Recensione: ‘Anni felici’

Daniele Luchetti propone una storia familiare autobiografica relativa agli anni ’70, vista da lui bambino. Ne viene fuori un film che, al di là della storia e della memoria, è tutto basato su una vicenda ‘a due’, più i bambini, e come tale è una grande occasione per gli attori.

Erano davvero anni felici quelli, ovvero gli anni '70, o è magari la nostalgia a falsare tutto? La domanda la pone oggi Daniele Luchetti, bravo regista che già conoscevamo per esempio per 'Mio fratello è figlio unico', dove già aveva raccontato una vicenda familiare che incrociava la politica e la società italiana degli scorsi decenni. Stavolta sono di scena in specifico gli anni '70, appunto, e in particolare l'estate del 1974, quella del referendum sul divorzio, che segnò una clamorosa e affatto sicura (alla vigilia) sconfitta per il cattolicesimo tradizionale italiano, rappresentato da Fanfani, e per la Chiesa. Un'Italia che stava cambiando, dunque, in modo non facile e anche tumultuoso e confuso, non senza abbracciare spesso ideologie politiche 'radicali' e un po' infantili (che sfoceranno nella violenza politica delle BR e simili) e non senza tremende 'rappresaglie' di chi cambiare non voleva (il 1974 è anche l'anno della strage di piazza della Loggia a Brescia).

Uno scenario affascinante che a Rulli e Petraglia, che sono nel pool di sceneggiatori anche di questo film, aveva già fornito un eccellente materiale per la rievocazione fedele e appassionata di 'Romanzo di una strage' (su piazza Fontana) ma che qui resta solo sullo sfondo. La storia narrata è infatti unicamente familiare, tutta racchiusa nel rapporto fra un aspirante artista d'avanguardia, che cerca il successo con improbabili performances dal vivo, e la moglie, che vive una vita troppo tranquilla con i due bambini nati dal rapporto, e non lavora. Nel più grande dei due (dieci anni) si identifica lo stesso regista Luchetti, che infatti si fa voce narrante, a farci capire che quelli sono proprio i suoi genitori.

Da questa situazione familiare in apparenza banale (compresi i fugaci tradimenti di lui con le sue belle modelle tutte nude, di gran moda all'epoca) si sviluppa per tutto il corso del film il complicato rapporto fra i due coniugi, con i due bambini a loro volta sempre al centro della scena. L'altra complicazione d'epoca è il femminismo, che viene a cambiare nel profondo la vita di lei, che inaspettatamente finisce in vacanza nella Camargue senza di lui e accostandosi al femminismo si ritrova a sorpresa alle prese con un rapporto sentimentale con una donna, ipotesi prima nemmeno presa in considerazione.

Niente vicenda privata inserita in una complessa trasformazione collettiva, però, alla fine: tutto si svolge fra Roma, il piccolo ambiente artistico milanese d'avanguardia, la costa francese e quella romana e nel rapporto fra il nostro artista e l'ingenua moglie, che si ritrova però inconsapevolmente a fare la parte della 'trasgressiva'. I bambini assistono a tutto, non capiscono e cercano di limitare i danni. La storia degli anni '70 c'è ma solo per fugaci accenni, siamo alla fine pienamente nel rapporto di sempre fra matrimonio e tradimento, fra famiglia e amore libero, fra conformismo e quella libertà sessuale cui tanto si ambiva a quei tempi.

Per questo 'Anni felici' è alla fine un film di attori, quasi esclusivamente di attori: Kim Rossi Stuart si impegna molto per rendere credibile il confuso e spiantato avanguardista che, dopo averci provato per una vita, trova il successo nel momento più inaspettato; Micaela Ramazzotti è tenera e eccellente e affronta con disinvoltura anche le scene di amore lesbico, che magari ancora un po' impressionano al cinema; il dubbio è che riesca un giorno a interpretare con altrettanta bravura un personaggio diverso dalla 'romana buona e ingenua'di sempre ma qui la aspettiamo ad una prossima prova di tipo diverso.

Felicissime le scene dei finti 'super 8' d'epoca sulle vacanze girati dai bambini: un bell'inserimento di colori e di umori degli anni '70 che Luchetti si concede forse per farci capire come mai abbia poi fatto il regista e che culminano persino con un Carosello Kodak dell'epoca.

Chi ci ha colpito di più, però, sono i due bambini, perché i due bravissimi mini-interpreti sono proprio loro: i bambini, né più né meno. I bambini di sempre, vivaci e inquieti, allegri e fantasiosi, fragili e tanto bisognosi d'amore: sono loro - ci pare - la vera forza del film, due bambini che con enorme naturalezza sembrano proprio 'quei bambini'. Un piccolo miracolo di spontaneità, che quasi incanta.

Pubblica i tuoi commenti