Non basta la Rai. Ora ci si mette anche la Vigilanza

Una minaccia per tutti –

Incredibile, grottesco ma anche gravissimo. La Commissione di Vigilanza non trova di meglio che minacciare di approvare una direttiva che renderebbe quasi “impossibili” i talk-show e altri programmi in Rai. Un tentativo di mettere un ‘bavaglio di fatto’ che trova una forte opposizione.

Non bastava lo spettacolo sempre più deteriore offerto dall'attuale Rai, dove Giuliano Ferrara dilaga per quattro minuti al Tg1 (ormai una testata inguardabile, ridotta a 'gazzetta' del Premier) a supporto della precedente intervista di Berlusconi, dove si ritiene di non trasmettere la scena finale del 'Caimano' (davvero memorabile, per chi l'ha visto al cinema) e si dà vita a un balletto su chi mai trasmetterà il film di Moretti (finché non lo vedremo, su RaiUno, non crederemo all'idea che davvero possa andare in onda su questa rete), dove si trasmette improvvisamente su RaiDue il memorabile 'Le vite degli altri', sulla DDR, dando lo spunto a una successiva battuta sempre del Premier (davvero solo per questo è stato messo in onda a sorpresa dalla Rai? Viene da rabbrividire, se davvero è così…) e per carità di patria risparmiamo ai lettori altri episodi edificanti.

No, tutto questo non bastava ed ecco che entra in scena la sempre sonnolente ma sempre potenzialmente devastante' Commissione di Vigilanza, che annuncia come 'imminente' l'approvazione di un 'atto di indirizzo' sui programmi di approfondimento della Rai che sembra avere un solo scopo: mettere loro la sordina, di fatto annullarne ogni impatto nell'attuale delicatissima situazione politica. Per fortuna la vicenda (e l'atto di indirizzo) hanno, come spesso capita, aspetti grotteschi, che però non ne limitano la pericolosità, anche se il tutto sembra poi assolutamente inapplicabile nella pratica.

A sorprendere ancora una volta è la totale mancanza nella Vigilanza di un minimo di 'amore' (ci piace chiamarlo proprio così) per la libertà di opinione e pensiero, per un confronto civile e serio fra le diverse opinioni. Meglio vietare, porre paletti, annullare.

Vediamo di cosa si tratta, cominciando da www.ilsalvagente.it:

«A presentare (l'atto di indirizzo è) il senatore del Pdl Alessio Butti, che spiega senza problemi le finalità del provvedimento: “La sinistra occupa la Rai, la Tv di Stato relega in posizioni assolutamente minoritarie le idee, i valori e le proposte della maggioranza degli italiani"…
E ancora: "È opportuno che i temi prevalenti di attualità o di politica trattati da un programma non costituiscano oggetto di approfondimento di altri programmi, anche di altre reti, almeno nell'arco di otto giorni successivi alla loro messa in onda. Sul rispetto di questa regola vigila la direzione generale per scongiurare ripetizioni artificiose o la compressione di temi socialmente e politicamente rilevanti".
Il risultato è facile da capire: se Bruno Vespa - che va in onda tutte le sere - tratta il caso Ruby, per i successivi otto giorni nessun altro talk show potrà affrontare l'argomento.
Non solo. L'atto coinvolge anche i programmi di satira come 'Parla con me'. Nei quali (si) vogliono introdurre il contraddittorio anche per i comici. Così da far seguire alla parodia di Minzolini quella di Gad Lerner o di Bianca Berlinguer.
“Perché trasmissioni apparentemente di satira o di varietà spacciano una verità per la verità”, per dirla con le parole del senatore Butti.

Ad ogni modo l'atto indirizzo non è vincolante: è solo uno strumento in più per il direttore generale Mauro Masi. E se il “giochetto” non dovesse riuscire, allora la maggioranza è pronta a ripetere l'esperienza delle regionali. Quando sempre la commissione di Vigilanza Rai chiuse tutti i talk show per un mese. Tanto, male che va, a giugno si vota per le amministrative.

Neanche 'Report', che non è un talk show, viene risparmiato da questo atto. È il passaggio in cui si sostiene che "il conduttore è sempre responsabile dell'attendibilità e della qualità delle fonti e delle notizie”. Serve a sollevare la Rai da responsabilità civili e/o penali. E così non si fornisce più la tutela legale a Milena Gabanelli.
E non finisce qui. Perché sempre l'atto di Butti, prevede che chi "ha interrotto la professione giornalistica per assumere ruoli politici non può avere la conduzione di un programma o la direzione di rete o testata". Una norma ad personam per Santoro».

Ci sono state - e non poteva essere altrimenti - forti reazioni. Eccone alcune da www.repubblica.it:

«L'atto di indirizzo sul pluralismo proposto dal Centro-Destra in commissione di vigilanza Rai sarà votato mercoledì prossimo in commissione e secondo (il segretario PD) Bersani contiene elementi contrari alla libertà di informazione. "Se i contenuti fossero confermati ci troveremmo di fronte a una direttiva-bavaglio", dice il segretario…

"Se la bozza passasse, si tratterebbe di una violazione dell'articolo 21 della Costituzione e ci sarebbe una crisi istituzionale della Vigilanza Rai". Queste le parole di Carlo Verna, segretario Usigrai. "In Rai ci sono effrazioni quotidiane delle regole. Naturalmente c'è una gerarchia di norme, e se passasse l'atto di indirizzo della vigilanza di cui si legge in queste ore, ci aspetteremmo una crisi istituzionale al vertice della commissione bicamerale". Verna aggiunge: "Credo che anche il presidente Garimberti dovrebbe essere autore di un gesto forte di fronte ai comportamenti del direttore generale Masi, e del direttore del Tg1, Minzolini, costante nella faziosità. Sono certo peraltro che anche il presidente dell'Agcom Calabrò sentirà stavolta il bisogno di far sentire la sua voce".


In seguito alle recenti polemiche, il presidente della Rai Paolo Garimberti ha inserito un punto specifico all'ordine del giorno del prossimo consiglio di amministrazione, per discutere di informazione e pluralismo. La riunione è prevista per mercoledì prossimo.

Interviene nel dibattito Sergio Zavoli, presidente della commissione di vigilanza Rai: "Poiché non mi sento di avallare una soluzione men che limpida e responsabile, ho richiesto un supplemento di dibattito. A tale proposito proporrò alla commissione anche di ascoltare i vertici dell'azienda". Continua Zavoli: "Questo in nome del prestigio della Bicamerale, per il rispetto dovuto all'oneroso compito affidatole dal Parlamento, e di tutti gli altri soggetti chiamati in causa"».

Zavoli per la sua storia e anche per la grande esperienza di uomo di giornalismo e Tv merita naturalmente rispetto ma crediamo di dover concordare con l'opinione di Milena Gabanelli (e di altri): questo atto di indirizzo doveva essere dichiarato da Zavoli semplicemente come “irricevibile”, perché in contrasto con elementari norme costituzionali. Vedremo invece se si vorrà arrivare ad approvarlo.

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