Recensione: ‘Tutti i santi giorni’

Forse solo Virzì poteva riuscirci: prendere due attori ‘outsiders’ e costruire completamente su di loro una vicenda d’amore e costume molto godibile. ‘Tutti i santi giorni’ è un film molto ‘diverso’ dagli ultimi di Virzì ma si vede con vero piacere.

Con questo film Paolo Virzì conferma di nuovo le sue qualità di regista, vero erede, forse, della grande tradizione della commedia all'italiana, che non è solo di Monicelli o Risi ma - non lo si dimentichi - anche di maestri come Ettore Scola. È evidente la sua eccellente capacità di mettere in scena nel modo migliore vicende quotidiane del nostro Paese, virando come logico sul piano 'brillante' - quello comico, in cui il nostro cinema ha una tradizione decennale - ma fornendo anche ampie occasioni di riflessione sull'Italia e sugli italiani di ieri e di oggi. Evidente anche la sua bravura nel trarre il meglio dai suoi attori, anche quando si tratta di sconosciuti.

E i due protagonisti assoluti, per la quasi totalità del film, non sono certo volti noti: lui è Luca Marinelli, attore giovane visto praticamente solo nella 'Solitudine dei numeri primi', lei è addirittura una 'non attrice': si tratta di una musicista un po' “d'élite' (almeno per ora), una cantautrice delicata e intensa che a noi ha ricordato la 'prima' Elisa (canta in inglese, infatti). Parliamo di Thony, ovvero, Federica Victoria Caiozzo, vera scoperta di Virzì che ha avuto l'accortezza non solo di sfruttarne il volto simpatico e impertinente e la spontaneità nell'affrontare l'improvvisa carriera di attrice che le è stata offerta ma anche di farle interpretare un personaggio in cui poteva almeno in parte identificarsi facilmente, ovvero quello di una (sbandata) cantautrice da locali e localini.

La vicenda è infatti intima, una storia d'amore a due che vede un razionale, intelligente, generoso e tenero Guido alle prese con la irruenta, scostante, nevrotica, sessualmente fin troppo disinvolta ma a sua volta fragile e in cerca di vero amore Antonia (si noti la somiglianza con il nome d'arte Thony). I due formano una coppia complicata ma in fondo affiatata e soddisfatta (anche dal punto di vista sessuale) e per stare insieme hanno rinunciato ciascuno a una parte delle proprie passioni e ambizioni: lui, coltissimo e appassionato di lingue, storia e cultura classica e anche nientemeno che di agiografia protocristiana, con possibili gratificanti impieghi in Italia e all'estero, fa invece il portiere di notte in un hotel, lei, pur non rinunciando al canto, si arrangia con un impiego in un autonoleggio.

Il film, distribuito dalla 01 della Rai (pare che Medusa abbia in precedenza rinunciato all'opera) e prodotto dalla Motorino Amaranto dello stesso livornese Virzì, si dilunga poi sulla lunga ricerca di un figlio da parte della coppia, che non si sa perché non riesce a coronare questo sogno e per questo si strugge e in parte si distrugge, fra improbabili ginecologi del Papa, spermiogrammi, fecondazioni più o meno assistite e presunte cliniche specializzate. Poi i due finiscono per lasciarsi e lei riprende una vita sbandata ma il lieto fine è in agguato: la generosa rincorsa di lui alla compagna viene coronata da successo e se magari non ci sarà un figlio, anche l'affetto di un cagnolino potrà supplire egregiamente.

Questo riassunto non rende evidentemente giustizia alla brillante sceneggiatura che, senza perdersi in troppi fronzoli di contorno, racconta la storia della coppia con un susseguirsi di gag, situazioni esilaranti e battute efficaci (magari non sempre, perché evidentemente non siamo in un film 'perfetto') che divertono sicuramente il pubblico, portato istintivamente a simpatizzare per Guido e il suo grande amore per Antonia, che lui ha salvato da una vita 'scellerata' mentre lei, a sua volta, sembra aver salvato lui da una vita di solitudine.
E il tutto funziona proprio per la riuscita scelta di Virzì dei due attori protagonisti e per averli fatti recitare al meglio delle loro possibilità.

Siamo lontani - s'intende - dalla efficacissima - proprio perché divertentissima - critica sociale di 'Tutta la vita davanti' e dalla capacità di raccontare in modo mirabile vicende personali e collettive di 'La prima cosa bella'. Ma l'insieme è ugualmente molto godibile. E ci sono momenti in cui Virzì dà davvero il meglio di sé e sono - ci pare - quelli delle 'figure di contorno': le due famiglie di origine, quella toscano-americana di Guido e quella siciliana di Antonia, sono ritratte in pochi fotogrammi ma in modo efficacissimo; il ginecologo napoletano che dà della attempata alla 33enne Antonia è un altro personaggio pienamente azzeccato; né vanno dimenticate le hostess germaniche che si divertono come pazze del tedesco antico sfoggiato imprevedibilmente dal portiere di notte Guido.

E poi c'è quello che potrebbe essere un omaggio di Virzì alla moglie Micaela Ramazzotti. La vicina di casa di Guido, perennemente incinta ma alle prese con un compagno buzzurro che vorrebbe tanto sostituire con il dolce Guido, è una tenera 'coatta' che ricorda almeno in parte lo splendido personaggio della ragazza madre 'sbandata' di 'Tutta la vita davanti'. Alla fine un altro 'asso vincente' del film di Virzì.

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