Tanto tuonò che piovve - si potrebbe dire con un’immagine fin troppo usata. In realtà molti elementi facevano capire che per l’alleanza Mediaset-Vivendi era davvero solo questione di ore. Alla fine si è scelto il venerdì sera, a Borse chiuse, per ufficializzare quello che era già chiaro da alcuni giorni: Bolloré con Vivendi conquista sempre più peso in Italia, scambia azioni con Mediaset ma soprattutto si prende tutta Premium, mentre tutto si giocherà sempre più in una dimensione europea e sulla produzione di contenuti (qui girano molte voci su prossimi passaggi di proprietà o alleanze di una serie di società di produzione), in chiave multimediale e multipiattaforma.
Ma prima di tutto, naturalmente, vediamo i termini dell’annunciatissima intesa Vivendi-Mediaset.
Vivendi ha dunque concluso un importante accordo strategico industriale vincolante con Mediaset, che prevede uno scambio azionario del 3,5% e un passaggio al gruppo francese della pay-tv Mediaset Premium.
Le due aziende, si legge in una nota di Vivendi, “hanno convenuto di sviluppare una partnership industriale a vocazione internazionale”, che comprende iniziative su produzione e distribuzione di contenuti, ma anche la creazione di una piattaforma di Tv su Internet. L’accordo “conferma la volontà di Vivendi di costruire un asse forte di sviluppo in Europa del Sud, un mercato con radici e cultura vicine alle sue. La presenza significativa di Mediaset in Italia e in Spagna, attraverso canali generalisti e tematici gratuiti e a pagamento, rappresenta una tappa importante nella concretizzazione di questa strategia”.
Sul fronte della pay-tv, in particolare, Vivendi “con Mediaset Premium amplia in modo significativo la sua presenza in Europa, portando la sua base di abbonati totale a oltre 13 milioni, in un mercato italiano che offre importanti prospettive di crescita”.
L’alleanza è suggellata appunto da uno scambio azionario paritetico tra le capogruppo del 3,5% (Mediaset compra il 3.5% di Vivendi e Vivendi il 3.5 di Mediaset, dunque). Qui, in termini di cifre, la situazione è la seguente: il 3.5% di Mediaset vale, sulla base della media dei prezzi di Borsa degli ultimi tre mesi, 137 milioni; il 3.5% di Vivendi, con gli stessi parametri, vale invece 893 milioni. La differenza è notevole, ovviamente, e a pareggiare le cose c’è il passaggio ai francesi dell’89% di Mediaset Premium (o meglio, ora, solo Premium) in mano a Mediaset, perché l’11%, lo ricordiamo, ce l’ha la spagnola Telefonica, che potrebbe però venderlo ai francesi a sua volta.
L’accordo, che dovrebbe essere finalizzato entro il 30 settembre e valere tre anni, prevede dei paletti per i francesi. Ci sarà infatti anche un patto parasociale di stabilità: nel primo anno Vivendi non potrà effettuare alcun acquisto di azioni Mediaset. Nel secondo e terzo anno non potrà possedere una partecipazione complessiva superiore al 5%. Bolloré, come ha fatto in Telecom, infatti, è solito entrare con piccole quote nelle società e poi in breve ‘prendersi l’intero piatto’.
Quanto mai rilevanti dunque le novità dell’intesa. Bolloré conferma la sua fase di grande espansione in Italia, dove ha già la maggioranza relativa di Telecom Italia-Tim con il 24.9%, e sembra proprio dirigere ora le operazioni. La famiglia Berlusconi diluisce invece la sua presenza, finora dominante in Italia, in una chiave continentale ma soprattutto cambia la natura della sua presenza nel mondo televisivo. Per capirci, non lo potrà dire in questi termini (anzi dirà il contrario), ma ‘tira un po’ i remi in barca’. Di fatto la sua sfera di influenza diretta sarà d’ora in poi quella della Tv ‘tradizionale’ in Italia e Spagna, fino a poco tempo la ‘gallina dalle uova d’oro’ in termini di redditività e adesso alle prese con un futuro ogni giorno più incerto e nebuloso, per via dei profondi mutamenti in corso del mondo dei media.
La recentissima fase di attacco frontale a Sky nel campo della pay-tv con l’esclusiva della Champions passa invece agli archivi: la perdita di Premium, che sarebbe stata pari a 87 milioni nel 2015, non concedeva più di rinviare decisioni al futuro; ci penserà dunque Bolloré, che porterà idee e nuovi contenuti e che tanto in questo settore con il colosso (ma in perdita) Canal Plus aveva già l’urgenza di rilanciare tutto in chiave continentale e mondiale. Canal Plus (che in Italia conoscevamo anni fa come Tele+) è presente in Francia, Polonia, Africa, America Centrale e Estremo Oriente ma perde soldi, è in una morsa fra la Sky già pienamente europea e la minaccia dell’altro colosso americano Netflix. Sarà fatale, per cercare di raddrizzare le cose, passare anche per la Spagna, con Telefonica che potrà appunto conferire il suo 11% di Premium e dare una mano con la sua esperienza anche in Tv nella difficile impresa.
Tutto rientra dunque in gioco in questa nuova dimensione, perché i molti contenuti realizzati dal gruppo francese (in particolare con Studiocanal nel cinema ma anche la Universal è della partita) saranno visibili e utilizzabili negli altri Paesi e anche Mediaset e Telefonica ne trarranno vantaggio per la distribuzione dei propri contenuti. In particolare sarà centrale la questione delle ‘piattaforme’ per distribuire i contenuti on demand su qualunque ‘device’, con Infinity in Italia e poi Canal Play e la tedesca Watchever di Vivendi. In questo settore - e appunto in quello collegato della produzione di contenuti - si vedranno in futuro parecchie altre novità.
Insomma, si volta pagina e a dirigere le danze sembra proprio adesso Vincent Bolloré, con la possibilità in Italia di un’alleanza con Tim che finora sembrava preclusa per Mediaset. La nomina di Cattaneo a dirigere il gruppo telefonico e l’imminente decisione sulle torri di Inwit, cui ambisce EI Towers, saranno la prima cartina di tornasole in merito.
Resta invece ‘zitella’, almeno per ora, la Rai. Più ricca, magari, per via delle novità sul canone, ma più sola. Un’altra sfida per il direttore generale Campo Dall’Orto.