Rai: dopo quella dell’Agcom ci sarà una nuova ‘pagina nera’?

Il Cda dell'azienda pubblica –

Candidarsi al Cda della Rai: istruzioni per l’uso. In un Paese che si conferma non trasparente. Il termine è lunedì 18 giugno alle ore 21. Questo l’indirizzo: vigilanzarai@senato.it.

A pochi giorni di distanza dalla ignobile vicenda Agcom, ovvero dalla incredibile farsa sull'invio dei curricula per le nomine dei consiglieri all'Autorità (presunta indipendente) per le Garanzie nelle Comunicazioni (rimandiamo all'articolo che abbiamo pubblicato su questo sito web di “Millecanali”: “La nuova Agcom nasce vecchia”, 6 giugno 2012), il rischio che la storia si ripeta per l'azienda radiotelevisiva di servizio pubblico corre sul filo.

Lo scorso venerdì è arrivata la “doccia fredda” delle nomine del nuovo Presidente e Direttore Generale dell'azienda: rispettivamente Anna Maria Tarantola e Claudio Gubitosi. Un passato in Banca d'Italia lei, trascorsi in Wind lui. Peraltro Monti ha forzato, nominando direttamente il Dg (tanto che Palazzo Chigi ha dovuto precisare, con un grazioso sofisma: “si è trattato di una intenzione di presentare”, e non di una “nomina”…).
La procedura prevede infatti che il Capo dell'Esecutivo scelga tra una rosa di candidati selezionati dal Cda. Ed il Consiglio di Amministrazione non è stato ancora nominato.

Voci di corridoio dei palazzi della politica riportano che quello di Monti sia stato una sorta di conato di orgoglio, a fronte di ore delicate durante le quali - nell'altalenante appoggio di Pdl e Pd al suo esecutivo sempre più debole - avrebbe maturato finanche la decisione di dimettersi. Non si è dimesso ed ha voluto mettere in scena un “atto di forza”, quasi simbolico, sulla Rai.
Testualmente, a sorpresa, il 13 giugno ha dichiarato, durante una conferenza stampa: “Ho comunicato al Consiglio dei Ministri l'intenzione, come Ministro dell'Economia, di indicare la dottoressa Anna Maria Tarantola come Presidente della Rai, e l'intenzione di presentare, per il tramite del rappresentante del Mef, nel Cda Rai la candidatura del dottor Luigi Gubitosi a direttore generale”. Monti ha poi aggiunto che sarà “Marco Pinto il rappresentante del Ministero dell'Economia nel Cda”.
Si ricorda infatti che 2 membri del Cda sono nominati dal Ministero del Tesoro ovvero dell'Economia (uno è il Presidente, appunto, che va confermato a larga maggioranza dalla Vigilanza).

L'assemblea degli azionisti Rai (99,60% Ministero Economia, 0,40% Siae), che era stata convocata per il 13 giugno ed è stata rinviata al 3 luglio, formalizzerà le nomine di Tarantola e Pinto. Il Presidente, dopo la nomina, deve, come accennato, ottenere i due terzi dei voti della Commissione di Vigilanza. Si segnala che la Lega annuncia che non parteciperà al voto (ma si ricorda che lo stesso Bersani dichiarava e ribadiva ciò fino a due giorni fa), richiedendo la privatizzazione della Rai.

Questo rinnovato “decisionismo” del premier non è stato esente da critiche. Non male la sortita a caldo di Beppe Giulietti (Articolo 21): “Si tratta di un commissariamento mascherato”. Più velenoso Carlo Freccero (Direttore di Rai4) a “la Zanzara” di Radio 24 (testata del gruppo Il Sole 24 Ore, editore anche di “Millecanali”): “Tarantola-Gubitosi al vertice? Due alieni. E' pazzesco. Sono sorpreso e stralunato, è una cosa incredibile. Ha scelto due alieni che, secondo me, vedono poco la Tv”.

Ed ora l'agitazione è intorno agli altri 7 membri del Consiglio di Amministrazione di viale Mazzini: la lottizzazione prevede, nella migliore tradizione del “manuale Cencelli”: 3 al Pdl (di cui 1… “in quota” Lega), 2 al Pd ovvero alla “società civile” (nella interpretazione - soggettiva - di Bersani), 1 all'Udc, 1 all'Italia dei Valori (forse sì, ma anche no)… Ma si tratta di uno “schema” suscettibile di modificazioni, di una mera ipotesi che potrebbe essere modificata da alchimie partitocratiche ancora arcane.
In verità, gli esponenti dei partiti sembrano non avere le idee ben chiare.

Alfano sembra un disco rotto e l'unica cosa che continua a ripetere è “perché avete rimosso la Lei?”. Perché ci tiene così tanto?! La sua argomentazione è: “Noi chiediamo solo: perché è stata sostituita? La Rai è un'azienda, e un'azienda si valuta dai risultati aziendali: come direttore generale, Lorenza Lei ha portato risultati soddisfacenti”. I candidati più accreditati negli ambienti del Pdl parrebbero essere: Antonio Verro (già nel Cda precedente), Guido Paglia (Direttore Comunicazione e Relazioni Esterne Rai), Antonio Pilati (componente dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato), Franco Scaglia (Presidente RaiCinema), ma anche “outsider” come Giampaolo Rossi (Presidente di Rainet)… L'Udc sceglierebbe Roberto De Laurentiis (già nel Cda precedente di viale Mazzini).

Bersani, per uscire dall'impasse, e mettendo in atto un incredibile “u-turn” rispetto alle dichiarazioni ribadite per settimane (“non parteciperemo” alla spartizione), ha partorito la brillante idea di far proporre alle “associazioni della società civile” i candidati, esprimenti 2 candidature per il Cda Rai “in quota Pd”. Eccellente esempio di democrazia, se non fosse che sono state “selezionate” (viva-viva la discrezionalità dei monarchi della partitocrazia!) solo… 4 (quattro!) associazioni (selezionate su quale base poi?!) a poter esprimere pareri, ovvero proporre candidati: “Libertà e giustizia” di Sandra Bonsanti (ex editorialista de “la Repubblica”), “Libera” di Don Ciotti, il “Comitato per la libertà e il diritto all'informazione”, e “Se non ora quando?” (che peraltro - nella migliore tradizione “movimentista” - non ha nemmeno un “coordinatore”!). Si segnala - en passant - che, sarà ignoranza nostra, ma non abbiamo notizia delle attività del “Comitato per la libertà e il diritto all'informazione”: abbiamo appena cercato su Google, e non risulta alcun sito web, e nessun risultato altro, se non quel che è citato nella presa di posizione di Bersani.

Scavando meglio, si scopre che il “Comitato per la libertà e il diritto all'informazione” è nato il 3 ottobre 2009, in occasione della manifestazione per la libertà di stampa, contro la “legge-bavaglio” in piazza del Popolo, e riunisce 27 “sigle”, tra le quali - solo per citarne alcune - la Federazione Nazionale della Stampa, Mediacoop, Articolo21, Federazione dei Settimanali Cattolici-Fisc, Confcooperative-Cultura, Slc-Cgil, Ugl, Arci, Acli, Tavola della Pace, Popolo Viola… Ma questo “comitato” non ha nemmeno un sito web.

Che siano 4 o (indirettamente) 30 le associazioni selezionate da Bersani, non crediamo che questi “eletti” possano essere ritenuti “rappresentativi” della “società civile”.
E che dire delle altre associazioni che si sono mosse in questi ultimi mesi, lottando per nomine meritocratiche e trasparenti, da “La Rai ai Cittadini” (promossa da Adriano Colafrancesco) a “MoveOn” (promossa da Marco Quaranta) a “Open Media Coalition” (promossa da Guido Scorza)?! Non rappresentano forse anch'esse espressioni della “società civile”? Bersani non le conosce, evidentemente. Deficit suo, sia consentito osservare.
Quali i criteri, quali i metodi, quale la trasparenza? Quale “rappresentatività”, di grazia? Un pasticcio nel pasticcio.

Diverse sono state poi le testate che nei giorni scorsi hanno scritto che i curricula per partecipare al “bando delle poltrone” vanno mandati alla Vigilanza Rai, entro lunedì 18 giugno. Informazione un po' generica, dopotutto. Nessun quotidiano o altra fonte informativa precisava meglio.
I curricula arriveranno nelle mani del Presidente Zavoli, che li esaminerà e sottoporrà quindi alla Commissione bicamerale.

Da cittadini, da giornalisti, da potenziali candidati (perché no?!), ci siamo domandati - come forse qualche altro migliaio di italiani: questi cv arriveranno come? Portati da chi? Venuti da dove? È noto, ahinoi: la trasparenza non è una prerogativa del nostro Paese.

È così che, “spulciando” su internet (a partire dai siti web di Camera e Senato), non si trova traccia di un documento uno, una delibera, un resoconto, un qualsivoglia atto formale che vada a specificare non pretendiamo i criteri selettivi (sia mai), ma almeno le modalità di invio dei benedetti curricula (la prospettiva che questi, poi, vadano probabilmente solo ad alimentare pile polverose di carta, è un'altra storia...).

Ci siamo quindi “divertiti” un po': dapprima, spendendoci come semplici “cittadini”. Risultati: zero. Nessun funzionario della Commissione o della Camera ha saputo rispondere al semplice quesito: “Dove e come va trasmesso il curriculum per il cda Rai?”.
Quando abbiamo speso una testata giornalistica come “Millecanali”, siamo riusciti, con ostinazione, a trovare un cortese funzionario della Commissione (che ci ha pregato di mantenere l'anonimato), e quindi il mistero (…) è svelato.
Alla semplice richiesta di un documento ufficiale, il funzionario della Vigilanza (l'esperto della materia, almeno così è stato presentato da alcuni suoi colleghi), ha sostenuto che “non esiste alcun documento che formalizzi l'invio dei curricula”.

La decisione “è stata assunta in via informale, durante la riunione di Presidenza del 12 giugno, cui hanno partecipato i rappresentanti dei vari gruppi parlamentari”. Però! Per uscire dall'imbarazzo, il gentile funzionario precisa: “Insomma, suvvia, non si tratta mica di un bando o di un concorso!”, con simpatica puntualizzazione.

No, appunto, chiosiamo noi: non è un avviso pubblico, non è una selezione trasparente: è piuttosto la replica di una buffonata (quella messa in atto per l'Agcom), una nuova farsa messa in scena per costruire un simulacro di democrazia.
Chiunque può partecipare, dato che non esiste alcun criterio preselettivo: anche cittadini stranieri residenti in Italia? Cittadini di altri Paesi dell'Unione Europea? Anche minorenni?

Tecnicamente (…), comunque, abbiamo appreso - in via non ufficiale (“naturaliter”!) - che il cv va inviato, prosegue, “all'indirizzo mail della Vigilanza, ovvero vigilanzarai@senato.it”.
Con voluta ingenuità, abbiamo domandato “all'attenzione di chi?”; la risposta è stata “non serve metterlo all'attenzione di nessuno: basta scrivere in oggetto 'curriculum per cda Rai'…”.
Il funzionario precisa che la copia su cartaceo “non interessa”, ma se qualcuno volesse proprio mandarla (ovvero non riesce proprio a frenare lo spasmodico bisogno?!?), può spedirla a “Palazzo San Macuto, via del Seminario 76, Roma 00187”.

Per amor di precisione, puntualizziamo che - in verità - esiste (esisterebbe) una legge dello Stato… L'articolo 49 comma 4 del “Testo Unico della Radiotelevisione”, che recita: “Possono essere nominati membri del Cda i soggetti aventi i requisiti per la nomina a giudice costituzionale” (ossia magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria e amministrative, professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo venti anni di esercizio), e “comunque persone di riconosciuto prestigio e competenza professionale e di notoria indipendenza di comportamenti che si siano distinte in attività economiche scientifiche giuridiche, umanistiche o della comunicazione sociale, maturandovi significative esperienze manageriali”.

Hanno acutamente commentato Milena Gabanelli e Giovanna Boursier, nel loro articolo del 13 giugno sulle colonne del “Corriere della Sera”: “Basta voltarsi indietro per vedere quante volte sono stati rispettati questi requisiti”. In questo loro articolo, è stata riprodotta la lista delle 33 candidature giunte fino a quella data. Emergono, tra tutte, quella dei cittadini:

- Salvatore Acanfora, ex capotreno della Ferrovia Roma Lido, da 14 anni nel libro “Il Guiness dei Primati” per aver inoltrato oltre 4.000 petizioni al Parlamento…

- Roberto Menegon, artigiano edile che vive in Provincia di Pordenone, candidatura a membro del Cda Rai cha ha inviato fin dal marzo 2009 (preveggente?!), ai Presidenti di Camera e Senato, precisando che essa non era “soggetta a tempi di scadenza”…

La Commissione è convocata per giovedì 21 giugno.
Fatta la legge, trovato l'inganno. Nella migliore tradizione italica. Con la ciliegina sulla torta delle (pseudo) libere candidature.
E tutto questo è degno di un Paese civile e democratico?

(*) Elena D'Alessandri è Responsabile di Ricerca dell'Istituto italiano per l'Industria Culturale - IsICult.

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