Recensione: ‘Un giorno speciale’

Un film simpatico e solo in apparenza ‘leggero’ per Francesca Comencini, che racconta, con totale aderenza ai suoi personaggi, una giornata speciale di due ragazzi di oggi.

Diciamo la verità: con le figlie di Luigi Comencini facciamo in parecchi una gran confusione. Ebbene, per riepilogare solo un attimo, Luigi Comencini ha avuto quattro figlie, tutte impegnate a vario livello nel mondo del cinema e dello spettacolo. Due sono le registe, anche diverse fra loro per stile e scelte espressive: Cristina e Francesca, quest'ultima anche documentarista e entrambe sostenitrici del movimento 'Se non ora quando?' di buona memoria.

In questo caso ci occupiamo dell'ultimo film di Francesca, un lungometraggio insolito per trama e tipologia prodotto da Carlo Degli Esposti che con la sua Palomar ha deciso di impegnarsi con cura anche nel campo del cinema (si ricordi 'Noi credevamo', tanto per capire il tipo di scelte di Degli Esposti). La distribuzione è della Lucky Red di Andrea Occhipinti.

Anche questo film è atipico. Racconta ' da vicino' (stando addosso con la macchina da presa ai due personaggi, che da soli tengono la scena per quasi tutta la pellicola) due giovani, due ragazzi come tanti, neanche tanto arrabbiati con il mondo, che vivono, nella tristissima realtà di oggi, una loro 'giorno speciale'. Lei, 'bella come il sole' agli occhi di mamma, vuole fare l'attrice e qualche qualità (non solo fisica) non le manca. Ma per abbreviare il percorso professionale e magari finire direttamente in Tv, lei (e soprattutto la famiglia) hanno pensato bene di imporle un 'piccolo' sacrificio: intrattenere con le sue arti femminili un momento di pausa o di tempo libero di un potente politico.

La ragazza non vorrebbe aderire alla richiesta e alla fine, solo malvolentieri, accetta, per quel giorno di andare nel 'Palazzo' per il 'piccolo sacrificio'.

Viene a prenderla con una macchina blu d'ordinanza un altro ragazzo che vive una giornata particolare: proprio quel giorno è stato assunto in quel ruolo di 'autista di fiducia' che la famiglia, grazie al parroco della loro chiesa, è riuscita alla fine a trovargli (ai danni di altri concorrenti, ovviamente poco felici della circostanza). I due dovrebbero trascorre insieme poco tempo, quello necessario ad andare dalla piazza dove la ragazza e la madre si sono fatte trovare (forse per non far venire la macchina blu nel loro modesto quartiere, che pure è “appena fuori dal raccordo anulare”) al Palazzo, ma la vita politica è quella che è: al ragazzo, felice nella sua divisa nuova (lei è pure 'in ghingheri') e tutto preso in partenza dal suo nuovo ruolo di autista, arrivano sporadiche telefonate dal Palazzo che parlano di “improvvisi impegni”, riunioni, “vita di partito” da assolvere. Insomma, nel Palazzo di mattina non si può più andare e allora inizia un lungo girotondo in auto per Roma (ce n'è tantissima in questo film, è una vera coprotagonista dell'opera), fra negozi, centri commerciali, bowling, prati incolti, fredde periferie e, infine, le meraviglie del centro della Capitale con i suoi tanti turisti.

Nel frattempo i due ragazzi, che all'inizio si erano subito 'beccati', scoprono di avere, tirate le somme, una (infelice) sorte comune: sono due giovani di oggi, 'ostaggi' di un mondo quasi incomprensibile e crudele, che a loro riserva poco, quasi nulla e che non accetta neppure ribellioni. Entrati in una boutique esclusiva, la ragazza convince il compagno di avventure a rubare un prezioso abito ma la sensazione di libertà e felicità per l'atto eversivo compiuto dura un attimo: i vigilantes presto li trovano e la questione rischia di finire in tragedia.

Alla fine, solo la sera, nel Palazzo lei ci va, il politico pretende la 'mercede' pattuita e il ragazzo freme per lei. Nel finale sarà lui a ribellarsi, buttando all'aria la divisa, il lavoro, il suo nuovo dovere e scegliendo l'amore e la libertà.

La storia è insolita e il film anche e va detto che il tutto è molo meno banale di quanto può sembrare. Garantiscono all'opera freschezza e simpatia i due attori esordienti (lui non del tutto), Filippo Scicchitano e Giulia Valentini, bravi e in grado di identificarsi nei loro personaggi.

Un film carino, spontaneo e diverso dal consueto. Bene ha fatto Degli Esposti a produrlo, bene ha fatto la Comencini a sceneggiarlo (dal libro di Claudio Bigagli, 'Il cielo con un dito') e a dirigerlo.

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