Recensione: ‘Piccola impresa meridionale’

Rocco Papaleo ci riprova con il cinema, dopo la simpatica esperienza di ‘Basilicata coast to coast’. Ma il suo secondo film proprio non decolla, a causa della mancanza di una sceneggiatura credibile. E si ride anche poco…

Dispiace bocciare il film di un personaggio tutto sommato simpatico come Rocco Papaleo, che come caratterista ha avuto molti meriti nel cinema italiano e anche a Sanremo in fondo se l'è cavata bene. Tanto più che un film picaresco, simpaticamente 'folle' e 'campanilistico' come 'Basilicata coast to coast' ci aveva fatto sperare nell'inizio di una carriera di regista positivamente 'fuori dagli schemi', da 'uomo del Sud' fiero di esserlo.

Prometteva bene, dunque, almeno nel titolo, questa 'Piccola impresa meridionale', vagamente ambientata in un magnifico Salento (ma, per ringraziare la Sardegna Film Commission, che ha collaborato, pare si sia girato nell'isola) che riuniva al Sud un gruppo di personaggi variamente assortiti che finivano a vivere insieme in un faro con annessa splendida masseria, riunendosi attorno al prete appena spretato Rocco Palaleo e scegliendo di unire le forze per fare di una sorta di 'armata Brancaleone' una bella aziendina meridionale, appunto.

Purtroppo la bella idea resta tale e lo svolgimento del tema è assai carente. Si sente moltissimo la mancanza in questo film di una sceneggiatura ben costruita, di una caratterizzazione più incisiva dei personaggi che di volta in volta vengono alla ribalta, di una 'spina dorsale', diremmo, che dia un senso alla pellicola. Tutto rimane così al rango di scenette che si succedono l'una all'altra senza molto costrutto, rimanendo sempre alla superficie delle situazioni e facendo anche poco ridere. Insomma, emerge una mano troppo debole nella costruzione del film e nella regia, come se si fosse fatto tutto in modo un po' 'leggero', superficiale e non esattamente professionale.

Risulta sprecata persino Giuliana Lojodice, che - magnifica interprete com'è - accetta di dare una sua caratterizzazione al personaggio di una madre di famiglia pugliese severa e parolacciara al tempo stesso, che però alla fine si rivela buona e comprensiva. Il resto della compagnia cerca di darsi da fare in qualche modo, nei limiti del tipo di personaggio che viene assegnato a ciascuno: Scamarcio, in particolare, accetta di farsi dare del cornuto per metà film e accenna a cantare, Barbora Bobulova, invece (che col Sud ovviamente non c'entra nulla), canta di più e meglio e non perde l'occasione per mostrarsi quanto mai vitale, sorridente (dopo molti film drammatici) e ancora molto bella, tanto da sfoggiare pure qualche nudo, forse per dimostrare la perdurante avvenenza fisica.

Prodotto da Warner Bros e dalla Paco Cinematografica, il film non dà molti altri spunti, a meno che non si vogliano considerare tali la presenza di una prostituta allegra, solare e fiera di esserlo (in tempi di escort dilaganti) che però alla fine sceglie l'amore e la storia d'amore lesbico, che ormai al cinema si vede un po' dappertutto, tanto per colorire un po'.

In mancanza di idee Papaleo non trova di meglio che puntare sulla musica, come detto, che non serve per la verità a migliorare la situazione. La Bobulova si cimenta molto bene in un vecchio e un po' dimenticato successo della Caselli, 'Sole spento', ma a guastare prematuri entusiasmi ci pensa Scamarcio, che accenna a cantare la famosa canzone della 'foca', da tempo cavallo di battaglia di Papaleo. A quel punto sembra di essere al Sanremo del 2012 con appunto Papaleo in scena a mimare l'animale, trascinando pure il pubblico.

Purtroppo siamo invece al cinema e il grande schermo (e il pubblico pagante) richiederebbero ben altro. Ma Papaleo, per questa volta, non riesce proprio a darcelo.

Pubblica i tuoi commenti