Rete 4: interviene Di Stefano

Mentre “incombe” il decreto che dovrebbe dare un minimo di respiro a Rete 4, salvandola per l’ennesima volta, sulla questione interviene, con alcune interessanti osservazioni, Francesco Di Stefano di Europa 7.

Abbiamo visto nei giorni scorsi lo scenario - tutto da dimostrare e anzi al momento assai improbabile - della vendita di Rete 4 da parte di Mediaset, dopo che la legge Gasparri, all'ultimo momento, non è riuscita a tagliare il traguardo.

È doveroso dare spazio, in questo quadro, alle osservazioni, tutt'altro che peregrine, di Francesco Di Stefano, da ormai diversi anni aspirante "concessionario televisivo nazionale" dopo che al "permesso di trasmettere" per tutta Italia regolarmente ottenuto non ha corrisposto la possibilità di farlo, per la mancanza di frequenze su cui operare. La vicenda è molto nota, nella sua perdurante iniquità e con alcuni risvolti anche abbastanza "drammatici" (dal punto di vista economico) per lo stesso Di Stefano e la sua Tv e non staremo ad insistere nel raccontarla di nuovo.

Afferma dunque Di Stefano in un'intervista "senza rete" a "Repubblica": "Ho letto Fassino e viene da piangere: dice che Retequattro si può vendere. Ma Retequattro non ha la concessione, non può trasmettere, deve chiudere. Lo dice la legge, lo dice la Corte Costituzionale".

Ricordiamo allora come stanno effettivamente le cose: Rete 4 in effetti non ha la concessione ma solo un'atorizzazione "provvisoria" a trasmettere che originariamente doveva essere accordata in attesa del famoso "congruo sviluppo" del cavo e del satellite, mezzi su cui la rete doveva obbigatoriamente trasferirsi, prima o poi, a norma di legge, appunto. Ma quandoO Dopo che l'Authority (cui spettava la decisione) aveva un po' tergiversato, era intervenuta la Corte Costituzionale con la famosa sentenza di fine 2002, fissando appunto quale "termine ineludibile" quello del 31 dicembre 2003.

Ed ecco l'intervento della Gasparri a cancellare (operazione ovviamente legittima ma assai discutibile) tale termine ultimo, in considerazione della promozione di un immediato e forte sviluppo del "digitale terrestre", che moltiplica i canali in onda. Poiché però Ciampi ha rinviato alle Camere la Gasparri, la legge precedente resta in vigore e così pure ha piena applicazione la sentenza della Consulta. Per non ottemperare a tale obbligo resta ora l'arma del decreto legge in mano al Governo, appunto la cosa di cui si discute in questi giorni. Tutto questo per dire che Rete 4 non "deve chiudere", bensì (fino alle nuove disposizioni del decreto legge in via di approvazione, che però in un certo qual modo "cozzano" contro la sentenza della Consulta) andare sul satellite e/o sul cavo dal 1° gennaio 2004. Niente chiusura, quindi, e niente concessione, neppure, ottenuta in caso di vendita, cosa che comunque cambierebbe tutto lo scenario. Se infatti Mediaset cedesse Rete 4 e non avesse più tre reti, verrebbe meno il divieto di possederle, cosa che tuttavia effettivamente non cancellerebbe il fatto che Rete 4 non ha la concessione; tuttavia a quel punto si potrebbe (e forse sarebbe anche opportuno) tener conto, in qualche modo, di questa nuova situazione.

Il problema alla base è però ancora un altro e riguarda il fatto che le frequenze elettromagnetiche - bene prezioso e insufficiente ad accontantare tutti coloro che vogliono trasmettere, perlomeno in analogico - in Italia non sono assegnate dallo Stato (come accade un po' dovunque) ma semplicemente "sfruttate" da chi negli anni le ha sagacemente occupate, ovviamente investendo nell'operazione molto tempo e denaro. Il problema di Europa 7 - come sottolineammo già anni fa, subito dopo la "sopresa" della concessione nazionale ottenuta da Di Stefano - è che Europa 7 le frequenze non le ha e non le ha mai avute (tranne che nel Lazio e in Toscana, dove operano due antenne che allo stesso Di Stefano "fanno riferimento"). In sostanza, Europa 7, caso unico fra le Tv italiane avrebbe dovuto avere le frequenze dallo Stato e anche, ovviamente, gratis, in qualità di nuovo concessionario. Inutile sottolineare ancora, crediamo - e del resto già lo facemmo allora - la disparità con tutti gli altri editori e dunque la difficoltà di una simile operazione. Come i fatti hanno poi puntualmente dimostrato.

E infine un'ultima osservazione: Di Stefano ritiene che le frequenze di Rete 4 dovrebbero, dopo l'eventuale cessazione dell'attività in analogico dell'emittente, essere appunto assegnate a lui. L'operazione ha una base di legimittimità - e forse anche di logica - ma a nostro parere non è affatto automatica e si presterebbe anche ad obiezioni e opposizioni legali. Perché infatti non invocare l'assegnazione anche di altre frequenze (si pensi a quelle di Sky finite invece a Tarak Ben Ammar per fini non ancora del tutto chiari)O Fra l'altro la condizione di Prima Tv era analoga a quella di Rete 4 e Sky doveva obbligatorimente liberarsi di queste preziose frequenze entro lo stesso 31 dicembre...

Tutto questo per dire come le cose in Italia siano sempre non solo complicate ma anche assai poco chiare; a determinare quel che succede è così quasi sempre lo "stato di fatto" creatosi nell'etere. Temiamo che per Di Stefano le speranze, almeno a breve, restino pochine...

Mauro Roffi

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