Radio locali italiane: il grido d’allarme della REA

La situazione è pesante, in alcuni casi drammatica per le Radio e Televisioni locali italiane. L’associazione REA lamenta la grave contrazione della pubblicità e i ‘clamorosi’ ritardi nei pagamenti dei contributi pubblici. Indetta una manifestazione per il 21 giugno.

Secondo notizie d'agenzia che riportano le posizioni della Rea, “le Radio italiane lanciano un grido di allarme e si sono date appuntamento il 21 giugno presso la sede romana del Ministero dello Sviluppo Economico per manifestare per lo stato di prostrazione del settore. Con una lettera inviata ai ministri Zanonato e Saccomanni, rispettivamente allo Sviluppo Economico ed alle Finanze una delle principali associazioni di categoria, la REA Radiotelevisioni Europee Associate, lamentano lo stato di forte crisi del settore.

Alcuni giorni fa sono stati diffusi i dati sulla raccolta pubblicitaria in Italia a cura di Nielsen. Nel primo trimestre 2013 il mercato pubblicitario globale si è arrestato sotto la soglia di 1,6 miliardi di euro con un calo di 371 milioni rispetto allo scorso anno che peraltro registrava già un calo rispetto a quello precedente. Il settore, complessivamente, in un anno ha perso il 18,9%.

La Televisione ha registrato introiti di soli 905 milioni di euro contro i 1.119 nel 2012. C'è da considerare che il 95% è a vantaggio di Rai e Mediaset il restante del comparto privato. Praticamente spiccioli.

Le Radio, invece, hanno registrato 77 milioni contro i 95 milioni del 2012. Oltre il 60% della "torta pubblicitaria" è ad appannaggio delle 11 reti nazionali e dei grandi gruppi, mentre la restante parte, costituita prevalentemente da pubblicità locale, è ad appannaggio delle circa 1.170 Radio locali, anche in questo caso spiccioli, che perdono quasi circa 30% del fatturato rispetto ad un anno fa. Nielsen attribuisce i risultati del primo trimestre ad una congiuntura economica molto forte per il comparto ma anche ad una sua incertezza in termini di prospettive oltre che più in generale di tipo politico. In poche parole il conflitto d'interessi pesa, e non poco.

Le emittenti radiofoniche italiane, nella lettera inviata ai ministri, lamentano oltre che le incertezze e lo stallo del comparto, le lungaggini burocratiche che le vedono creditrici nei confronti del Ministero dello Sviluppo Economico di svariati milioni ti euro che risalgono all'anno 2009. Stiamo parlando di ben tre anni di ritardo.

Il comparto radiofonico italiano, che rappresenta per numero, circa 1.180 aziende con migliaia di dipendenti, ed eterogeneità (comunitarie, commerciali e d'informazione) il vero pluralismo per le tante voci differenti, sta collassando sotto i colpi dei costi di gestione non più sopportabili, delle banche che stringono anziché sostenere, e la difficoltà di incassare dal privato e dalla pubblica amministrazione: se il Ministero è indietro di 3 anni molte regioni ed enti locali non sono da meno: saldano a distanza di un anno se va bene.

A questo si aggiungono le incalzanti richieste dei discografici che chiedono di incassare diritti per la trasmissione dei brani musicali. Ma le Radio non hanno sempre promosso la musica e sostenuto gli artisti? Sono molti gli editori radiofonici locali che lamentano di essere sull'orlo del baratro: un editore di Vicenza dice “di non esser più in grado di pagare le bollette di energia elettrica che per giunta sono inspiegabilmente lievitate”; uno della provincia di Roma lamenta “di essere nella morsa delle banche che oltre a non concedere credito richiedono rientri di scoperto in tempi strettissimi”; un altro della provincia di Napoli “ha dovuto licenziare alcuni dipendenti e si appresta a valutare di licenziarne altri”; uno di Bari dichiara “di non riuscire a pagare più i contributi ai propri dipendenti da alcuni mesi pur vantando crediti di gran lunga superiori e che le banche non sono disponibili a fargli credito”; uno della provincia di Salerno “spegnerà alcuni ripetitori e limiterà le potenze di altri, cosciente delle ripercussioni in termini di ascolto e di mercato”.
In Sicilia alcuni editori stanno letteralmente svendendo le proprie aziende radiofoniche molte delle quali con attività trentennale nel tentativo “di far fronte ai debiti accumulati negli ultimi due anni”.

Da tener presente che per ogni Radio che chiude non ci potrà essere un'altra Radio che apre perché il sistema è "bloccato": la normativa non prevede il rilascio di nuove autorizzazioni. Non sarà possibile quindi chiudere, aspettare tempi migliori e riaprire. Più semplicemente vengono distrutte professionalità ed esperienze accumulate in trent'anni di lavoro con sacrifici spesso personali degli editori e pionieri della radiofonia, senza contare l'evidente danno al pluralismo a vantaggio delle concentrazione fatta dai grandi gruppi di potere che così potranno più facilmente gestire l'informazione ed orientare le masse.

La stragrande maggioranza delle emittenti radiofoniche locali italiane con il proprio radicamento territoriale, oltre che posti di lavoro, con le proprie redazioni giornalistiche indipendenti difficilmente gestibili dai poteri forti. Che non sia questo l'obbiettivo? E l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni che fa? Insomma, in questi ultimi due anni si è parlato di tanti settori in crisi, dall'auto agli immobili, fino alle contrazioni del comparto alimentare ma del comparto radiotelevisivo non se ne era avuta mai notizia ma adesso sembra stia anch'esso esplodendo”.

Ma vediamo ora il contenuto di una lettera che la Rea ha inviato al Ministero dello Sviluppo Economico e al Governo:

“La presente per rappresentare la gravissima situazione economica in cui versa la piccola e media emittenza radiotelevisiva locale la quale, nel corso del'ultimo trimestre, ha registrato una fortissima contrazione della pubblicità pari al 29,5%, vale a dire 10,5 punti ancor meno della perdita registrata nelle grandi reti nazionali perfetto, com'è noto, della stagnazione dei mercati.

Ciò premesso, si porta a conoscenza che a sostegno del pluralismo informativo sancito dall'ordinamento costituzionale, la legge prevede alcune misure di sostegno economico di cui alla legge 28 dicembre 2001, n. 448, articolo 52, comma 18, erogate secondo modalità e criteri di attribuzione impartiti nel Regolamento di cui al Decreto del Ministro delle Comunicazioni di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, n. 225 del 1 ottobre 2002. Nell'articolo 5, comma 1, del predetto Regolamento si legge che le domande di ammissione devono essere inoltrate al Ministero dello Sviluppo Economico - Dipartimento Comunicazioni, entro il 30 ottobre di ciascun anno. L'articolo 4, comma 2, stabilisce che il contributo dev'essere erogato entro i sei mesi successivi dalla presentazione della domanda, vale a dire entro il 30 aprile dell'anno successivo.

Allo stato dei fatti, la erogazione dei contributi alle Radio locali è costantemente in ritardo di oltre anni tre anni nonostante le proteste delle emittenti sfociate nel'atto di diffida del 19 dicembre 2009 e nell'azione giudiziaria TAR del 7 febbraio 2010.
Poiché la crisi economica in atto non consente ulteriori deroghe nell'incasso dei contributi perenti del 2009 già perenti e del 2011 in via di perenzione, si invita il Ministro dello Sviluppo Economico e il Ministro dell'Economia e delle Finanze voler disporre la dovuta erogazione con la massima urgenza e di darne assicurazione alla scrivente.

Poiché siamo stanchi di pazientare, la REA dichiara lo stato di agitazione della categoria e indice una giornata di protesta da svolgersi il 21 giugno 2013 davanti alla sede del Ministero dello Sviluppo Economico la quale sarà anticipata da una intensa campagna audio-video nazionale diffusa dalle emittenti associate”.

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