Ora ci prova Letta

Editoriale maggio 2013 –

Il Governo ora c’è e verrebbe voglia di dire che questa è finalmente una buona notizia, se la compagine presieduta da Enrico Letta non nascesse sotto il segno di un accordo fra Centro-Destra e Centro Sinistra forzato dalle circostanze e ‘innaturale’ nella sostanza, se non fosse il frutto dell’autodissolvimento di un partito come il PD che pure, per il rotto della cuffia, poteva dire di aver prevalso (non parliamo di vittoria, per carità) alle elezioni di febbraio e poi della scelta di un Aventin…

Il Governo ora c'è e verrebbe voglia di dire che questa è finalmente una buona notizia, se la compagine presieduta da Enrico Letta non nascesse sotto il segno di un accordo fra Centro-Destra e Centro Sinistra forzato dalle circostanze e 'innaturale' nella sostanza, se non fosse il frutto dell'autodissolvimento di un partito come il PD che pure, per il rotto della cuffia, poteva dire di aver prevalso (non parliamo di vittoria, per carità) alle elezioni di febbraio e poi della scelta di un Aventino che non sembra a occhio poter durare del Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo, forte di ben il 25% dei voti.

Che potrà dunque combinare il Governo Letta che vede insieme come ministri Franceschini e Alfano (per fare un solo esempio fra i tanti) e che prevede una maggioranza che va dalla Santanché ai 'giovani turchi' del derelitto PD, per dire? Non ci pronunciamo sul versante economico, dove sarebbe tanto utile un'azione tesa perlomeno ad attenuare i tremendi morsi della crisi e ad accompagnare gradualmente il Paese verso un'agognata ripresa.

Non vogliamo neppure concentrarci sui temi della Giustizia, con la battaglia per la Commissione Parlamentare alla fine assegnata a Nitto Palma e soprattutto con i processi del Cavaliere, che proprio in queste settimane arrivano a sentenza.

Le incognite e le polemiche che renderanno arduo il cammino del Governo non sono infatti limitate a questi settori ma coinvolgeranno - si prevede - anche il vitale nodo delle Comunicazioni e della Televisione, dove alla fine ci si è regolati, a quanto pare, come segue: il ministro dello Sviluppo Economico, competente dunque anche per il settore radiotelevisivo, è Flavio Zanonato del PD, già stimato sindaco di Padova, ma il campo delle Comunicazioni dovrebbe avere una 'delega pesante', cioè essere retto con una forte dose di autonomia - e la cosa in sé non è negativa, ricordando che l'abolizione del Ministero delle Comunicazioni non è parsa un'idea di quelle memorabili - , per cui ci sarebbe un viceministro che di fatto governerebbe la situazione. E il viceministro c'è già e si tratta di Antonio Catricalà che dunque aggiunge questo fondamentale incarico a quelli precedenti, altrettanto illustri: è stato infatti Presidente dell'Antitrust e Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con il Governo Monti.

Sembra plausibile che Catricalà - se la sua delega alle Comunicazioni sarà confermata - appaia come una 'figura di garanzia' per Berlusconi e i suoi fortissimi interessi nel campo televisivo, dove dunque si opererà perché cambi il meno possibile e si preservino gli equilibri di sempre. È fin troppo facile immaginare che di conflitto di interessi non si parlerà più - ci mancherebbe! - finché questo Governo resterà in carica e che ogni scelta in campo televisivo dovrà essere oggetto di attenta ponderazione, se non di trattativa interna alla 'strana maggioranza'.

Il primo tema che si porrà è quello della celebre 'asta delle frequenze' ma, come spiega il nostro Oliviero Dellerba nella sua acuta rubrica, i Lotti in ballo ormai sono appena tre e in buona misura in VHF. Interesseranno davvero a qualcuno (forse a Europa 7, verrebbe da dire)? Mediaset non è in gara ma non sembra neppure più interessata ad acquisire frequenze, forse perché ora il problema è semmai tornare a far rendere i suoi cinque mux (con quello già in Dvb-H), dopo il primo bilancio in rosso della storia dell'azienda. E decisioni su Mediaset Premium prima o poi dovranno pur arrivare.

Ancher Sky aspetta tempi migliori e l'asta non dovrebbe essere nei suoi pensieri. L'Espresso invece si allea con Feltrinelli e La7 (se Cairo davvero vorrà esserci ancora su questo fronte) per fondere Repubblica Tv con Laeffe.

Quanto alla Rai, ci pensino sempre Gubitosi e Tarantola e risanino quel che possono, in attesa che si capisca verso dove si debba dirigere l'azienda pubblica.

E le Tv locali? Un conforto per ora c'è: sono almeno finiti i tempi di Passera

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