Primocanale: è cassa integrazione

Vediamo la notizia dal ‘Secolo XIX’:

 

«L’emittente Primocanale mette in cassa integrazione i suoi 34 dipendenti. Il ricorso all’ammortizzatore sociale in deroga è stato concordato dopo che l’azienda ha presentato una procedura, per il momento sospesa, di licenziamento collettivo per la riduzione di ben 13 unità tra tecnici e giornalisti. La giustificazione: la crisi morde, la pubblicità diminuisce, i contributi per l’editoria sono stati ridotti.

Al momento, si apprende dall’emittente genovese, l’organizzazione del lavoro non cambierà significativamente perché la maggior parte dei dipendenti non sarà a “zero ore” e già prima erano in vigore i contratti di solidarietà. La situazione viene spiegata con il crollo degli introiti pubblicitari, a fronte di un impegno che è rimasto costante negli anni nel coprire gli eventi più importanti della nostra regione. Negli ultimi due anni sono stati adottati i contratti di solidarietà nella speranza di poter resistere alla crisi, si dice all’emittente, ma così non è stato e la cassa integrazione è stata una scelta obbligata in assenza di alternative percorribili».

 

In un comunicato, il segretario dell’Associazione ligure dei Giornalisti Alessandra Costante afferma: «… La realtà dei fatti è che Primocanale ricorre agli ammortizzatori sociali (se non al licenziamento) per i dipendenti regolarmente assunti e consegna il suo palinsesto dei programmi giornalistici a pensionati, che sono collaboratori a vario titolo dell’emittente televisiva. Un modo di agire che appartiene anche ad altri.

Nei giorni scorsi è stato licenziato da Telenord il collega Enrico Cirone (un nome noto e apprezzato da noi di Millecanali; N.d.R.), ma anche in quell’emittente televisiva continuano le collaborazioni di colleghi pensionati. È un danno per i colleghi dipendenti, che vedono sempre più a rischio il proprio posto di lavoro e quasi nessuna possibilità di ricollocazione nell’ambito del territorio ligure; un danno per l’Istituto di previdenza giornalistica, il cui monte contributivo è eroso anche da queste situazioni e che in futuro, probabilmente, sarà costretto a rivedere il suo sistema di welfare; un danno alla collettività che sempre più diventa “socia maggioritaria” di emittenti che hanno deciso di vivere di ammortizzatori sociali e di contributi pubblici. Ed è una ferita profonda al patto generazionale per cui il lavoro delle giovani generazioni serve a pagare la pensione di chi è uscito dal perimetro occupazionale. Continuando su questa strada, difficilmente potrà essere ancora mantenuto il patto su cui si regge il rapporto tra giovani lavoratori e pensionati».

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