Nuovo capitolo della vicenda giudiziaria riguardante la giornalista di ‘Novaja Gazeta’ assassinata nell’ottobre 2006 a Mosca. Ora le condanne ci sono ma alla soddisfazione ufficiale russa fanno da contrappunto i sostanziali misteri sui mandanti.
Emesse le condanne di primo grado per gli uccisori di Anna Politkoskaja, giornalista della 'Novaja Gazeta' assassinata il 7 ottobre 2006 a Mosca a colpi di pistola nell'atrio di casa sua.
Il 9 giugno un tribunale ha emesso due sentenze di ergastolo e ha condannato Rustam Makhmudov e Lom-Ali Gaitukajev (accettando la richiesta della pubblica accusa), che il 21 maggio erano stati riconosciuti colpevoli dell'omicidio della giornalista insieme ad altre tre persone.
Il ceceno Rustam Makhmudov, latitante fino al 2011, è accusato di avere sparato alla giornalista, mentre i suoi fratelli Dzhabrail (condannato a 14 anni) e Ibragim Makhmudov (12 anni) sono stati riconosciuti colpevoli di aver contribuito all'organizzazione dell'omicidio. Il loro zio Lom-Ali Gaitukajev è stato condannato per aver partecipato all'agguato con la complicità di Sergei Khadzhikurbanov (20 anni), un ex dirigente della polizia moscovita. Il magistrato ha inoltre accettato la richiesta dei familiari della Polikoskaja ad un risarcimento di cinque milioni di rubli (intorno ai 100mila euro).
La difesa ha già annunciato che farà ricorso in appello.
Il processo per gli uccisori della giornalista della 'Novaja Gazeta' si era già tenuto nel 2009 quando Dzhabrail e Ibragim Makhmudov e Khadzhikurbanov erano già stati processati e assolti in primo grado per insufficienza di prove, mentre Rustam all'epoca era ancora latitante. Poi la Corte Suprema aveva annullato la sentenza di primo grado per gravi vizi procedurali e sospeso il processo d'appello per integrare e approfondire le indagini.
Nel 2012 un ex poliziotto, Dmitri Pavliutchenkov è stato condannato a 12 anni di lavori forzati per aver pedinato la vittima, aver fornito un'arma agli assassini e aver partecipato all'organizzazione dell'omicidio.
Forse un passo avanti, dunque, anche se sui mandanti di questo orribile e spaventoso omicidio, divenuto un simbolo per chi ama la libertà di stampa in tutto il mondo, è tuttora buio fitto.