Nuove regole europee per i media

 

Per capire nel miglior modo possibile le novità su una materia di grande complessità, vediamo cosa ha scritto in proposito ‘Radio Tv News’, il periodico di Confindustria Radio Tv, sempre molto attento alla ‘dimensione europea’ delle regole sui media:

 

“Con una proposta di revisione della Direttiva sui Servizi Media Audiovisivi, una comunicazione sulle piattaforme online e un articolato pacchetto di interventi sulla normativa dell’e-commerce (proposta di regolamento per il geoblocking, proposta di regolamento sui servizi di consegna transfrontaliera, proposta di revisione del regolamento sulla cooperazione per la tutela dei consumatori) la Commissione UE ha presentato mercoledì 25 maggio al Parlamento dell’Unione un primo pacchetto di iniziative che rientrano nel perimetro strategico del Mercato Unico Digitale (DSM).

‘La Commissione intende riequilibrare le norme attualmente applicabili alle emittenti tradizionali… estendendole alle piattaforme per la condivisione di video, soprattutto per quanto riguarda la protezione dei minori’ - recita il comunicato stampa. Tali obiettivi riecheggiano nelle parole di Andrus Ansip, Vicepresidente della Commissione europea e Commissario per il Mercato unico digitale, che specifica: ‘L’intento è che le piattaforme online, il settore creativo e l’audiovisivo diventino forze trainanti dell’economia digitale… Questo significa non modificare le norme efficaci, come quelle relative alla responsabilità dei fornitori di servizi online. Significa anche deregolamentare, se necessario, settori tradizionali come la radiodiffusione o estendere determinati obblighi alle piattaforme e ad altri operatori digitali per migliorare la protezione degli utenti e garantire parità di condizioni’…”.

Ci sono dunque da una parte “obblighi più stringenti per i servizi AV su richiesta (VOD): sono previsti almeno il 20% di opere europee nel catalogo dei contenuti offerti e adeguata visibilità (“prominence”) alle stesse. Gli Stati membri possono inoltre chiedere ai servizi su richiesta disponibili sul territorio nazionale di contribuire finanziariamente alle opere europee. Obiettivo è il rafforzamento della promozione della diversità culturale europea, come previsto per le quote imposte alle Televisioni europee…”.

Ancora: “Secondo la Commissione la misura è volta ad uniformare le quote di prodotto europeo presente nei cataloghi dei servizi VOD che variano da un minimo del 10% a un massimo del 60% nei diversi Stati Membri. La quota non dovrebbe costituire un onere ulteriore per i servizi esistenti, offerti sia dagli operatori tradizionali che da nuovi. È prevista l’esenzione per aziende con bassi fatturati, numero di utenti e PMI”.

 

C’è poi una proposta che ha provocato subito forti proteste nel campo editoriale italiano (data la presenza dominante del mezzo televisivo nel settore pubblicitario in Italia), ovvero quella di una “maggiore flessibilità (concessa) alle emittenti televisive per la pubblicità: è mantenuto il limite complessivo del 20% del tempo di trasmissione tra le 7 e le 23, ma è abolito il tetto orario di 12 minuti all’ora. Emittenti e fornitori di servizi a richiesta godranno inoltre di maggiore flessibilità per l’inserimento di prodotti e la sponsorizzazione, continuando a mantenere i telespettatori informati”.

Ciò consentirebbe alle Tv di aumentare ancora la presenza di pubblicità nelle ore di prime time e di trasmetterne invece meno nelle ore meno seguite, cosa che andrebbe ad ulteriore scapito degli altri media italiani.

Inoltre, “le piattaforme che organizzano e classificano grandi quantità di video dovranno tutelare i minori da contenuti nocivi (come la violenza e la pornografia) e proteggere tutti i cittadini dall’incitamento all’odio con strumenti che consentano agli utenti di segnalare contenuti illeciti, sistemi di verifica dell’età e sistemi di controllo genitoriale”.

 

Sul provvedimento che dovrebbe consentire a un abbonato alla pay-tv di vedere anche in un altro Paese europeo, oltre al suo, la reti a cui è abbonato (il Regolamento sul Geoblocking), la liberalizzazione è assai parziale: si specifica infatti “che il regolamento si applica ad abbonati a servizi di contenuti online portabili”, non alle Tv via satellite o in digitale terrestre in quanto tali, insomma, ma alla loro ‘distribuzione online’. Inoltre “l’abbonato deve avere una residenza effettiva e stabile a cui ritorna regolarmente in uno Stato membro”: insomma, la regola varrà per ora per le sole vacanze all’estero.

 

Ma eccoci al ‘punto clou’, ovvero la destinazione ai telefonici e non più alle Tv della famosa banda 700 MHz: “Il Consiglio Telecomunicazioni ed Energia… ha approvato l’‘approccio generale’ alla Decisione sulla banda 700 MHz (694-790 MHz) proposta dalla Commissione UE nel febbraio scorso e liberata dal Coreper. La banda, attualmente utilizzata prevalentemente per servizi televisivi, verrà liberata per gli usi mobili a larga banda (5G) entro il 30 giugno 2020 come chiesto dalla Commissione, ma con la previsione di due anni di ‘tolleranza’ - come previsto a suo tempo dal rapporto Lamy e come chiesto da un gruppo di Paesi tra cui l’Italia - per “motivi debitamente giustificati”, che includono: problemi di coordinamento transfrontaliero; interferenze dannose; la necessità di assicurare la migrazione tecnica verso standard di trasmissione avanzati; costi finanziari della transizione superiori ai ricavi generati dalle procedure di aggiudicazione”.

Inoltre, “la banda sub 700 MHz (470-694 MHz) rimane assegnata ai servizi televisivi fino al 2030. Fra le scadenze intermedie si ricorda che entro il 31 dicembre 2017 gli Stati membri dovranno aver concluso tutti gli accordi di coordinamento transfrontaliero delle frequenze all’interno dell’Unione. Entro il 30 giugno

2018, dovranno adottare e rendere pubblica la roadmap della transizione”.

Un sospiro di sollievo (non definitivo), dunque, per le tante Tv italiane (ma stavolta sono soprattutto Tv nazionali) , che non vogliono sentir parlare di scadenze così ravvicinate per cedere la banda in questione.

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