Si è chiusa la 35esima edizione del Bellaria Film Festival. Vincitori “Sagre Balere” di Alessandro Stevanon (Concorso Italia Doc) e Hidden Photos di Davide Grotta (Casa Rossa Art Doc). Menzioni speciali a “See you in Texas” di Vito Palmieri e “Tomba del tuffatore” di Yan Cheng e Federico Francioni
A cosa servono tutti questi festival di cinema? Tutti questi incontri disseminati per la penisola con sempre meno fondi, meno novità, meno pubblico? Risponde - staccando di netto molti altri per cui la domanda resta - il Bellaria Film Festival, 35 anni ben portati, che dal 25 al 28 maggio ha presentato in città diciotto titoli in competizione, di cui ben sette prime visioni italiane, e con maturo fascino ha riempito le sale, anche quando il tema è stato l'indimenticabile strage di Ustica (grazie ai bei lavori di Enza Negroni e di Emmanuel Ostian, in collaborazione con il vicino festival DIG di Riccione, in dirittura d'arrivo il 23 giugno per la nuova edizione).
Bellaria, un appuntamento festivaliero che sa dunque assolvere la propria funzione. Sì, assolvere una funzione, questo termine demodé per un concetto ormai desueto ai nostri giorni in cui molto (non tutto) è diventato solo kermesse, sagra del divertimento. Ma il 35esimo Bellaria Film Festival ha dimostrato di saper restare “Anteprima del cinema indipendente italiano”, che non a caso è il nome con cui nacque nel 1983. E di questa sua capacità, di questo suo rendersi momento di scoperta, va sicuramente dato atto al direttore Simone Bruscia, che con l'intero staff si è messo in gioco dimostrando dedizione e passione, e va tributato merito in particolare ai tre “ricercatori di talenti” di cui l'edizione 2017 si è servita, quei programmer – Massimiliano Maltoni, Jacopo Mosca e Simone Pinchiorri – a cui si deve la selezione finale di quanto presentato in concorso dai diversi autori attraverso la Digital Library di Italiandoc, piattaforma web a cura dell'Associazione Documentaristi Italiani. Coloro che hanno introdotto in programma e poi quotidianamente in sala le opere del #BFF35, con tanto di dibattito a seguire, in un vivo dialogo con registi e montatori, ma anche “interpreti”, protagonisti della vita vera, dallo scalpellino all'allevatore, passando per un fotografo del rango di Guido Guidi (per cui, sottolineamolo, “lavorare con cura è una modalità politica”).
Ecco allora che questo #BFF35 ha saputo declinare la sua storia di riviera proponendo documentari in visione pomeridiana ed eventi in serata, con tanto di musica da discoteca e debutto teatrale in piscina (vuota e senza ondata imprevista da Aquafan), portando al Cinema Astra anche il concerto del siciliano Colapesce sulle immagini dei documentari di Vittorio De Seta e, al Parco de' La Casa Rossa di Panzini, la sonorizzazione live di “The General” di Buster Keaton ad opera del musicista Stefano Bollani.
Un Bellaria Film Festival che, grazie alla giuria - presieduta dal regista Gianfranco Pannone e composta da Natalie Cristiani (vincitrice nel 2016 del Bellaria Casa Rossa Art Doc con “La Artefacta”), Alberto Lastrucci (direttore del Festival dei Popoli), Marco Migani, noto anche come Inserire Floppino (musicista e artista visivo) e Enza Negroni (regista e presidente dei Documentaristi Emilia Romagna) ha decretato i suoi quattro riconoscimenti.
“Sagre Balere”, appunto un'anteprima bellariese, si è aggiudicata il premio di 4mila euro del concorso Italia Doc: un road movie all'insegna del liscio, diretto da Alessandro Stevanon, aostano classe 1982, da seguire anche nei suoi prossimi film (“La primavera tarda ad arrivare” e “Il tratto”, in lavorazione).
Gran bella scoperta il lavoro del foto-giornalista Davide Grotta, palermitano classe 1983, che ha portato a casa il premio da mille euro del Casa Rossa Art Doc, grazie all'ottimamente orchestrato “Hidden Photos”: il confronto generazionale, ambientato in Cambogia, tra il vecchio fotografo che ritraeva i condannati a morte del regime dei Khmer Rossi di Pol Pot e il giovane che ricerca invece la bellezza paesaggistica (e con essa il riscatto) della sua terra; il tutto costruito anche su un altro ordine di livello, un piano altro che serve a interrogarsi su fotografia, ricordi e memoria.
Davvero un bel lavoro, come lo è senz'altro la cruda poesia di “See you in Texas”, il documentario Menzione Gianni Volpi, messo in scena con il lirismo di una fotografia da maestri (opera di Michele D'Attanasio), con cui il regista Vito Palmieri salta il confine tra documentario e docu-fiction, riproponendo sceneggiata la realtà quotidiana di una coppia di giovanissimi allevatori, tra sacrificio e ambizioni. Menzione Paolo Rosa, per finire, a “Tomba del truffatore” di Yan Cheng e Federico Francioni, che prende a pretesto il Tuffatore di Paestum per immergere lo spettatore, proprio il caso di dirlo, in un viaggio di esplorazione della Costiera Amalfitana, tra cartiere abbandonate, ecomostri e antiche ville.
“Fare il critico è una funzione, non dev’essere un ruolo. Bisogna fare il traghettatore”, scriveva Morando Morandini, che del festival di Bellaria fu appunto anche uno degli estimatori e responsabili, assieme a stimabili colleghi del calibro di Gianni Volpi, Enrico Ghezzi, Antonio Costa, Roberto Silvestri, nonché del compianto Alberto Farassino. Quel Farassino, critico de' La Repubblica e docente (in odore anche di Riminicinema e MystFest di Cattolica) quest'anno ricordato con una pubblicazione sul Neorealismo (edizioni Cue Press) in una serata a lui dedicata, dove l'amico e collega Tatti Sanguineti bene ha rimarcato la spinta culturale propulsiva che son capaci di dare tali uomini, di talento e non solo di lettere. Grazie allora al Bellaria Film Festival per aver mantenuto la propria funzione e continuare a promuovere ancora oggi, a 35 anni di distanza dai suoi esordi, le produzioni indipendenti italiane. E appuntamento al prossimo anno – in attesa dei nuovi Borges e Calvino - per quegli spettatori che (citando le parole di Jacopo Mosca) han voglia di andar verso il mare, per cambiare prospettiva. Infine, cogliamo l'occasione per ricordare che il Bellaria Film Festival introdusse anni fa una interessantissima sezione in concorso riservata all'audiodocumentario... noi ne speriamo il ripristino! Intanto a Roma, al Cinema Farnese dall'8 all'11 giugno, saranno proiettati tutti i film vincitori.
Le motivazioni della giuria
Premio Italia Doc: "Sagre balere" di Alessandro Stevanon
“Una finestra su un pezzo d’Italia marginale, o più propriamente marginalizzato dalla cosiddetta "cultura alta". Omar, il cantante protagonista, è un puro? Certo è molto amato dal suo pubblico. Ed ecco che l’autore cerca di restituirci l’uomo grazie a una complicità intelligente. Ne esce anche il ritratto di un’Italia in via di estinzione, ma non troppo. Un’Italia che fa riflettere sia dal punto di vista sociale che antropologico.”
Premio Concorso Casa Rossa Art Doc: "Hidden photos" di Davide Grotta
“Hidden Photos ci svela un nascosto autentico e terrificante della storia cambogiana: quella di Pol Pot e Khmer Rossi. Il film si propone con un rigore e una semplicità che tiene in considerazione anche il punto di vista dello spettatore. I due testimoni ci restituiscono, grazie allo sguardo attento dell’autore e alla costruzione del racconto, un divario generazionale che non appartiene solo alla Cambogia: l’uomo del passato che con spregiudicatezza fa della storia un business e il giovane che cerca di dare un senso alla storia antica del proprio paese.”
Menzione speciale intitolata alla memoria di Gianni Volpi: "See you in Texas" di Vito Palmieri
“È un film di ricerca, di scoperta, nel quale la giovane coppia protagonista, con la sua quotidianità, ci svela un mondo antico a cui ha scelto di appartenere con passione. Un mondo fatto di fatiche e di sogni, dove il passato e le nostre origini rurali tornano a vivere prepotentemente dopo anni di cultura consumistica. L’opera apre un’ulteriore finestra sul dibattito in corso fra il cinema del reale, il cinema di finzione e le sue contaminazioni.”
Menzione speciale intitolata alla memoria di Paolo Rosa: "Tomba del truffatore" di Yan Cheng e Federico Francioni
“Attraverso l’accostamento piacevolmente inconsueto tra situazioni tipiche ed evocative, il film propone una ricognizione poetica e ragionata su una delle località turistiche più celebri del nostro paese.”