A prima vista la notizia - in realtà più un’indiscrezione che una news vera e propria - aveva dell’incredibile: era in corso, anzi era appena stata interrotta (magari momentaneamente), una trattativa tra Rupert Murdoch, l’anziano (86 anni) ma ancora solidissimo capo del gruppo Fox-Sky (per limitarci a questi due marchi, i più noti da noi), e il gruppo Walt Disney per una cessione da parte di Murdoch appunto alla Disney di gran parte del gruppo Fox, per la precisione degli studi di produzione (con la 20th Century Fox di Hollywood) e delle emittenti, comprese Sky, leader in Europa nella pay satellitare, e Star, l’importante presenza similare in Asia. E - si ritiene - anche la quota del 50% di Endemol Shine e tante altre cose ancora.
Cosa resterebbe a Murdoch in questo ipotetico scenario, finora impensabile? L’informazione, con i giornali (‘Times’ in testa ma c’è naturalmente molto altro, fra America e Gran Bretagna) più le Tv ‘specializzate’ (sempre a marchio Fox o Sky), e lo sport (si pensi a Fox Sports). Non molto, si direbbe, ma almeno sarebbe qualcosa di preciso e facilmente identificabile. Peraltro già Murdoch aveva diviso in modo simile il suo impero, con il marchio News Corp ‘specializzato’ in Tv e giornali e Fox - con il “marchio-ombrello” 21st Century Fox - leader dell’intrattenimento (ma non solo, evidentemente, come detto).
La voce - o meglio l’indiscrezione - non è stata smentita e va quindi considerata credibile. Il che ovviamente non significa che la strada sia segnata, né che la cessione di Fox sia decisa, e neppure che sia probabile, ma solo che la cosa è nel novero delle concrete possibilità per il futuro. L’eventuale decisione definitiva in merito dipenderà da nuove riflessioni sull’evoluzione del settore dei media, dalla situazione interna al gruppo (l’inossidabile Rupert ha oscillato a lungo fra i due figli James e Lachlan quali suoi successori, ma ha dato l’impressione di non essere pienamente convinto di nessuno dei due; la figlia Elisabeth invece è sempre stata piuttosto indipendente dal padre), dal prezzo offerto, da molte altre variabili, senza contare le eventuali opposizioni in tema di norme antitrust. Di quest’ultimo tema Murdoch ne sa qualcosa, visto che è da anni alle prese con le regole inglesi, per via della sua volontà di far acquistare il 100% di Sky (Europa) proprio da parte di Fox (che ne ha adesso solo il 39%), un’idea che persegue con tenacia ma che trova mille ostacoli in Gran Bretagna.
Riflettendoci bene, tuttavia, proprio questa iniziativa inglese e d europea sembrerebbe in totale contraddizione con la voce sulla possibile cessione di Fox alla Disney e anche, in generale, con la crescita continua e esponenziale di un gruppo che, partito tanti anni fa dall’Australia, si è allargato per decenni a quasi tutti i continenti, senza conoscere veri momenti di crisi, se si eccettua il periodo dello ‘scandalo’ soprattutto dei periodici in Gran Bretagna, ormai dimenticato, sembrerebbe. E lasciamo stare anche l’importanza di Murdoch dal punto di vista politico, sia in Gran Bretagna che in America (qui Fox News è la leader assoluta del campo più tradizionalista e ha anche contribuito a creare il ‘clima’ che ha portato all’elezione di Trump).
Perché dunque Rupert ora prenderebbe in considerazione la possibilità di vendere il ‘cuore’ del suo impero? A parte l’età, c’è probabilmente un effettivo problema di leadership, di come governare e assicurare un futuro a un gruppo che è sì grandissimo e di dimensione mondiale ma non ha del tutto saputo evolvere da un ambito familiare ormai inadatto alle dimensioni raggiunte.
Poi c’è l’incognita del futuro dei media, un settore che si modifica di continuo e dove l’ingresso delle ‘streaming Tv’, da Netflix ad Amazon, ma anche con Google e Apple pronte all’azione, sta cambiando effettivamente un po’ tutto. Si pensi alle insidie per il campo delle pay-tv (che hanno un’offerta complessiva ancora forte ma con tariffe non più competitive per il pubblico) rappresentate proprio dalle piattaforme citate, che soprattutto hanno già iniziato da tempo a entrare nel campo dei contenuti, producendo in proprio film e serie Tv da distribuire poi direttamente. Diciamo allora che la situazione si è decisamente complicata rispetto al passato e nessun business è più al sicuro.
Il discorso è simmetrico per Disney (grande tre volte Fox ma un po’ paradossalmente meno in salute dal punto di vista economico), cui non bastano più le attività ‘tradizionali’, le produzioni per ragazzi, la Pixar, i canali con il proprio marchio, con tutte le attività e il merchandising collegato, e neppure Disneyland e le reti Tv (fra cui Abc e ESPN per lo sport) di cui è già in possesso, per vedere rosa per l’avvenire. Occorre crescere, diventare ancor più grandi e potenti, entrare con più forza nei nuovi canali di distribuzione on line (qui Disney sta dandosi molto da fare ed è presente soprattutto con Hulu, in partnership proprio con Fox, Comcast e Time Warner) e, ancora una volta, puntare sulla produzione di nuovi tipi di contenuti, magari proprio quelli di Fox, che forse ‘calzerebbero a pennello’, anche se vanno ben oltre la ‘tradizione Disney’.
Insomma, si muove tutto - si pensi alla gigantesca e tuttora incerta operazione di fusione fra AT&T e Time Warner - e nessuno esclude più niente per il futuro. Per adesso siamo ai contatti, alle trattative più o meno preliminari, agli scenari futuri o futuribili. In attesa che, magari fra non molto, si cominci a fare sul serio.