Ma che succede in Macedonia?

L'ultimo incontro per risolvere la complicata crisi politica macedone, che coinvolge il Governo e la sua politica verso i media pubblici e privati, si è chiuso mercoledì a Skopje con un nulla di fatto. I negoziati tra i principali partiti macedoni erano iniziati giorni fa, sollecitati dalla comunità internazionale per trovare una via d'uscita alla crisi politica ed istituzionale che stringe il Paese dopo lo scandalo intercettazioni.

Tutto è partito mesi fa quando l’Unione Socialdemocratica di Macedonia (Sdsm), formazione di opposizione, ha diffuso delle intercettazioni nelle quali si sentirebbero membri del Governo conservatore, guidato dal primo ministro Nikola Gruevski (del partito Vmro-Dpmne), decidere a tavolino quali giornalisti assumere e quali dirigenti assegnare ai media pubblici, in modo da poter controllare Televisioni e carta stampata.
Ad annunciarlo era stato il leader dell’opposizione, Zoran Zaev, il quale ha spiegato che la Radio e la Televisione di Stato macedoni, in sigla Mrtv, sono state di fatto trasformate in un “quartier generale elettorale del Vmro-Dpmne”.
In queste registrazioni tra la ministra dell’Interno di Skopje, Gordana Jankuloska, e lo stesso Gruevski, la prima affermava di aver redatto una lista di giornalisti eleggibili e non eleggibili a cariche dirigenziali all’interno dei media di Stato.
In un’altra occasione si sentirebbe invece la voce del premier e quella del ministro dei Trasporti, Mile Janakieski, discutere su come prendere il controllo dell’emittente locale Radio Gostivar, mettendo alla dirigenza un uomo di fiducia.
Per aver diffuso questo materiale Zaev è stato accusato di spionaggio ed attività sovversiva. Il primo ministro non ha messo in dubbio che le voci siano autentiche ma ha detto di non aver ordinato lui le registrazioni e ha sostenuto che siano state manipolate.

Sono scattate proteste di piazza con richiesta di dimissioni del Governo che hanno causato l'intervento della polizia a Kumanovo, dove in trenta ore di conflitto a fuoco tra polizia e uomini armati, tutti estremisti di etnia albanese provenienti in gran parte dal Kosovo, sono rimaste uccise 18 persone (otto agenti e dieci assalitori) e altri 37 poliziotti feriti.

Il resto è cronaca recente, fino all'incontro, fallito, di mercoledì scorso.

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