Marchi radio-tv nazionali e locali: la sentenza della Consulta

Vediamo la spiegazione della complessa vicenda a firma di Alessandro Galimberti su ‘Il Sole 24 Ore’ di qualche giorno fa: «Il divieto di utilizzo di un marchio radiotelevisivo locale che ne richiama uno nazionale, anche se il primo è più risalente o addirittura registrato, è incostituzionale. La Consulta, con la sentenza 206/2009 depositata ieri, ha accolto il ricorso del circuito locale «Radio Kiss Kiss Italia» contro la norma che, nel caso specifico, favoriva la rete nazionale «Radio Kiss Kiss…

Vediamo la spiegazione della complessa vicenda a firma di Alessandro Galimberti su 'Il Sole 24 Ore' di qualche giorno fa:

«Il divieto di utilizzo di un marchio radiotelevisivo locale che ne richiama uno nazionale, anche se il primo è più risalente o addirittura registrato, è incostituzionale. La Consulta, con la sentenza 206/2009 depositata ieri, ha accolto il ricorso del circuito locale «Radio Kiss Kiss Italia» contro la norma che, nel caso specifico, favoriva la rete nazionale «Radio Kiss Kiss Network», e ha dichiarato incompatibile con la Carta l'articolo 2, comma 2-bis, della legge 78/1999 («Norme per lo sviluppo equilibrato dell'emittenza televisiva e per evitare la costituzione o il mantenimento di posizioni dominanti nel settore radiotelevisivo»).

La legge in vigore, in sostanza, crea un doppio binario (locale e nazionale) per l'utilizzo dei marchi identificativi delle emittenti, ma impone un sacrificio unidirezionale, e anche retroattivo, nei casi di sovrapposizione totale o parziale dei segni "aziendali": a perderci, stando all'articolo 2, comma 2-bis, è sempre e solo il marchio locale, che deve cedere il passo a quello conosciuto su una scala territoriale più vasta.

Eppure in tutti i gradi di giudizio amministrativo, Radio Kiss Kiss Italia - che trasmette nel Lazio e in Campania in virtù della concessione rilasciata nel marzo del '94 - si era vista superare dal network nazionale: sia l'Agcom sia il Tar del Lazio avevano diffidato l'emittente regionale dall'utilizzo del marchio del network più esteso (e anch'esso, tra l'altro, sostenuto da regolare licenza, comunque successiva).

Diversi i punti di «irrazionalità» della legge messi in luce dai giudici costituzionali, a cominciare dalla retroattività dell'articolo 2: vero è che questa «è manifestazione della discrezionalità del legislatore», ma «l'emanazione di leggi con efficacia retroattiva incontra una serie di limiti» che salvaguardano, tra l'altro «fondamentali valori di civiltà giuridica, tra i quali il rispetto del principio generale di ragionevolezza e di eguaglianza e la tutela dell'affidamento legittimamente sorto».

Pertanto la norma è «intrinsecamente irrazionale, perché», contraddicendo la sua stessa natura, «confligge

con la libertà economica di disporre del marchio e con la libertà spettante a tutti di manifestare il proprio pensiero». In sintesi, l'articolo 2 della legge 78/99 riduce «l'effettività dell'accesso al mercato delle comunicazioni alle emittenti non aventi dimensioni nazionali».

La scelta di politica legislativa di privilegiare i network più grandi non è comunque, per il futuro e in linea di principio, esclusa «ma è irragionevole incidere su diritti già legittimamente acquisiti sulla base di una normativa anteriore, quando questi ultimi non solo non contrastano con norme costituzionali, ma concorrono a realizzarne le finalità». Invece, a oggi, per inquadrare la questione con i motivi del ricorso, "la preferenza indiscriminata accordata alle emittenti nazionali si risolve in un privilegio lesivo del principio di uguaglianza, in quanto, da un lato, opera a danno di soggetti normalmente più deboli e, dall'altro, sovverte lo statuto dell'emittenza radiotelevisiva, che invece riconosce alle emittenti locali un pieno titolo costituzionale per l'esercizio della loro attività"».

Quella legge del 1999 - hanno ricordato in molti - fu quella che, in qualche modo con un provvedimento 'ad hoc' impose la chiusura delle Rtl locali, le famose 'emittenti' filiate' (ma locali a tutti gli effetti) da Rtl in varie città, con forti proteste del mondo dell'emittenza radiofonica locale. Una vicenda clamorosa e non dimenticata, da valutare adesso anche in relazione a questa (ritardata) sentenza.

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