Manzi: una fiction ‘meritevole’

Non sono mancate le polemiche ma ci sono apparse un po’ “di maniera”: la fiction sul maestro Manzi “Non è mai troppo tardi” non era così banale e ‘scontata’ come qualcuno ritiene e il pubblico ha infatti gradito.

Nonostante qualche bacchettatura della critica, la fiction sul maestro Alberto Manzi “Non è mai troppo tardi” ha conquistato il pubblico, ottenendo nella prima puntata 5 milioni 931 mila telespettatori, con il 21,06 per cento di share, e vantando ascolti in crescita (quasi 1 milione di spettatori e 3 punti di share) nella seconda puntata, seguita da 6 milioni 812 mila con il 24.43 di share.

La narrazione della fiction, su sceneggiatura di Claudio Fava, Monica Zapelli e Giacomo Campiotti, si è articolata in due fasi della carriera di Manzi. La prima puntata si è concentrata soprattutto sulla prima parte della vita e dell'esperienza di Manzi come maestro. A 20 anni, e con tanti sogni sull'insegnamento, Manzi non riesce ad avere una cattedra in una scuola perché senza raccomandazioni. Unica possibilità l'insegnamento nel carcere minorile di Roma Aristide Gabelli. Ci vivono 90 ragazzi abbandonati dalle istituzioni, considerati persi dallo stesso direttore del riformatorio e maltrattati dagli assistenti.

Manzi arriva dopo che in quattro hanno fallito, abbandonando il riformatorio, ma la perseveranza e la passione del neo maestro vincono la diffidenza dei ragazzi. Viene allora trasferito in una scuola, dove applica metodi non tradizionali, e a quel punto la direttrice, per liberarsene, gli fa avere un provino alla Tv. E qui inizia la seconda parte della vita di Manzi, che diventerà poi il “maestro della Tv”.

Uno dei meriti della fiction di Giacomo Campiotti è di avere creato un contesto narrativo che permette, non solo a chi negli anni Sessanta seguiva Manzi in Tv e lo conosceva, ma anche ai più giovani, di conoscere i suoi metodi didattici innovativi, contrari ai divieti, agli schemi rigidi di voti e giudizi, diventando un motivo di riflessione sulla scuola di ieri e su quella di oggi e su un insegnamento che dovrebbe andare oltre la pura lezione in classe.

Anche se non manca qualche momento di retorica o di luogo comune, soprattutto nella prima parte (ad esempio in una contrapposizione netta nei dialoghi tra Manzi ed il direttore del riformatorio, o ancora quando i ragazzi capiscono le opportunità che possono offrire loro la lettura e la scrittura e innalzano il grido “libertà!”), la fiction non ha eccessi o cadute di stile e non indulge, a nostro parere, sui toni agiografici tipici di alcune fiction Rai. Altri critici la pensano diversamente ma non vorremmo cadessero a loro volta nel luogo comune per cui tutte le fiction biografiche di RaiUno sono necessariamente dei 'santini'.

È proprio e soprattutto nella parte in cui Manzi è maestro nel riformatorio, e poi anche quando è a scuola, che si capisce la portata rivoluzionaria del suo approccio all'insegnamento. Altro merito della regia è quello di non avere fatto una fiction di celebrazione della Rai e della Tv come “maestra”, come pure le circostanze (gli anniversari) potevano suggerire. Forse è nata da qui la scelta di narrare la vita di Manzi dagli inizi della sua carriera, non concentrandosi solo sulla (nota) esperienza televisiva. Un ruolo fondamentale nell'operazione è stato quello di Claudio Santamaria, con la sua recitazione pulita e commossa.

“Non è mai troppo tardi” è stata prodotta mediante la sua BiBi Film da Angelo Barbagallo, un personaggio che è difficile sospettare di essere specializzato nelle 'agiografie tipiche di RaiUno', come pure qualcuno ha ritenuto di scrivere.

Ricordiamo in chiusura che nel 1954 Manzi scrisse 'Orzowei', per il quale vinse il Premio "Firenze" per opere inedite del Centro Didattico Nazionale, un'opera che diventerà poi una serie Tv per ragazzi molto seguita.

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