La Rai ha un nuovo contratto di servizio che regolamenterà per i prossimi tre anni la sua attività di servizio pubblico. Il documento ha avuto ieri il via libera del Cda di Viale Mazzini ed è frutto di un lungo confronto con il Ministero delle Comunicazioni.
Dall'agenzia Apcom:
«La Rai ha un nuovo contratto di servizio che regolamenterà, per i prossimi tre anni, la sua attività di servizio pubblico. Il documento, che ha avuto ieri il via libera del Cda di Viale Mazzini, è il frutto di un lungo confronto con il ministero delle Comunicazioni.
Il ministro Paolo Gentiloni ha voluto un "contratto innovativo" rispetto al passato, e per questo sono molte le novità contenute nel documento che ha come obiettivo principale quello di "qualificare" di più la Rai come servizio pubblico e renderla più "riconoscibile" rispetto alla tv commerciale.
Il contratto dovrà ora passare all'esame della Commissione parlamentare di Vigilanza, il cui presidente, Mario Landolfi ha preannunciato una lunga serie di audizioni.
Dopo il via libera al contratto di servizio, la Rai attende ora l'altra importante decisione del ministro Gentiloni che la riguarda e che inciderà sul suo futuro: la definizione del canone annuale per il 2007, dopo che negli ultimi due anni il Governo non ha concesso aumenti. Questo, perché insieme alle innovazioni, sono molti i nuovi oneri che il contratto pone a carico della Tv pubblica.
Una delle novità del nuovo contratto di servizio riguarda proprio il canone: nel documento varato dal Cda, non ci sono indicazioni sulle modalità per la quantificazione del canone annuale che gli utenti pagano alla Rai per l'assolvimento del servizio pubblico, aspetto che faceva invece parte dei precedenti contratti.
La legge Gasparri ha infatti modificato la normativa inerente, prevedendo che "entro il mese di novembre il ministro delle Comunicazioni, con proprio decreto stabilisce l'ammontare del canone di abbonamento annuale in vigore dal primo gennaio dell' anno successivo". Niente più 'formulette' quindi, inserite nel contratto di servizio che legavano l'ammontare del canone, all'inflazione, agli investimenti di viale Mazzini e al raggiungimento di alcuni obiettivi di qualità.OOra sarà il ministro Gentiloni a decidere in modo però "da consentire alla società concessionaria di coprire i costi che prevedibilmente verranno sostenuti in tale anno per adempiere gli obblighi di servizio pubblico, come desumibili dall'ultimo bilancio trasmesso, prendendo in considerazione anche il tasso di inflazione programmato e le esigenze di sviluppo tecnologico delle imprese".
L'aspetto sicuramente più "innovativo" del nuovo contratto di programma, riguarda l'introduzione di due nuovi indici che giudicheranno l'operato della Rai: l'indice "di valore pubblico" che dovrà valutare la rispondenza delle singole trasmissioni alla 'mission' di servizio pubblico, e un dato di "corporate reputation" che verificherà l'apprezzamento per l'intera azienda.
Questi due indici si affiancheranno al più 'tradizionale' rilevamento delle performance di mercato che diventerà però più articolato esaminando il gradimento dell'offerta, la qualità percepita, l'ascolto medio, lo share, la penetrazione, i minuti medi visti.
A vigilare sull'applicazione di questi nuovi parametri sarà un 'comitato scientifico' che entro 6 mesi diventerà operativo definendo le metodologie di verifica. Sarà composto da 6 persone, di cui tre di nomina Rai, due indicate dal Ministero e una dall'Authority per le Comunicazioni.
L'articolo 10 del contratto introduce un'altra novità importante, soprattutto per il mondo delle produzioni televisive e ancor di più per il cinema nazionale. La Rai dovrà destinare il 15% dei suoi ricavi a produzioni nazionali e europee, nel campo della fiction, dell'animazione, teatro e cinema. Per quest'ultima voce è prevista una quota riservata del 20% degli interi investimenti.
In sostanza la Rai dovraà raddoppiare i suoi invenstimenti a sostegno della produzione di contenuti nazionali, dato che finora il suo obbligo era limitato al 15% delle risorse derivante dal canone annuale, mentre ora la percentuale riguarderà l'intero fatturato.
Per il solo cinema si parla di investimenti per 80 milioni di euro, con un incremento del 60% rispetto al passato, mentre alla restante produzione televisiva andranno circa 290 milioni, con un incremento di oltre il 60%.
Ben cinque articoli del contratto (dal 21 al 25) sono dedicati al passaggio al digitale. La Rai è richiamata a svolgere un ruolo più attivo nel passaggio alla nuova tecnologia con precise indicazioni per lo switch off delle due regioni 'pilota', Sardegna e Valle d'Aosta. Inoltre la tv pubblica dovrà realizzare contenuti per i canali in chiaro del digitale tv.
Nel contratto c'eè poi un passaggio che permette alla Rai di arrivare "con accordi associativi" alla realizzazione di un operatore unico di rete per il digitale, coinvolgendo altri operatori nazionali.OInfine il digitale è previsto anche per la radio con la previsione di un accordo di programma da siglare con il Ministero che rilancerà lo sviluppo della nuova tecnologia.
Infine lo sviluppo multipiattaforma. Per l'articolo 6 del contratto, il servizio pubblico non sarà più solo limitato alla Tv analogica. La Rai dovrà sviluppare un' offerta presente su tutte le nuove piattaforme: internet, telefonia mobile, Iptv, satellite e naturalmente digitale terrestre. Anche su questa programmazione ci sarà una valutazione in base ai parametri giaà citati.
Ora il problema sono le risorse. Come detto, nel contratto di servizio non si parla di adeguamento del canone. L'articolo 27 si limita ad affermare che "al fine di assicurare l'adempimento degli obblighi di servizio universale, il ministro si impegna a supportare con adeguate misure, nell'ambito delle risorse disponibili, gli investimenti della Rai finalizzati alla trasmissione digitale".
I Consiglieri di Viale Mazzini hanno accolto positivamente anche l'incremento degli investimenti nella produzione, ma hanno approvato un ordine del giorno che anche in questo caso chiede risorse per far fronte ai nuovi impegni. Il problema è che la Rai ha perso in due anni circa 70 milioni per mancati adeguamenti del canone, e ha già notificato al Ministero che in base alla contabilità separata del 2005, il servizio pubblico è costato 221 milioni di euro in più rispetto agli incassi del canone. Solo per coprire questo 'buco' servirebbe un incremento del canone di circa 15 euro».