Renzi apra il cantiere della Tv

Editoriale giugno 2014 –

Dunque, una quota di minoranza di RaiWay sarà venduta entro breve tempo per cercare di far recuperare alla Rai un po’ di soldi, tali da compensare i fondi venuti a mancare per il provvedimento del Governo, che a sua volta aveva il problema di trovare la copertura dei famosi 80 euro in busta paga. Non staremo a replicare la polemica dello scorso editoriale (l’assurdità del provvedimento governativo è stata evidenziata anche dall’UER), ma facciamo osservare che una cosa molto seria come la proprie…

Dunque, una quota di minoranza di RaiWay sarà venduta entro breve tempo per cercare di far recuperare alla Rai un po' di soldi, tali da compensare i fondi venuti a mancare per il provvedimento del Governo, che a sua volta aveva il problema di trovare la copertura dei famosi 80 euro in busta paga.

Non staremo a replicare la polemica dello scorso editoriale (l'assurdità del provvedimento governativo è stata evidenziata anche dall'UER), ma facciamo osservare che una cosa molto seria come la proprietà degli impianti di trasmissione (per giunta della Radio e Tv pubblica) viene messa in campo per una situazione d'occasione che nulla ha a che vedere con decisioni strategiche e con le riforme di cui il Governo si riempie la bocca. In compenso qualcuno 'accarezza' ipotesi magari anche interessanti (RaiWay come struttura di servizio che diffonda, se sarà il caso, anche i programmi delle Tv locali) ma buttate lì, senza alcun serio disegno complessivo di riforma del mondo televisivo, almeno per quel (poco) che si capisce.

Non vorremmo che la stessa cosa capitasse ora con gli altri intenti illustrati da un Presidente del Consiglio che dovrebbe far capire una buona volta che idea di riforma del mondo televisivo abbia in mente. Per adesso si sono sentiti solo propositi, anche buoni, ma sempre lanciati ai quattro venti con veemenza, come se ci fosse qualcuno (l'attuale Rai, si capisce) da punire.

Renzi dice, più o meno: la Rai è troppo grossa, ha troppi dipendenti, troppe strutture e troppe sedi, spende troppo e spreca tanto, ha avuto finora un rapporto organico con i partiti che va reciso e di fatto è strutturata ancora sulla base della legge di riforma del 1976. Analisi giusta, condivisibile, ma quel che è ancora più importante è che il modello Rai è sempre più isolato in un'Europa che sta cercando un po' nel suo complesso di trovare un nuovo senso alle reti di servizio pubblico.

Il punto è infatti che la Rai, se effettivamente nelle sue parti essenziali è tuttora contrassegnata dalla suddivisione decisa dai partiti negli anni '70 (all'epoca, RaiUno e Tg1 alla Dc, RaiDue e Tg2 al Psi e RaiTre e Tg3 al Pci), ha anche da sempre una doppia fonte di finanziamento che ne fa un gruppo, di fatto, con una doppia anima, ovvero canone e pubblicità al contempo. Da anni ci si scervella su come contrassegnare i programmi di servizio pubblico e far notare invece come gli altri siano trasmessi per via della natura 'commerciale' della stessa Rai, che non può perdere troppi colpi sul mercato pubblicitario.

L'abbiamo detto molte volte negli anni scorsi ma se si vuole discutere di cosa sia ancor oggi la Rai non si può non porlo come punto essenziale: servizio pubblico e Tv commerciale spesso fanno a pugni fra loro e anche altri Paesi stanno cercando di ritrovare il senso della presenza di una Tv pubblica, come si diceva.

Sono problemi da affrontare con attenzione e consapevolezza della alta posta in gioco ma che - si ha invece l'impressione - vengono messi in campo con superficialità, puntando sui provvedimenti più 'facili' e 'popolari' (ma quanti sono i giornalisti delle sedi regionali Rai? - si butta lì - . Tanti, di sicuro, ma perché c'è questo modello?

La Rai si è strutturata così all'epoca della creazione delle Regioni negli anni '70).

Soprattutto manca la consapevolezza che la Rai è solo una parte di un sistema televisivo che è a sua volta profondamente da riformare, figlio com'è del conflitto di interessi (ebbene sì, ma Renzi non ne parla mai), quello che ha portato Mediaset ad avere a sua volta tre reti e a stracomandare in lungo e in largo, di fatto, sul mercato pubblicitario.

Per proseguire l'analisi manca lo spazio ma ci basta aver fatto capire come ci sia tanto da lavorare, se si vorrà davvero cambiare il mondo della Tv e dei media in Italia. Renzi apra un cantiere vero, trasparente e aperto a tutti, e eviti le facili sparate: quelle servono davvero a poco.

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