Per l’Authority Meocci è incompatibile

Il direttore generale della Rai dovrà lasciare l’incarico, poiché in precedenza è stato membro della stessa Authority. Maxi-multa alla Rai.

Il Consiglio dell'Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni si è alla fine pronunciato sul caso del direttore generale della Rai Alfredo Meocci, che, come riporta 'Repubblica.it, «è stato dichiarato incompatibile con la carica che ricopre in viale Mazzini in quanto per sette anni aveva fatto parte proprio dell'organismo preposto alla vigilanza sul settore. L'Autorità ha anche comminato alla Rai una multa da 14.379.307 milioni di euro e allo stesso Meocci di 373.923 euro, come era stato proposto dagli uffici incaricati dell'istruttoria. Il procedimento aveva avuto inizio il 21 dicembre scorso.

L'Autorità garante delle Comunicazioni si è riunita nella sede istituzionale di Napoli e la decisione è stata sofferta, come dimostra il fatto che è stata assunta a maggioranza. Per l'incompatibilità di Meocci hanno votato i quatro consiglieri di espressione del centrosinistra (Michele Lauria, Nicola D'Angelo, Sebastiano Sortino, Roberto Napoli) e il presidente dell'Authority, Corrado Calabrò, il voto del quale è stato dunque determinante. Dall'altra parte c'erano infatti i consiglieri di espressione del centrodestra (Giancarlo Innocenzi, Gianluigi Magri e Roberto Mannoni). Al momento del voto il commissario Enzo Savarese ha lasciato la riunione.

L'incompatibilità di Meocci è stata dichiarata in base alla legge 481 del 1995, che vieta per un periodo di quattro anni immediatamente successivo alla cessazione del ruolo di componente dell'Agcom di intrattenere, direttamente o indirettamente, rapporti di collaborazione o di impiego con le imprese operanti nei settori che sono di competenza del Garante. E la Rai rientra in questo ambito. Meocci ha ricoperto il ruolo di componente dell'Autorità dal 1998 al 2005».

Da parte nostra, possiamo osservare, come scrivemmo già in tempi non sospetti, che la nomina di Meocci, al di là della persona (Meocci ha garantito una gestione della Rai più equibrata di quanto potevano fare probabilmente altri), era da considerarsi inopportuna, perché 'viziata' da questa possibile irregolarità, tutt'altro che formale. La maggioranza del Cda e quella politica, incuranti, sono andati avanti lo stesso e così oggi alla Rai si apre la corsa per la successione.

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