Rilasciate le frequenze Tv per vent’anni

Di recente sono insorte polemiche sulla decisione del Ministero di Corrado Passera di rilasciare alle emittenti le assegnazioni definitive ventennali per le frequenze. Qualcuno l’ha sparata lì: “Regalo a Mediaset”. Ma si tratta di un obbligo di legge e di polemiche fuori luogo…

Tutte le perplessità in merito a questa decisione sono state correttamente riportate dall'articolo “Frequenze Tv ventennali” di Marco Mele apparso qualche giorno fa sul 'Sole 24 Ore':

«È in corso il rilascio delle assegnazioni definitive dei diritti d'uso alle televisioni nazionali da parte del ministero dello Sviluppo. A ruota dovrebbero seguire le televisioni locali, a partire dalla Liguria. È un atto previsto dalla legge, ma vi sono cinque o sei buoni motivi per non affrettare i tempi come si sta facendo. Mentre, tra l'altro, la nuova Agcom non si è ancora insediata: il consigliere Nicola D'Angelo, in carica con quella uscente, ha scritto una lettera per denunciare come tale assegnazione comprometta il futuro dello spettro nazionale.

L'assegnazione "definitiva" è prevista dalla legge 220 del 31 dicembre 2010, la finanziaria di Giulio Tremonti, precisata dalla 75 del 2011. Entro il termine previsto per il passaggio al digitale in tutte le regioni, fissato al 30 giugno di quest'anno (si è andati qualche giorno più in là), il Ministero rilascia tali autorizzazioni. Con le nuove direttive europee recepite anche dall'Italia è in vigore la neutralità tecnologica: chi, come Mediaset, ha un multiplex autorizzato a trasmettere per lo standard DVB-H, destinato ai telefoni cellulari e ormai defunto, potrà ottenere in brevissimo tempo quella per trasmettere in DVB-T e arrivare a tutti i televisori.

Il primo dei motivi per cui sarebbe stato meglio, da parte del Ministero, attendere prima di rilasciare autorizzazioni per vent'anni (la tv è equiparata alle Tlc) che congelano l'uso dello spettro - nonostante la clausola di salvaguardia inserita nelle autorizzazioni - è il mancato coordinamento internazionale con i Paesi confinanti. Si rischia di autorizzare frequenze, come quelle che ha il gruppo l'Espresso sull'Adriatico, che non saranno mai "registrate" a Ginevra, ovvero riconosciute a livello internazionale, senza l'accordo della Croazia. Chi ha frequenze già "coordinate" a Ginevra non avrà questo problema.

Secondo: appare impossibile assegnare alle tv locali le frequenze definitive quando molte di loro ancora occupano, nelle regioni passate al digitale prima della fine del 2010, escluse Sardegna e Val d'Aosta, frequenze i cui diritti d'uso sono stati venduti all'asta alle compagnie telefoniche e non sanno ancora su quali trasmetteranno.

Terzo: la Rai ha delle frequenze non coordinate: se le avrà assegnate sarà la prima volta che non potrà registrarle a Ginevra. Questo, mentre in molte regioni passate al digitale la ricezione dei canali Rai è spesso proibitiva (… la denuncia del presidente della Basilicata). Sarebbe urgente, prima di procedere alle assegnazioni definitiva, sistemare le frequenze utilizzate dalla Rai.

Quarto: ci sono situazioni di contenzioso aperto: Europa7 ha ottenuto dal Tar Lazio - il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso del Ministero - il rispetto dell'accordo siglato con il Ministero stesso che le assegna frequenze integrative rispetto al canale 8 VHF, necessarie a coprire l'intera popolazione.

Un altro motivo, forse il principale, è che, la banda 700 MHz è stata destinata, in sede internazionale, ad essere utilizzata anche per la banda larga mobile a partire dal 2015. Senza quei canali si ridurrebbero di un terzo quelli a disposizione della Tv terrestre.
Un'assegnazione ventennale a chi vi opera renderà difficoltosa la loro destinazione alla banda larga. Assegnare canali "equivalenti" a chi vi opera, per fare un'altra gara, vorrebbe dire rivedere tutti i criteri di assegnazione alle Tv, compresa la riserva di un terzo alle locali».

Corretto, molto preciso in certe indicazioni, come anche le parallele perplessità espresse da Antonio Sassano, uno specialista della materia, e da Stefano Carli su 'Affari e Finanza'. Riteniamo però che si tratti di polemiche che non possono portare a nulla. Il Ministero era obbligato dalla legge a rilasciare queste assegnazioni e non farlo avrebbe dato adito a sicuri ricorsi a pioggia, alimentando ancora l'incertezza in un settore che incognite è già stracolmo. Le Tv locali, almeno, ora hanno un'arma in più sul piano legale per combattere per una durissima sopravvivenza.

Ci pare giusto, in sostanza, quanto apparso in merito sul periodico 'Radio & Tv Notizie' della Frt:

«In questi giorni alcuni esponenti politici hanno contestato la decisione del Ministero dello sviluppo economico di assegnare i diritti d'uso delle frequenze digitali per un periodo di venti anni alle emittenti televisive nazionali e locali. Francamente non si comprendono le reali ragioni di tale protesta, considerato che la procedura di assegnazione è nota da quasi due anni essendo prevista dalla legge 220/10 e dal decreto legge 34/11, che ha introdotto l'obbligo di trasformare i titoli provvisori in definitivi entro il 30 giugno 2012, in coincidenza con il passaggio al digitale su tutto il territorio nazionale.
Se il contenuto della norma non andava bene si sarebbe dovuto intervenire prima, magari sostenendo qualcuno dei numerosi emendamenti presentati (anche dalla FRT) in sede di approvazione della legge. Non si può contestare al Ministero di aver applicato la legge. Protestare adesso, in questi termini, è inutile.
Inoltre va considerato che le imprese televisive (sia nazionali che locali) devono poter ammortizzare nel tempo le ingenti somme sostenute per la realizzazione degli investimenti necessari alla conversione degli impianti dall'analogico al digitale terrestre. Quindi la concessione ventennale è senz'altro giustificata.

Il problema poteva semmai essere rappresentato da un eventuale provvedimento di assegnazione per le sole tv nazionali, tenendo fuori le tv locali. Per scongiurare questa ipotesi discriminatoria l'Associazione Tv Locali FRT il 29 giugno scorso aveva inviato al Ministero una richiesta formale di rilascio, entro il 30 giugno 2012, dei diritti d'uso definitivi anche in favore degli operatori di rete in ambito locale per una durata pari a 20 anni. In questo modo si sono scongiurate posizioni discriminatorie sul mercato.
Basti pensare che l'offerta di capacità di trasporto di contenuti nazionali da parte di consorzi di operatori di rete locali, pur se espressamente prevista nel Regolamento (Delibera 353/011/CONS della AGCOM), sarebbe stata gravemente svantaggiata rispetto alla omologa offerta da parte degli operatori nazionali cui venissero assegnati diritti d'uso definitivi per la durata di 20 anni. Questi ultimi avrebbero potuto infatti offrire ai loro clienti la sottoscrizione di contratti stabili definitivi, mentre altrettanto non sarebbe stato possibile per i consorzi di emittenti locali che fossero titolari di soli diritti d'uso provvisori. Sulla concessione ventennale va ancora detto che l'assegnazione del diritto d'uso è comunque assoggettata a determinati vincoli. Per esempio la cessione dei canali (il c.d. "Trading delle frequenze") sarà possibile solo per uso televisivo. È vietata la cessione alle tlc. Inoltre lo Stato potrà apporre limitazioni, condizioni e obblighi sulle frequenze stesse, anche in seguito a disposizioni comunitarie che dovessero essere emanate in materia, a deliberazioni adottate dall'Autorità nonché ad atti e provvedimenti emanati dal Ministero dello Sviluppo economico.

In conclusione, ora che il processo di digitalizzazione è concluso, è auspicabile che nell'immediato futuro le forze politiche possano concentrare i propri sforzi per proporre, valutare e/o sostenere soluzioni alla crisi del settore. Il settore ha, adesso, bisogno di interventi e provvedimenti finalizzati alla crescita e al consolidamento del nuovo mercato del digitale terrestre».

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