Rai: ‘allarme frequenze’

Il problema delle frequenze, nell’ambito internazionale e nel quadro del passaggio alla DTT, è lontano da una soluzione. La conferenza ITU in corso a Ginevra rischia di assegnarne poche all’Italia e alla Rai è ‘allarme rosso’.

Claudio Petruccioli, presidente della Rai, ha votato con il Cda nei giorni scorsi una delibera per affrontare il tema della conferenza di Ginevra dell'UIT-ITU (International Telecommunication Union), in cui si discute fino al prossimo 16 giugno della revisione del Piano di Stoccolma del 1961 sulle frequenze, in considerazione del prossimo passaggio al digitale. Petruccioli ha spiegato come l'Italia si trovi ad affrontare un grosso problema ereditato dal passato. E ha anche precisato come della questione sia stato investito il Segretario generale del Ministero delle Comunicazioni, che è l'organismo competente per il negoziato all'ITU.

Ad avviso di Petruccioli, "l'Italia potrebbe subire un forte ridimensionamento del proprio patrimonio di frequenze, una prospettiva che di fatto impedirebbe il passaggio al digitale". Non è un caso che "dal 1961, anno in cui in sede internazionale si è cominciato ad assegnare pacchetti di frequenze protette a ciascun Paese, i governi italiani non hanno mai scritto", anche solo per aggiornare la situazione delle frequenze in Italia, appunto all'ITU, organismo competente per la distribuzione delle frequenze a livello internazionale e chiamato a garantire che ciascun Paese possa disporre di un suo 'pacchetto' al sicuro da interferenze.

Il presidente della Rai ha segnalato che per la Rai non è solo un problema di numero ma anche di tipo di frequenze: "Il problema più serio che abbiamo è quello che riguarda la ridefinizione dei canali in banda 3 (VHF), che se viene attuata ci crea problemi nella banda dove trasmette RaiUno. Anche se le frequenze ci fossero ridate, ma in altre collocazioni, il nostro lavoro ne sarebbe sconvolto".

Pertanto, "potrebbe capitare che non solo l'Italia come Paese venga ad avere un patrimonio meno consistente di frequenze, ma anche che la Rai possa veder dimezzata la propria capacità. Il che impedirebbe di fatto il cosiddetto switch-off dall'analogico al digitale, perché il patrimonio di frequenze in nostro possesso non ci consentirebbe quell'universalità del servizio che per noi è condizione indispensabile".

Nella delibera, il Cda Rai intraprende una "pressante azione informativa sul Ministero delle Comunicazioni, affinché lo stesso si faccia promotore e sponsor della posizione Rai nell'ambito della conferenza, in un'ottica di ferma salvaguardia delle risorse Rai in quanto bene pubblico di tutto il Paese".

Il Cda Rai chiede di convertire in digitale, oltre a tutte le frequenze iscritte nel Registro Internazionale di Ginevra, anche quelle notificate all'estero in base all'accordo di Stoccolma del 1961 (in totale si parla di circa 7.800 frequenze/impianti, di cui circa 5.700 della Rai).

Nell'ambito delle frequenze di cui sopra rientrano i 1.100 impianti analogici più importanti del servizio pubblico.

Infine, sempre secodo il Cda Rai, occorre utilizzare "il contesto della conferenza per l'inizio di trattative bi-tralaterali con i Paesi confinanti, al fine di limitare l'eventuale contenzioso successivo alla definitiva assegnazione delle frequenze".

Ora la "palla" passa al nuovo Governo e in particolare al nuovo Ministro delle Comunicazioni Gentiloni.

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