Già l’inizio è particolare e molto originale: la giovanissima e bella Nadine (una Astrid Bergès Frisbey molto bene ‘in parte’) viene dalla provincia francese ed è a Parigi per vedere se in quella specie di ‘fiera-bestiame’ che è un casting per modelle qualcuno presterà mai attenzione a lei. Costretta a stare per ore in bikini ad attendere la fine delle lunghe operazioni, Nadine si annoia profondamente e quell’ambiente non le piace proprio, in effetti. Va su un grande terrazzo e lì la vede e la ‘abborda’ immediatamente Fausto, un cameriere d’hotel italiano che parla molto bene il francese e, come molti nostri immigrati, sa farsi valere.
Preso però dalla voglia di mostrare alla ragazza appena conosciuta la più bella suite dello splendido albergo in cui lavora, Fausto finisce in guai grossi, perché, denunciato dal legittimo occupante della camera in questione, perde la testa e diventa aggressivo e violento.
Finisce così in carcere, mentre lei ha avuto fortuna: il suo musetto imbronciato ha fatto centro ed è stata presa come modella. La condanna ad alcuni anni di reclusione sembra così poter mettere la parola fine a quel sentimento appena sbocciato, perché lei può intraprendere una bella carriera con soldi e fama a volontà, mentre lui può solo sopportare alla meno peggio la dura vita in galera, in attesa di poter uscire finalmente, un giorno.
Ma i due, personaggi solitari e senza legami né interessi veri, sono quasi costretti a cercare insieme una vita diversa all’insegna dell’amore; si attraggono infatti in modo irresistibile, mettendosi per questo costantemente a rischio: all’uscita dal carcere, lui la ritrova e la difficoltà di rimettersi insieme dopo lunghe esperienze così diverse sfocia in un violento diverbio e di nuovo in una violenza distruttiva, che si scioglie però, manco a dirlo, nell’amore totale e assoluto.
I due fanno allora coppia e si trasferiscono poi dalla Francia a Milano (le scene girate a corso Como e dintorni abbondano), dove Nadine continua la sua strada di modella di successo; lui a quel punto deve cercare lavoro ma come ex carcerato deve partire da occupazioni umili e ingrate.
Qui inizia la bella successione di nuovi contrasti fra ‘alto e basso’, fra ricchezza e povertà, fra apparente felicità (il legame fra i due sembra ormai consolidato in una dimensione familiare) e un senso di tragedia che continua a incombere.
Un terzo personaggio-chiave del film è quello di Sandro, un altro personaggio solitario e senza legami che sembra vivere alla giornata partecipando alle feste (d’alto bordo) degli altri, inseguendo peraltro in proprio sogni irrealizzabili; dice infatti di voler aprire un locale fantastico, l’Alaska (una specie dell’Hollywood di corso Como, per capirci, pure ‘migliorato’), per cui cerca soci e finanziamenti. Fausto - che personalmente alla fine ha poco da perdere - sottrae i soldi guadagnati da Nadine e si associa a lui per poter aprire davvero l’Alaska.
Ma il furto ‘in famiglia’ dei soldi guadagnati come modella mette in crisi totale il rapporto fra Nadine e Fausto e qui inizia una serie di nuove lunghe e infinite disavventure, su cui non staremo a dilungarci ma che sfociano in un clamoroso ribaltamento dei ruoli: stavolta è Nadine, diventata assassina per difendersi dal proprietario del bar in cui è finita a lavorare come cameriera dopo la fine della gloria sulle passerelle, a finire in carcere e lui a chiedersi se valga la pena di andarla a trovare.
Ci andrà, naturalmente, perché per stare dietro a lei ha rinunciato nientemeno che a una folgorante carriera di grande maitre d’albergo e anzi di futuro proprietario di una catena di grandi hotel. Ancora dunque, fortuna che sfocia in tragedia, ricchezza che svanisce a favore di una povertà che ti lascia solo e disperato, con l’unica consolazione di quell’amore così totale e coinvolgente da essere al tempo stesso ‘inevitabile’, sapendo anche che né Nadine né Fausto sono due ‘santi’ bensì personaggi pieni di contraddizioni che spesso scelgono male i loro comportamenti, senza neanche ragioni plausibili.
Viene in mente la categoria dell’‘amour fou’ o le storie di amori tanto passionali e disperati da finire sempre in effettive tragedie: Nadine e Fausto non possono stare l’uno senza l’altra ma sembrano quasi sapere che quella passione, quasi sempre, li ‘perderà’.
Il film non è solo la propria trama ma già questa sceneggiatura è così ben scritta da meritare un plauso per inventiva e originalità, elementi rari in un film italiano. L’efficace regia di Cupellini e la bella prova degli interpreti (Germano è superlativo come sempre, di lei abbiamo detto ma un plauso merita anche l’interprete di Sandro, Valerio Binasco) fanno così premio su qualche difetto che ci è parso di notare: un lunghezza un po’ eccessiva (oltre due ore), qualche eccesso anche nella voglia di stupire con sempre nuove vicende non sempre plausibili, un racconto molto serrato ma ovviamente appunto in qualche punto non convincente, soprattutto quanto a verosimiglianza.
Piccole cose, alla fine, perché il film è bello, ben girato, appunto molto originale e assolutamente convincente. Interessante anche il ritratto di una Milano della moda in fondo ‘finta e disperata’, dove il benessere e la fama sono apparenti e precari o almeno appesi a un filo che si può spezzare da un momento all’altro.
Il film è una coproduzione italo-francese e vede in campo Indiana Production e Rai Cinema; fra le curiosità, la partecipazione di Marco D'Amore (quello di ‘Gomorra’), naturalmente nei panni di un teppista violento che rischia di finire male già alla Festa di Capodanno.