“Sant’Agostino”: pregi e difetti

Una fiction di successo RaiUno-LuxVide –

Ecco un parere ‘intenso’, partecipato e anche molto ‘argomentato’ della nostra collaboratrice Agnese Pellegrini su una fiction di successo messa in onda nei giorni scorsi da RaiUno: è “Sant’Agostino” della LuxVide.

È la fiction, bellezza. Con i suoi pregi, ma anche i suoi difetti. La megaproduzione LuxVide su Sant'Agostino, che RaiUno ha trasmesso in prima serata, ha raccolto ben 7 milioni di spettatori. Molti, supponiamo, anche da Oltretevere, dove deve essere stato apprezzato l'omaggio a papa Benedetto XVI, quando un convincente Alessandro Preziosi ha parlato della “ragione della fede” e della ricerca di verità.

Per il resto, sono stati proposti contenuti importanti, con un avvincente espediente narrativo (quello del flashback, peraltro tipico delle fiction Rai) e grandissimi protagonisti. Monica Guerritore, ad esempio, è stata una Santa Monica intensa, tenace, amorevole “madre dei dolori”. E poi Andrea Giordana, Franco Neri e la rivelazione Serena Rossi, che interpreta la schiava Khalidà (è stata lanciata da 'Un posto al Sole').

Fin qui i pregi. Ma una fiction è una fiction, il che vuol dire che se grazie alla sua struttura dinamica e leggera è possibile far passare in prima serata argomenti complessi, tuttavia occorre fare i conti con riduzioni e semplificazioni narrative (è funzionale, ad esempio, la schematizzazione dell'eroe, “kalòs kaì agathòs”, il cristiano bello e buono, contrapposto al cattivo, selvaggio e feroce: in realtà, però, i vandali che presero Ippona nel 430 non erano dei barbari, ma cristiani ariani).
Ci sono poi: invenzioni (la vocina misteriosa che segna l'inizio del percorso catecumenale di Agostino); anacronismi (come ha puntualizzato lo storico Franco Cardini, i militi romani nella Milano della fine del IV secolo sono equipaggiati come i legionari dell'alto impero romano; addirittura, uno dei personaggi di Ippona assediata è descritto come centurione, grado militare di cui non si ha traccia nel V secolo); qualche forzatura nella caratterizzazione dei personaggi (Agostino era africano, del gruppo berbero, quindi pelle mora, ma ammettiamo che Preziosi in Tv rende molto) e nella veridicità dei dialoghi.

Inoltre, per una puntata e tre quarti è andato in scena l'uomo, mentre al santo sono state dedicate le ultime manciate di minuti. E dire che si tratta dell'“Aristotele del cristianesimo”, il filosofo del 'De civitate Dei', vescovo e teologo, oltre che retore; padre e dottore della Chiesa, oltre che uomo di passioni.
È vero che non si trattava di un documentario, né di un'agiografia. Tuttavia, a mio parere, la vicenda spirituale doveva avere, se non la preminenza, almeno lo stesso peso di quella umana, che peraltro storicamente è poco conosciuta: anche la frase “ama e fa ciò che vuoi” sembra più un omaggio al giorno di San Valentino che la sintesi di un penetrante pensiero teologico.

Le lodi e le stroncature sono normali, per ogni fiction. E, come direbbe il vero Sant'Agostino, parafrasando il Vangelo, ognuno di noi ha due popoli. Così, ad essere onesti, è vero che, sotto il profilo storico, l'Agostino televisivo è improponibile, ma è anche vero che forse il pubblico, purtroppo, non se ne è accorto. Non è giusto affermare che il fine giustifica i mezzi, ma i numeri dell'audience parlano chiaro.
E se è vero, come è stato detto, che le fiction televisive mandano gli italiani in libreria, forse non tutto è perduto. Meglio tardi che mai, verrebbe da dire. O, con Sant'Agostino, “Tardi ti ho amato, Bellezza così antica e tanto nuova”.

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