Dal 1999 al 2003 la differenza tra valori lordi (di listino) e valori netti (pagati dai clienti) è passata dal 67,5% (un valore già assai alto) al 73,2%! Una differenza clamorossa che dice molto su con funzionano le cose nel campo della pubblicità in Italia…
Secondo un'interessantissima ricerca pubblicata sulle pagine del 'Sole 24 Ore' (del lunedì), negli ultimi cinque anni la forbice tra i prezzi lordi pubblicati sui listini delle concessionarie e gli effettivi investimenti netti delle aziende per mezzi e settori, sarebbe incredibilmente cresciuta.
Dalla ricerca emerge che dal 1999 al 2003 la differenza tra valori lordi e valori netti è passata dal 67,5% (un valore già assai alto) al 73,2%! In particolare, la televisione è passata dal 44,9% del 1999 al 53,8% del 2003, i quotidiani dal 77% all'85,5%, i periodici dall'80,7% all'82,9% e la radio dall'85,9% all'86,2%. Queste differenze elevate dimostrano come le somme realmente pagate dalle aziende per farsi pubblicità sono assolutamente diverse da quelle dei listini e dipendano da altri fattori: il volume degli investimenti, il periodo in cui si pianifica, i prezzi pagati l'anno precedente e, soprattutto, il potere di contrattazione degli investitori. Un sistema, quello degli sconti, per giunta a questi livelli così elevati, che piace molto alle aziende. Da una parte ci sono le più grandi che spesso dettano legge, dall'altra ci sono le più piccole che in alcuni casi riescono ad aggiudicarsi spazi che altrimenti non potrebbero permettersi.
Sulla questione Renato Messina della System, concessionaria del Sole 24 Ore, ha dichiarato: "In molti casi sono concessionarie ed editori ad aver abolito i listini, perché non servono a niente. Questo però impone una trattativa che si basa sui prezzi pagati dall'azienda l'anno precedente e su altre mille variabili. Una maggiore trasparenza dei listini, come sta facendo la radio da quest'anno,, decidendo che gli sconti non devono superare il 20-25%, sarebbe auspicabile. Purtroppo la forte concorrenza della televisione, dove si concentra il 60% degli investimenti pubblicitari in Italia, spinge gli altri mezzi a una gara a chi offre il prezzo più vantaggioso per sopravvivere".