‘Report’ e l’orgia dei talk-show

Editoriale novembre 2012 –

Sì, stavolta parliamo – anche nell’articolo di copertina – dei ‘famigerati’ talk-show Tv, che stanno di giorno in giorno moltiplicandosi in vista delle elezioni e, a dir la verità, stanno somigliandosi sempre più. Sembra ormai lontanissimo il tempo in cui – in contrapposizione con l”ufficialissimo’ “Porta a porta” – c’erano solo Floris da una parte, con Crozza e un ‘salotto’ più orientato a sinistra, e Santoro dall’altra, con le sue ‘famose’ piazze, su cui avrebbe fatto bene a mettere un bel ‘m…

Sì, stavolta parliamo - anche nell'articolo di copertina - dei 'famigerati' talk-show Tv, che stanno di giorno in giorno moltiplicandosi in vista delle elezioni e, a dir la verità, stanno somigliandosi sempre più. Sembra ormai lontanissimo il tempo in cui - in contrapposizione con l''ufficialissimo' “Porta a porta” - c'erano solo Floris da una parte, con Crozza e un 'salotto' più orientato a sinistra, e Santoro dall'altra, con le sue 'famose' piazze, su cui avrebbe fatto bene a mettere un bel 'marchio di fabbrica'.

Perché quella formula è poi diventata onnipresente in Tv: non c'è più talkshow che si rispetti - a parte appunto 'Porta a porta' - che non abbia la sua bella piazza con striscioni e protestatari di turno, pronti a aggredire i malcapitati politici in studio. 'Mettetevi nei loro panni' - ha suggerito tempo fa qualcuno analizzando quello che è ormai un 'format' a tutti gli effetti - e provate a capire la situazione: stanno lì in piazza, all'aperto, spesso al freddo, e aspettano con impazienza di poter parlare, non sapendo bene quando ciò sarà possibile e chi potrà farlo; sono anche chiamati da chi allestisce i collegamenti a interpretare la parte degli 'incazzati' e perciò non hanno difficoltà a lasciarsi andare a invettive e sfoghi, un tempo intollerabili in Televisione e ora immancabili, anche su Mediaset, che con 'Quinta colonna' si adegua in pieno al genere e lasciamo stare quale sia lo scopo politico di questo tipo di comunicazione.

Destra e sinistra uniti nella lotta, viene da dire, e infatti c'è un Gianluigi Paragone, ex leghista e oggi in apparenza filo-grillino, con orecchino e orchestrina personale, che su RaiDue ogni venerdì notte gli arrabbiati se li porta direttamente in studio e li dispone belli aggressivi in platea, facendoli intervenire ai danni di pochi politici o 'analisti' al centro delle 'accuse', con preferenza per le solite famigerate banche e con il Governo Monti costantemente sul banco degli imputati. Tanto poi tutto finisce in gloria con la 'comica finale'.

Niente equivoci, non è un'accusa indiscriminata al genere: quel che vorrei evidenziare, pur essendo uno spettatore assiduo dei talk-show Tv, è che il format rischia da una parte l'inflazione e una triste omologazione, dall'altra potrebbe finire per non far capire più nulla del tema del giorno al pubblico.

L'obiettivo, infatti, sembra spesso essere quello dello 'spettacolo' a ogni costo, con i politici (che tantissime ne hanno combinate, lo sappiamo bene) alla sbarra e la gente a urlare contro di loro, con applausi e grida dagli spalti.

Grillo ci sta a meraviglia in simili format e la diffusione dei suoi comizi è infatti un altro punto fisso. Proprio lui che in Tv non vuole andare - e mette il veto ai suoi - sa che tanto ne trarrà lo stesso un vantaggio, perché la sua presenza sarà fortissima in ogni caso (quante volte abbiamo visto la nuotata fra Calabria e Sicilia, per esempio, in Tv?).

Sono riflessioni severe, forse troppo, perché i talk sono importanti e utili, non di rado anche ben fatti, ma che mi vengono naturali in rapporto a un genere ben diverso che la sola Milena Gabanelli sembra insistere nel voler portare avanti: l'inchiesta giornalistica, punto e basta. Lo si è visto nel caso di Di Pietro. Oggetto di 'implacabili' domande frutto di scrupolosa ricerca, il leader dell'Italia dei Valori è apparso in difficoltà e si è messo poi a evocare i soliti complotti e accanimenti ai suoi danni.

Niente di tutto ciò. Sabrina Giannini aveva solo condotto un'esemplare inchiesta sull'uso dei fondi pubblici nel suo partito (e non solo). Il terremoto in Italia dei Valori ne è stata la conseguenza.

Ecco, sarebbe utile che anche altri andassero alla ricerca dei fatti e dei misfatti, invece di convocare le solite piazze (a 'In onda' se ne sono viste due in una, addirittura, a Pomigliano), facendo alla fine il mestiere per cui sono pagati. Quello dei 'bravi' giornalisti.

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