Rai: la rinuncia di Mieli

Paolo Mieli ha rinunciato alla nomina a presidente “di garanzia” della Rai, dopo i duri attacchi subiti da diversi settori del Centro-Destra. Bagarre e violente polemiche. Si apre un problema politico-istituzionale di prima grandezza.

Come avevano ipotizzato ieri, c'è stata la rinuncia di Paolo Mieli alla nomina nel Cda Rai e quindi anche alla successiva elezione a presidente, una "situazione" che doveva garantire l'opposizione rispetto a un Cda per il resto di orientamento di Centro-Destra (la famosa formula del 4+1) e rispetto a una situazione televisiva che vede la fortissima presenza di emittenti di proprietà dello stesso Presidente del Consiglio.

Mieli non ha retto ai due nodi che sono subito emersi come decisivi: le pressioni per far rimanere Agostino Saccà direttore generale della Rai e il rientro di Biagi e Santoro nella Tv pubblica. Il durissimo fuoco di sbarramento di diversi esponenti di Forza Italia e Lega Nord ha dunque ottenuto l'effetto che si poteva immaginare, un effetto però che per i rispettivi partiti e per tutto il Centro-Destra rischia di esser disastroso.

Facendo saltare Mieli, infatti, si sconfessa di fatto l'intera delicatissima operazione messa in piedi a fini di un minimo di "distensione politica" dai due presidenti delle Camere. Pera e Casini, due esponenti del Centro-Destra sì ma soprattutto due figure istituzionali di prima grandezza, sono dunque osteggiati e ostacolati duramente nelle loro stesse prerogative da alcune forti componenti della stessa maggioranza, una situazione politicamente insostenibile e delicatissima anche dal punto di vista istituzionale, tanto che non è pensabile che lo stesso Ciampi, oltretutto molto sensibile ai temi dell'informazione Tv, a questo punto non intervenga nella questione.

Le conseguenze della grave scelta di far saltare di fatto il nuovo Cda Rai nominato da Pera e Casini secondo le regole vigenti ma con una delicatissima scelta di garanzia valida per tutti, si sono viste subito: gli altri quattro membri del Cda hanno solidarizzato con Mieli e lo hanno invitato a ripensarci, Rumi ha fatto sapere che non resterà al suo posto senza Mieli e ha a sua volta rinunciato all'incarico, nel Centro-Destra si è aperta una forte polemica con UDC e An a sottolineare l'assurdità di quanto è accaduto; l'opposizione, poi, grida ad un "momento gravissino" e naturalmente fa fuoco e fiamme.

Per difendere Saccà e mantenere Biagi e Santoro fuori dalla Rai si è insomma dato fuoco alle polveri, aprendo una crisi dalle conseguenze incalcolabili, che, salvo passi indietro di Mieli, non si capisce come possa essere risolta. L'impressione netta è che la soddisfazione di chi non voleva Mieli alla presidenza dopo la sua rinuncia finirà per ritorcersi come un boomerang proprio su quanti hanno operato per questo esito.

Pubblica i tuoi commenti