Piemonte: le ‘spine’ dello switch off

Per Torino e Cuneo è l'ora del digitale –

Ecco i principali problemi che hanno accompagnato la fase dello switch off nel Piemonte occidentale appena conclusasi. Incombe in particolare, come a livello nazionale, la ‘grana’ dell’LCN.

La prima fase dello switch off nell'area tecnica 1 si è conclusa venerdì mattina 9 ottobre, non senza alcuni problemi. Le province interessate (Torino e Cuneo) non hanno più emissioni analogiche (rimangono esclusi gli impianti di Bauda - Santo Stefano Belbo e di Alto che servono aree di altre province) e solo digitali.
Epicentro di tutto è ovviamente Torino: sotto la Mole, se un utente è fortunato, arriva a ricevere quasi 300 segnali. Se si escludono doppioni, canali test e di servizio ne restano comunque più di 150. Un bel passo in avanti rispetto alla situazione precedente allo storico passaggio. Ma non tutto è andato liscio.

La rosa dei problemi parte a due passi dalla ex Capitale d'Italia. Moncalieri, oltre sessantamila residenti, non è un sobborgo, ma un centro ricco di storia e commercio. Purtroppo ha la sfortuna di essere parzialmente sotto collina e quindi necessita di servizi particolari dal punto di vista televisivo. Realizzare un Sfn concreta a così pochi chilometri di distanza dall'impianto principale (Eremo o Maddalena) è difficilissimo, col risultato che molte emittenti private hanno addirittura preferito spegnere il proprio ripetitore locale.
Mediaset ha fatto di più, eliminando Montoso (emissione a due passi dal Monviso con una vista eccezionale) proprio per l'impossibilità di riuscire a gestire i segnali. Chi abita nella zona precollinare di Moncalieri deve quindi sperare o in una forte riflessione dei segnali principali (che in digitale hanno ampliato l'area di servizio) oppure di coprire l'area tramite impianti lontani come La Morra.

Altri problemi sono segnalati nelle zone più esposte verso la Lombardia, come il Canavese, o verso la Liguria, come Cuneo. In questi casi i trasmettitori delle zone ancora in analogico irrompono, coprendo il bouquet digitale.

Un altro problema, ma a carattere nazionale, viene dal LCN: attualmente a Torino ci sono undici emissioni che pretendono di inserirsi alla posizione 10. Il risultato di tale mancata regolamentazione può essere devastante: i decoder sono studiati per gestire eventuali doppioni o errori di Lcn, ma in numero limitato. A seconda dei casi alcuni tv con ricevitore integrato si spengono o si impallano; in altri i doppioni in eccesso vengono spediti addirittura oltre la posizione mille.
Sul Lcn delle locali esistono proposte di normativa: quella che pare maggiormente approvabile favorisce le reti nazionali e stritola le locali (solo dieci di queste, da individuare quasi sicuramente con le graduatorie Corecom, avranno numeri appetibili). Le reti nazionali non vogliono usare tre cifre obbligatoriamente come avviene su Sky e le associazioni di categoria paiono deboli su un argomento che vincola il futuro del settore.

A Torino alcune emittenti si sono autoriunite per “spartirsi” i dieci posti che vanno dall'11 al 20 ma questa riunione ha già scatenato le ire degli esclusi. Tra questi c'è chi ha spento l'analogico due anni fa e ora non vuole essere “spodestato”.

Rimane poi concreto il problema delle valli laterali delle due province: qui storicamente la Rai ha pochi impianti rispetto a Mediaset, affidandosi a ripetitori comunali o delle comunità montane. Questi sono stati tutti disattivati, per il momento, in quanto non inseriti nel masterplan del digitale. Se non verranno riattivati è facile ipotizzare proteste di varia natura da parte di politici, amministratori e cittadini. Non tutti, infatti, hanno voglia di sobbarcarsi il costo di un decoder per Tivusat.

Infine, non mancano i problemi tecnici e soprattutto non manca chi tende a fare il furbo, pur senza danneggiare nessuno. Chi ha molti impianti (emblematico il caso di Telecupole, presente ovunque nelle due province) collegati “a rimbalzo” si ritrova ora in panne e deve rinunciare a servire parte dell'area di servizio naturale.

Qualcuno ha invece approfittato della leggerezza dei controlli ministeriali (impeccabili per scoprire emissioni ancora in analogico, meno ferrei su altri aspetti) per cambiare sistema radiante e in alcuni casi addirittura postazione. Mal gestita anche la conversione degli impianti privati che prima erano in VHF: è evidente che le antenne sono completamente da rifare, ma con quali parametri?

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