Il film di Daniele Vicari racconta con grande efficacia emotiva un ennesimo punto oscuro della nostra storia recente: l’assalto della Polizia alla scuola ‘Diaz’, all’epoca del G8 a Genova, nel 2001.

In un'Italia che non fa mai davvero i conti con i propri errori e tantomeno con i propri orrori non già del presente ma neppure del passato, questo film ha fatto sensazione per il suo coraggio di affrontare una tematica scomoda per definizione che tuttavia risale a ben 11 anni fa, ovvero quella di ciò che accadde nel corso e dopo il G8 di Genova del 2001, con l'assalto devastante e violentissimo della Polizia alla scuola Diaz, dove soggiornavano pacificamente tanti giovani convenuti per contestare legittimamente i 'potenti del mondo' a convegno. Una irruzione che fece sensazione per lo spaventoso carico di violenza gratuita su ragazzi (e non solo) inermi che comportò e per il complesso accertamento delle responsabilità nell'ambito della Polizia e dei responsabili dell'ordine pubblico nell'occasione, anche a livello politico, perlomeno in termini di 'copertura'. Il tutto di fronte al mondo intero, visto che quei ragazzi no global, non pochi dei quali furono anche sottoposti successivamente a Bolzaneto a trattamenti molti simili a torture da Stato totalitario, erano delle più vari nazionalità.
Su questa terribile vicenda in molti hanno semplicemente chiuso gli occhi, allora e anche dopo, e di sicuro non sono stati fatti i conti all'interno della Polizia e dei responsabili dell'ordine pubblico, visto che nessuno di quanti erano a Genova in posizioni di responsabilità sembra aver subito conseguenze in termini di carriera e di posizione nell'ambito lavorativo. La magistratura ha invece meritoriamente avviato inchieste e svolto processi, che hanno però solo scalfito una sorta di 'voglia di dimenticare' quei fatti e quelle colpe, una tendenza che è, appunto, tipicamente italiana.
Per questo il film di Vicari è importante, anche se non pochi hanno sottolineato che poteva o forse doveva essere fatto prima, quasi che il nostro cinema potesse in qualche dimostrare tempestivamente al mondo che l'Italia non è solo quella spaventosa che si espresse quella sera nell'assalto alla Diaz. Eppure Vicari e il produttore Procacci devono aver penato non poco per riuscire nell'impresa e l'hanno probabilmente vissuta come un 'dovere civile', anche a distanza di tempo.
Il film sceglie la via della 'ricostruzione corale' degli eventi raccontando soprattutto propositi e desideri dei ragazzi di tanti Paesi convenuti a Genova e alternando i racconti delle loro vicende con immagini quasi di stile documentario su quel che fece da 'grande sfondo' a questa loro esperienza (gli scontri, le misteriose Tute Nere, l'atmosfera cupa e oppressiva di quei giorni); in alternanza con queste storie ci sono le vicende interne invece alla Polizia, con i vari capi all'opera e con Claudio Santamaria a impersonare con bravura il tratto del poliziotto 'responsabile', che prima non carica i manifestanti “per non fare 30 morti” e poi all'interno della Diaz, di fronte al massacro urla 'Basta!' e impone lo stop ai propri uomini.
Di spessore e emotivamente molto efficace, poi, la ricostruzione, da vari punti di vista, proprio dell'assalto e del 'massacro' di quanti erano quella notte alla Diaz.
Il tutto ha una sua indubbia valenza narrativa per rievocare gli eventi e farli 'vivere' agli spettatori, che fa perdonare qualche bozzettismo forse di troppo (il 'tenero' sindacalista anziano della Cgil accanto i giovani, la visita di un commosso direttore al giornalista Elio Germano all'ospedale, dopo che lui si era trovato un po' per caso a vivere gli eventi direttamente da protagonista-vittima; piuttosto c'è da chiedersi per quale eccesso di prudenza il quotidiano coinvolto venga definito 'Gazzetta di Bologna' e non correttamente 'Il Resto del Carlino'), a favore di una vera presa emotiva.
Tuttavia resta un interrogativo: perché ci sia la rinuncia pressoché totale del regista, degli sceneggiatori e del produttore a interrogarsi sulla 'dimensione politica' degli eventi, che pure fu di non poco conto, visto che Berlusconi si era appena riinsediato a Palazzo Chigi e che a Bolzaneto (su cui pure il film ci offre un commosso 'capitolo') andarono diversi politici, garantendo che lì non accadeva nulla di illecito. Il film sembra voler ignorare volutamente, magari a scanso di polemiche improprie, questa parte della vicenda (si vede solo per un attimo in Tv un Berlusconi che parla del G8) e lascia aperte tutte le strade per spiegare nel profondo che cosa realmente accadde in quel luglio maledetto.
Non è un caso, riteniamo, che neppure dal film si capisca (neanche a livello di ipotesi) chi realmente all'interno della Polizia abbia deciso quel blitz sanguinario e perché. Sembra quasi l'effetto di una deriva che avviene sì per progressiva irresponsabilità e desiderio di vendetta di qualcuno ('i miei uomini stasera non li tengo più' - dice uno dei capi dei poliziotti) ma anche in parte per semplice incomprensione di dove poteva portare il desiderio di 'dare una lezione a quelli là', una brutalità effetto parziale di stanchezza, di esasperazione, assieme a qualche torbida manovra di non chiara matrice.
Il film sembra voler evitare di spiegare tutto questo, limitandosi a dare un testimonianza di quel che accadde e già così ha una sua potenza espressiva formidabile. Magari il resto della storia preferisce lasciarlo agli storici, ormai.