Esito assai magro per il tentativo di RaiTre di proporre giovedì in prima serata la brillante serie su vizi e virtù del giornalismo (americano ma non solo): ‘The Newsroom’ fa flop e ride invece Santoro con la Pascale e la Bonev.
Pur essendo tra le migliori fiction attualmente in circolazione, “The Newsroom” non ha acceso il pubblico di RaiTre, che non si è certo affollato davanti al piccolo schermo per seguire uno degli ultimi successi di Hbo (2,36% di share alla prima puntata in onda giovedì scorso), tanto da indurre il direttore Vianello a annullare la programmazione di venerdì 18, rimandando la seconda puntata a giovedì 24.
La serie racconta la storia lavorativa di Will McAvoy, cinico anchorman, e di un anchorman giovane, più promettente ma sicuramente meno cinico, che con una nuova redazione senza esperienza e l'aiuto del nuovo produttore esecutivo deve fare un notiziario che riporti in auge la rete. E la prova del nove, per il produttore esecutivo McHale, arriva con il lancio d'agenzia, ancora molto confuso, della piattaforma Bp nel Golfo del Messico. È lì che la redazione si mette in moto e diventa una macchina da guerra.
Ma perché 'The Newsroom', che negli Stati Uniti è alla terza edizione, da noi non ha funzionato? Ci sono ottimi dialoghi, in particolare monologhi scritti con cura e senza sbavature, la regia è impeccabile, il cast pure, i contenuti (la missione del giornalismo) 'di valore'. Ma al pubblico italiano tutto questo non è bastato. E sono proprio i contenuti ad aver spiazzato.
Il giornalismo di 'The Newsroom' è eccessivamente idealistico, non guarda allo share ma alla qualità e validità della notizia, pone la verifica delle fonti al primo posto e disegna con un certo romanticismo la figura di un anchorman in declino che con la sua nuova ma striminzita squadra di lavoro, sollecitato dal suo produttore esecutivo, nonché ex fidanzata, punta a fare “un notiziario di qualità”. Ci sono anche i giornalisti cinici, i collaboratori ignorati e i riferimenti ai nuovi media.
Il problema è che in Italia 'The newrsoom' non ha aperto il dibattito, con i toni anche aspri che hanno contrapposto sostenitori e contrari negli States, dove comunque il Quarto Potere è visto con occhi diversi e dove è stata proprio un'inchiesta giornalistica, o una semplice notizia, a mettere nei guai più di un presidente. “Il maggiore successo ottenuto dallo show, secondo me - ha detto Thomas Saoski, att'ore della serie, in occasione della presentazione di 'The Newsroom al RomaFictionFest - è che negli Stati Uniti ha generato un grande dibattito sull'informazione. L'obiettivo principale dello show era intrattenere le persone, ma se una serie è fatta bene forse può aiutare a cambiare la percezione con cui la gente vede le cose. I nuovi media hanno democraticizzato l'informazione, ma nella serie sono state rimarcate le caratteristiche del giornalismo della vecchia scuola, che si muove con le fonti e le telefonate. Anche questa è una discussione molto attuale in America”.
Nonostante tutto, The Newsroom resta una fiction ben fatta, con un ritmo coinvolgente, mostra anche le asprezze di questo mestiere, rende l'idea della fibrillazione che prende una redazione quando arriva una notizia di un certo tipo, senza tacere sulla rivalità tra colleghi. Ma forse il nostro pubblico vuole solo essere intrattenuto e non intrattenere dibattiti impegnati su certi temi. È curioso vedere come 'The Newsroom' sia stata battuta negli ascolti da un'altra forma di giornalismo, quello di Michele Santoro che ha fatto il 12,8% di share con la puntata dedicata a Michelle Bonev, grande accusatrice di Francesca Pascale, attuale fidanzata di Silvio Berlusconi.
Un contrasto stridente: da una parte un pubblico che si appassiona per una forma di giornalismo fazioso, ma che ama soffermarsi anche su vicende da gossip e che vedono le parti in causa divise tra accusa e difesa senza mezze misure; dall'altra, una sfida, non riuscita, tesa a dimostrare che c'è anche un'altra forma di giornalismo.