Dispiace vedere sprecata soprattutto la simpatia ‘immediata’ di Silvio Orlando, che si rivede sempre con piacere anche al cinema, ma questo film riesce a sprecare anche altro, in particolare un soggetto non così banale in origine e che poteva essere trattato in un modo molto più originale e interessante.
Siamo nella zona, affascinante, delle cosiddette Dolomiti lucane, in particolare nel piccolissimo paese di Castelmezzano, che qui viene ribattezzato per ragioni ‘artistiche’ Pietramezzana; il paese è chiaramente ‘fuori dal mondo’, una strada di collegamento è realmente franata (come si vede nel film) e una delle attrazioni estive è ‘Il Volo dell'Angelo’, ovvero il ‘trasferimento’ velocissimo di persone sospese in aria da Castelmezzano alla vicina Pietrapertosa, e viceversa; i malcapitati (in realtà siamo dalle parti delle ‘belle emozioni’, tipo parapendio o bungee jumping, rese ancor più suggestive dallo splendido paesaggio circostante) sono messi in sicurezza da un'apposita imbracatura e agganciati a un robusto cavo d'acciaio. Nel film, interamente girato in zona (la Basilicata non è solo Matera ed è proprio un set naturale straordinario), l’intero cast ha fatto l’esperienza, come si vede nel ‘dietro le quinte’ finale, e il Volo dell’Angelo viene ribattezzato ‘direttissima’, un modo non ‘ortodosso’ ma ardito e bellissimo per arrivare in paese.
Fin qui tutto bene, sembrerebbe, ma un film ha anche una sceneggiatura; purtroppo quella che Massimo Gaudioso - che sceneggiatore è e anche regista - ha voluto adottare è così banale e favolistica da sprecare il fascino della località e l’occasione di fare un buon lungometraggio. Si immagina dunque che il paese, oppresso da una ‘eterna’ cassa integrazione seguita alla chiusura della miniera locale, sia in cerca di fondi e di progetti imprenditoriali e che i suoi abitanti, capitanati da Silvio Orlando che riesce a farsi nominare ‘sindaco’, siano disposti a tutto per conseguire i loro scopi, anche perché hanno poco da perdere.
A Orlando nell’operazione si affianca una sgangherata combriccola, di cui fa parte in particolare il ‘distinto’ bancario Carlo Buccirosso; i paesani barano un po’ sulle condizioni richieste per ottenere la ‘fabbrica’ ma soprattutto devono risolvere il problema della presenza in loco di un medico, che proprio non c’è più. Così viene alla fine ‘convocato’ in zona un chirurgo plastico milanese disposto a nuove esperienze: è Fabio Volo, allibito all’inizio per dove è finito ma poi fatalmente attratto dalla vita e dalla gente locale, oltre che dalla bellezza del posto.
Ecco, qui cominciano i guai, perché lo svolgimento del tema viene rigorosamente realizzato sulla base di ‘format’ già conosciuti e anche risaputi: c’è di mezzo - pare - un film franco-canadese del 2003, ‘La grande seduzione’ e proprio questo doveva infatti essere anche il titolo italiano del film; poi si è cambiato la forma (il titolo) ma non la sostanza.
Ora, che bisogno ci sia di un format straniero (francese) nel cinema italiano sembra arduo dirlo, ma se vi viene in mente proprio ‘quello’, avete davvero indovinato. Ebbene sì, lo scopo che si voleva conseguire sembra proprio essere quello di bissare il clamoroso successo della riedizione italiana (che era poi addirittura il rispetto rigoroso della sceneggiatura originale, trasferendo solo i luoghi) del film francese ‘Giù al Nord’, ovvero, da noi, ‘Benvenuti al Sud’, che poi, siccome il filone sembrava a un certo punto inesauribile, ebbe anche il successivo infausto seguito di ‘Benvenuti al Nord’, a parti invertite.
Se in ‘Benvenuti al Sud’ gli stereotipi già abbondavano (in ‘Benvenuti al Nord’ si ricreavano poi situazioni milanesi addirittura di decenni fa), anche qui non si va sul leggero: i paesani sembrano, più o meno, statuine del presepio; sono, manco a dirlo, in fondo buonissimi d’animo, mentre si ripropone qui ancora la situazione del ‘moderno nordista’ sbarcato nel Sud ‘medievale’, che però poi si rivela fatalmente meglio della modernissima metropoli lasciata. Tutto molto risaputo, ma nel film, prodotto da Cattleya con Rai Cinema, si pretende che ci si diverta ancora molto a rivedere questo tipo di ‘gag’, anche in presenza di idee grottesche, come la finta squadra di cricket o le azioni di ‘spionaggio elettronico’ di comari del paese improvvisatesi detective.
Quando poi Fabio Volo telefona alla fidanzata a Milano ma non la trova e si rivolge al migliore amico, si può scommettere tranquillamente su come andrà a finire. Non manca però per il nostro medico in trasferta il nuovo amore e siccome siamo in una vera favola, lui incappa nientemeno che in Miriam Leone, che incredibilmente fa la barista proprio a Pietramezzana.
Ancora, sembra persino di cogliere - ma magari è solo una nostra impressione - alcuni riferimenti alla cinematografia italiana di successo del passato, da ‘Pane, amore e fantasia’ a ‘Il medico della mutua’, con i paesani che corrono a farsi visitare dal nuovo medico e hanno tanti acciacchi, s’intende.
Insomma, anche a voler essere indulgenti, dopo un po’ si perdono la speranze: tutto nel film è troppo prevedibile, banale, ‘esagerato’ per divertire davvero. L’unica speranza è che stavolta ci risparmino un successivo ‘film parallelo’ da girare proprio là, ‘su al Nord’.