nostro Angelo Zaccone Teodosi su questo stesso numero - e certamente farebbe, se potesse, qualcosa di molto 'anomalo' anche in tema di Rai, l'idea è che qualcuno sogni di tornare ai tempi dei Professori. E magari i politici hanno fiutato l'aria e hanno subito fatto capire che non è questo che vogliono, proprio no.
Che dunque Monti e Passera si accontentino della gestione dell'economia, facciano quel che devono per evitare il fallimento economico del Paese e poi riconsegnino il maltolto. Quanto alla Rai, la lascino proprio stare, anche se il Cda sta per scadere e sarebbe logico che anche Lorenza Lei passasse la mano.
Come finirà? È in corso, sembra di capire, una delicatissima partita a scacchi, parallela a quella che (per ora) permette a Monti di avere una (ampia) maggioranza in Parlamento, che condizionerà le scelte che si faranno sulla Rai e sulla Tv.
Fra una possibile semplice proroga dell'attuale situazione e un blitz legislativo che cambi completamente la governance dell'azienda, si potrebbe in teoria trovare una terza strada: elezione di nuovo Cda, presidente e Dg ancora con le regole della Gasparri e tentativo contemporaneo di varare un disegno di legge di riforma.
Ma è una parola: a Monti toccherà forse di camminare sul filo...