Il film di Sergio Rubini vuol essere una ‘commedia all’italiana’ meno banale del solito e punta sui modelli americani di ‘sophisticated comedy’. Non tutto gira al meglio ma il tentativo è apprezzabile e il film abbastanza divertente.

Lillo Pasquale Petrolo (sì, proprio quello di Lillo & Greg), o meglio il suo personaggio nel film Biagio Bianchetti, nella vita ha un incubo: quello del compagno di scuola Ottone, che ha sempre prevalso in tutto su di lui, dalle donne agli affari (soprattutto), rendendogli impossibile qualsiasi impresa. Biagio allora decide per il suicidio, mica troppo convinto però, per la verità. Arrivato legato al fatidico masso sulla riva, prima di buttarsi inciampa però in un chiodo sul molo e finisce anticipatamente in acqua, andando a fondo.
L'al di là si rivela pieno di sorprese: accompagnato in taxi da un divertito Enzo Iacchetti, Biagio non ha fortuna anche al 'Centro Smistamento' dei trapassati e viene destinato al piano interrato, quello meno 'confortevole'.
A questo punto però interviene quello che in un film di questo tipo nel passato poteva essere raffigurato come 'un angelo', travestito originariamente da barbone (è una parte che il regista Sergio Rubini riserva a sé), a certificare che prima di morire Biagio aveva compiuto un atto di grande generosità nei suoi confronti. Gli viene allora assegnato un 'bonus': potrà tornare in vita per pochi giorni, nei panni di un'altra persona a sua scelta, per verificare se la sua 'vita eterna' potrà in seguito cambiare.
Biagio sceglie di impersonare una strana figura di finanziere ascetico di successo italo-americano, Dennis Rufino, alleato in affari del suo arci-nemico Ottone, con il chiaro scopo di vendicarsi su di lui, facendogli andare a male il business. Ma la 'sostituzione' (che ricorda da vicino grazie alle insistite e divertentissime scene agli specchi il precedente film di Rubini 'L'anima gemella', con Violante Placido e Valentina Cervi) si rivela assai più complicata del previsto e si arricchisce di risvolti di ogni tipo, da quelli relativi alle rispettive mogli alla psicanalista nevrotica amica di Ottone, alle crisi di coscienza e alle ansie esistenziali in genere dei vari personaggi.
Alla fine, ci sarà una sorpresa ulteriore che non staremo a rivelarvi, per non rovinarvi l'eventuale 'stupore'.
Quella di Rubini è una commedia brillante, strapiena di gag e condotta con un grande ritmo, e fa riferimento a ascendenti illustri americani, da Frank Capra e Ernst Lubitsch, piuttosto che, stavolta, alla consueta 'commedia all'italiana', tanto che di satira politico-sociale stavolta ce n'è ben poca (e non lo diciamo in senso negativo), virando così sul tema di un'elegante vicenda surreale, ispirata al modello della 'sophisticated comedy' di stampo anglosassone.
L'idea è buona, soprattutto perché si cambia un po' registro rispetto ai soliti canoni del nostro cinema comico, anche se non tutto gira alla perfezione (strana e poco comprensibile è, per dire, la presenza di Carlo Marx nel Centro Smistamento dell'al di là), forse perché non è semplice per il bel team di attori impegnato nell'occasione cambiare pelle rispetto ad altre occasioni e impegnarsi in un genere che in Italia conosciamo ben poco.
Il film infatti, pur ben girato e costruito, è tutto basato su di loro, sulle doti degli attori, e sulla capacità di divertire e divertirsi: se Lillo riesce finalmente a mostrare in proprio doti di buon interprete, è Neri Marcorè a impersonare con molte sfumature e 'umori' la figura di Ottone. Tocca invece a un bravo Emilio Solfrizzi la parte di protagonista e lui fa allora grande sfoggio di varie 'facce d'occasione', si dimostra capace di sostenere mille sorprese e colpi di scena, si impegna persino nell'interpretare una doppia personalità.
Meno felice ci pare stavolta la prova di Margherita Buy, bene invece nella consueta parte un po' 'isterica' Valentina Cervi, rediviva una Vanessa Incontrada che impersona una moglie di Lillo forse un po' troppo angelica, divertente il cameo di Gianmarco Tognazzi boss mafioso.
Sergio Rubini è un bravo attore e un regista attento e vitale. Stavolta lascia l'amata Puglia e gli ambienti paesani che così ben conosce girando il film (forte anche di un felice titolo) completamente a Roma, città che domina la scena dall'inizio alla fine. Il suo film, prodotto da Rai Cinema e 01 a cura di Fandango, è un 'tentativo di genere' da apprezzare e per quasi due ore riesce a strappare diversi sorrisi. Non è poco, di questi tempi.