«Nessuno ha più l’esclusiva di un contenuto e nessuno di noi è più luogo di appartenenza o luogo esclusivo di collocazione e, quindi, di trasmissione». Così Marino Sinibaldi, direttore di Radio3 Rai, commenta a grandi linee la situazione attuale del mondo della comunicazione e dell'informazione. Lo abbiamo incontrato a Roma nel suo ufficio di via Asiago
Quale rotta intendi seguire nel guidare Radio3 nell'Oceano della comunicazione odierna?
Prima di inoltrarsi in un nuovo e sconosciuto territorio bisognerebbe farne una mappa. Il tempo è tiranno per cui dobbiamo fare come Colombo e avanzare senza conoscere l’oceano che dobbiamo attraversare né dove approdare. Riconosciamo però almeno due tratti fondamentali che ci orientano nella navigazione: il primo, alla base di tutto, è rappresentato dalla smaterializzazione dei contenuti per effetto della digitalizzazione, tecnica che ha innescato processi di circolazione e diffusione culturale inimmaginabili. . Radio3 aveva campato per anni sulla musica classica, colta, di alto livello. Era un prodotto culturale di particolare difficoltà nel suo reperimento ma oggi facilmente reperibile anche altrove e in maniera illimitata. Questo è il primo tratto della mappa geografica del percorso che dobbiamo affrontare, assai affollato e con infinite modalità comunicative, la cui evoluzione non è prevedibile se non nella specifica area dell'interattività tra le varie entità coinvolte. Proprio questo è il secondo tratto, la seconda boa attorno alla quale costruiamo livelli di partecipazione come interazioni verticali e orizzontali e tra i singoli nodi della rete. Questo processo indebolisce lo storico ruolo di mediazione da sempre svolto da figure come i giornalisti, ad esempio. Oggi le forme di conoscenza o di partecipazione sono immediatamente accessibili. Questa è la mappa e qui dentro bisogna passare, e questi due tratti sono quelli che stiamo ora percorrendo.
La radio è a tuo avviso un mezzo all’altezza dei tempi?
La radio è stato il primo mezzo di comunicazione di massa e per questa sua età viene spesso definito come datato. Invece, proprio alla luce della nuova mappa del mondo delle comunicazioni che stiamo tracciando, la radio si presenta come vero e proprio mezzo anticipatore rispetto a quelli che oggi utilizziamo normalmente nella comunicazione virtuale e senza fili. Contiene in sè proprio la rivoluzione di quanto a noi sembra oggi normale: libertà totale, fruizione senza vincoli e legami di connessioni o di residenza fissa. All'anticipazione storica della libertà dovuta alla tecnologia (dal broadcasting al Web) si è sommata, mantenendola, la caratteristica del mezzo rispetto all'utenza: coinvolgimento psicologico delle facoltà superiori come l’immaginazione creativa, la fantasia. Parametri umani che si definiscono “alti” rispetto a quelli indotti da altri mezzi, come la televisione, che tra l’altro dalla radio si originò, e che vengono invece definiti “bassi” perché basati sulla emozione.
Radio3 è la rete che più di altre è presente nel mondo reale, veramente sociale se vuoi. Fisicamente, come radio, “siete” nei luoghi...
Questa non è una contraddizione. Semmai è un paradosso: partiamo dalle forme di smaterializzazione e libera circolazione della cultura e dedichiamo una particolare attenzione alle sue forme materiali, persino ai luoghi dove nasce. Due elementi da tenere insieme, altrimenti la vitalità della cultura si perde, dato che è un bene la cui circolazione non ne diminuisce il valore. Da qui la nostra attenzione ai festival che sono fenomeno italiano, peculiare, controverso, discutibile ma sicuramente ricco.
In tutti i modi, in quasi tutto il palinsesto di Radio3, si assiste nientemeno che a una diretta partecipazione della utenza alla produzione di contenuti...
Essendo la nostra una proposta “alta”, non pop o, come prosaicamente si diceva, nazional-popolare, la forme di interlocuzione e partecipazione dell’utenza assume particolare significato. Ho comunque un enorme rispetto per la cultura pop, a cui devo molto della mia formazione come direttore di radio culturale. La cultura è sempre stata ritenuta un prodotto elitario, quindi la partecipazione a questi livelli è una sfida. E’ vera e propria “valorizzazione” della nostra utenza, che va ben oltre la partecipazione, cosa assai semplice questa e che è oggi tecnicamente molto facile da ottenere aprendo i propri canali telematici. I temi della contemporaneità che ad esempio vengono proposti in “Tutta la Città ne parla” spesso non sono quelli generati dai giornali o dalle “rispettabili” agenzie ma sono proposti dalla nostra utenza durante gli interventi nella trasmissione che precede, cioè "Prima Pagina", nella parte direttamente prodotta dagli ascoltatori. Si tratta di temi non “sparati” nella rete dalle varie tipologie di troll ma da persone con un nome e un cognome, con esperienze e competenze.
La forte identità di Radio3 comporta però una precisa perimetrazione dell’utenza...
Questo può sembrare un limite ma lo fu assai di più nel passato quando, nell’epoca del generalismo, l’idea del canale specializzato (nel 1950 alla fondazione si chiamò “Terzo Programma”), poteva essere vista come qualche cosa di elitario e bizzarro e fu definito “canale differenzialista”. In effetti chi ideò il nostro canale capì per la prima volta che si proponeva un prodotto non generalista. Se la mia descrizione della mappa che tentiamo di fare è corretta, dico che questa “stramberia” oggi è qualche cosa di diverso, una stramberia felice. Da ascoltatore sono assolutamente grato a chi ha reso e rende possibile questa risorsa. Siamo ora più felicemente una radio normale, una delle possibilità di avere una relazione particolare, se vogliamo singolare, con i linguaggi dei media dei nostri tempi. Insomma Radio3 da eccezione bizzarra è oggi una parte del paesaggio.
Vorrei concludere questo incontro con dei dati: avete delle rilevazioni censorie sia sulla fruizione non-etere sia sul traffico da web generato dai programmi di Radio3?
Numeriche no perché si fa fatica a raccoglierle. Segnalo la nostra presenza in posizioni sempre significative nelle chat dei podcast di iTunes. Abbiamo 4- 5 trasmissioni di Radio3 tra le prime 20-30 dei podcast, e questo è un dato molto significativo anche se sembrerebbe non essere il nostro territorio. Dai dati Rai vedo invece un numero di pagine viste in rete che è più alto di quelle dei programmi più generalisti. Questo significa che abbiamo un pubblico molto attento a cogliere le opportunità che la rete offre. Naturalmente si tratta di cifre che nel mercato mondiale della rete sono ancora minime. Ma questo è un problema italiano.
In epoca di disegni di mappe del futuro quello che conta è capire la tendenza, il famoso “segnale debole” di cui parla spesso De Kerckove. Prendiamo ad esempio il caso di “Ad alta voce”, cioè l’audiolettura: hai idea della differenza quantitativa tra chi accede in streaming e chi scarica dal podcast?
Non ce l’abbiamo anche perché adesso c’è una sovrapposizione tra queste forme, che cambiano molto rapidamente. Il possesso sta diminuendo a favore di tutte le forme di streaming. Ora tutto è accessibile, mentre all’epoca dell’iPod tutti puntavamo a possedere più brani musicali, o testi o materiali. Ora il nostro dispositivo sa dove trovarli.
E del traffico social generato dai programmi di Radio3, che cosa puoi dirci?
Questo è difficilmente misurabile. Qui non vi è censimento che tenga, come quello che riusciamo a fare partendo dalla rilevazione, appunto censoria, della fruizione dei nostri contenuti da parte di nostri ascoltatori non via etere ma dai siti web dei nostri programmi. Oggi sono riuscito ad avere un quadro esatto delle pagine FB che noi abbiamo aperto. Ma anche i singoli redattori lo fanno, e poi i singoli conduttori, e poi molti gruppi di fan di Radio3 che si scambiano informazioni in continuo. Ognuno diventa “social editor” e tutto questo fa parte del rumore, o del traffico, per usare la tua parola. Del resto rumore e traffico vanno sempre assieme anche nelle nostre strade!