Se esistessero “quote rose” al cinema e in tv ci sarebbe da preoccuparsi: considerare le donne come “categoria protetta” o “minoranza” sembra ridicolo, ma basta guardare i numeri per capire come il panorama audiovisivo a Hollywood e nel mondo presenti ancora evidenti disparità. Lo ha evidenziato il programma di talk organizzato da Women in Motion al Festival di Cannes 2016 in collaborazione con il gruppo Kering, leader mondiale nel settore dell’abbigliamento e degli accessori di lusso, di cui è amministratore delegato Francois-Henri Pinault. Le artiste più promettenti di Hollywood hanno condiviso la propria esperienza per supportare una presenza femminile maggiore nell’industria dello spettacolo.
La parola ai numeri
Basti pensare che dalla nascita degli Oscar solo quattro donne sono state nominate come miglior regista: Lina Wertmuller, Jane Campion (l’unica ad aver vinto la Palma d’Oro), Sofia Coppola e Katryn Bigelow e solo quest’ultima ha portato a casa la statuetta nel 2010 per ‘The Hurt Locker’. Eppure il primo artista dietro la macchina da presa è stata Alice Guy Blachè, regista francese al debutto nel 1896 a soli 23 anni, e nel 2015 due dei più grandi successi al botteghino sono firmati da donne, Sam Taylor-Johnson (‘Cinquanta sfumature di grigio’, 570 milioni di dollari solo negli USA) ed Elizabeth Banck (‘Pitch Perfect 2’, 287 milioni). Ciononostante, sempre lo scorso anno, considerando le prime 250 pellicole di maggior incasso in nord America, solo il 9% sono dirette da donne (la cifra sale a 19% se consideriamo anche altri ruoli-chiave, dalla sceneggiatura alla produzione). La situazione in Europa è leggermente diversa: tra il 2006 e il 2013 il 44% dei diplomati a scuola di cinema sono donne, ma solo il 24% sono registe che lavorano mentre l’84% dei fondi pubblici viene dirottato in film diretti dagli uomini e una sola pellicola su 5 vede una donna dietro la macchina da presa. Volendo mettere a paragone la situazione di tre dei mercati maggiori in Europa si capisce come sia simile, in termine di registe (nel 2012 in Francia sono il 28,6%, in Italia incluse le sceneggiatrici sono il 25% e nel Regno Unito il 22%). Eppure i riconoscimenti internazionali femminili di solito sono maggiori di quelli maschili (in Italia il 33% donne e il 23% uomini, nel Regno Unito il 61% donne e il 44% uomini e in Francia il 21% di donne e il 23% di uomini).
Gli incontri di Cannes
“Stiamo facendo un altro passo in avanti – ha spiegato Francois-Henri Pinault – verso cambiamenti reali, per promuovere un industria cinematografica più rappresentativa della ricchezza e della diversità delle nostre società”. Gli fa eco la moglie, Salma Hayek Pinault, uno dei volti più rappresentativi di ‘Women in Motion’: “Non ci sono abbastanza opportunità che diano una voce alle donne. Così non possiamo esprimere chi siamo, cosa vogliamo e cosa vorremmo vedere. La nostra associazione ha iniziato sottovoce, senza comunicati stampa o pubblicità, con un lavoro di supporto alle donne in Cambogia, e oggi i dipendenti di Kering possono chiedere dei giorni di aspettativa oltre alle ferie per partecipare a questi progetti. La società offre agevolazioni e paga anche una quota del biglietto del viaggio. La coscienza sociale della fondazione non si esaurisce con la raccolta fondi ma semina germogli di cambiamento dall’interno”.
Il programma degli incontri del 2016 al Festival di Cannes ha collezionato la presenza di numerosi Premi Oscar come Jodie Foster, Susan Sarandon e Geena Davis, queste ultime due in occasione della celebrazione dei 25 anni di ‘Thelma and Louise’, una delle pellicole cult sull’universo femminile.
“E pensare – spiega Susan Sarandon – che all’epoca in molti si sono sentiti offesi da come il film ha rappresentato le donne. Hanno pensato istigasse al suicidio quando in realtà parlava di scelte e potere. Evidentemente alla società bianca ed eterosessuale dell’epoca suonava come un insulto. Ci fa piacere che le buddy comedy al femminile si stiano moltiplicando con artiste intelligenti come Amy Schumer o Amy Poehler, vedo un segnale di cambiamento nella presenza di produzioni al femminile o anche di progetti che stanno modificando le prospettive di Hollywood. Guardiamo ad ‘Hunger games’, ad esempio: al contrario di quanto accade nella vita, qui un solo film o una serie tv può davvero ribaltare tutto dal giorno alla notte”.
“Il primo film della saga di Katniss – continua Geena Davis – è uscito lo stesso anno di ‘Brave’ e da allora il numero di ragazze che competono nel tiro con l’arco è aumentato. L’immagine al cinema ha davvero una ripercussione fortissima della realtà e può cambiare lo status quo, rafforzarlo o stravolgerlo. L’industria ha una grande responsabilità nel futuro del mondo. Ricordo quando ho interpretato uno dei primi presidenti donna degli Stati Uniti nella serie tv ‘Una donna alla Casa Bianca’, all’epoca Bill Clinton mi venne incontro dicendomi: “Sei un presidente migliore di me”. Di questo sto parlando, di storie che fanno la differenza e in alcuni casi anticipano persino i tempi”.
Davanti alla macchina da presa
Se guardassimo i ruoli che negli Stati Uniti sono stati assegnati alle donne nell’ultimo decennio (dal 1995) al cinema il panorama sarebbe poco variegato perché i 5 personaggi più ricorrenti sono: infermiera (89%), segretaria (81%), insegnante (57%), cameriera (53%) e cassiera (47%). E, sempre nel 2015, solo il 22% dei protagonisti su grande schermo sono donne, una su tre ha un ruolo secondario o parlante o un’occupazione. Esiste persino un test, creato da Alison Bechdel nel 1985 per valutare la presenza e consistenza delle donne in scena. Per superarlo, il film deve avere tre requisiti: almeno due donne in scena, che parlino tra di loro e… di qualcos’altro che non sia un uomo. Sembra il proverbiale uovo di Colombo.
L'impegno dell'Ewa
L’European Women's Audiovisual Network, ente europeo che unisce le donne europee che lavorano nell’audiovisivo, conduce spesso ricerche sull’uguaglianza di genere, l’ultima si chiama “Where are the women directors?” (“Dove sono le registe?”) ed è costata due anni di lavoro attraverso sette paesi del Vecchio Continente, Italia inclusa, per capire i fattori culturali ed economici che marginalizzano le donne nell’industria (info: ewawomen.com/en/research-.html). Si parte dall’assunto che una maggiore presenza femminile dietro la macchina da presa garantisca un impatto significativo sulla rappresentazione della donna, promuovendo quindi valori di uguaglianza e tolleranza. In base ai dati raccolti, il 90% degli interpellati concorda con questa premessa e l’84% è convinto che possa cambiare l’atteggiamento sociale verso la discriminazione di genere. L’erogazione delle risorse pubbliche a pellicole dirette da donne si rivela talmente scarsa da innescare un circolo vizioso sulla presenza femminile nell’industria. Le politiche a sostegno delle carriere delle registe sono maggiori nel Regno Unito che ne riconosce l’importanza molto più di paesi come la Francia.
Leggi la ricerca dell'Ewa Where are the women directors?