Lucia Annunziata è soddisfatta della decisione del Tribunale del lavoro che ha intimato al Cda Rai di rimettere in onda Santoro nella collocazione precedente. Ma, per come è formulata, l’ordinanza pare un po’ eccessiva…
Secondo quanto comunicato ieri, la Rai "deve affidare a Michele Santoro un programma di approfondimento giornalistico sull'informazione di attualità collocato in prima o seconda serata", con puntate tendenzialmente monotematiche e una durata oscillante tra i 90 e i 150 minuti. A stabilirlo non è stato però nessun direttore di palinsesto bensì il giudice del lavoro di Roma Massimo Pagliarini. che ha anche fissato una data per una nuova udienza (il 30 giugno), per verificare l'applicazione della sua decisione da parte della Rai.
Nell'ordinanza il giudice del lavoro ha disposto dunque i termini nei quali deve essere attuata la decisione già da lui presa il 9 dicembre scorso, in cui si chiedeva alla Rai di adibire il giornalista ''alle mansioni di cui al contratto del 14 aprile 1999, così come svolte ed effettivamente esercitate in concreto, ovvero alla realizzazione e alla conduzione di programmi televisivi di approfondimento dell'informazione di attualita''.
Il 26 maggio il giudice si era riservato una decisione dopo aver chiesto una documentazione sui programmi di approfondimento (orari di messa in onda, rete, media del bacino di spettatori) in conseguenza delle proposte che la Rai aveva avanzato per l'attuazione del provvedimento. Viale Mazzini aveva proposto a Santoro due possibili collocazioni, entrambe su RaiTre, il sabato pomeriggio o la domenica in terza serata. Il giudice ha ritenuto che entrambe le proposte ''non sono attuative del provvedimento cautelare in esame'' e che dunque ''appare legittimo il rifiuto di esse da parte dello stesso Santoro'', perché ''non determinano il pieno ed integrale ripristino delle mansioni'' svolte dal giornalista in precedenza né possono considerarsi ''equivalenti''.
In particolare, secondo il giudice, la Rai deve ora affidare a Santoro, come si legge nell'ordinanza, un programma ''collocato in un fascia oraria che abbia un ascolto quantitativamente e qualitativamente non inferiore a quello proprio della fascia oraria in cui era collocato il programma Sciuscià'', ovvero in cui sono collocati programmi di genere analogo quali 'Porta a porta', 'Excalibur', 'Ballarò'' e cioè in prima o seconda serata''. L'ordinanza parla anche di ''dotazione delle risorse - umane, materiali, tecniche - idonee ad assicurare la buona riuscita del programma, in misura equivalente a quella praticata per i programmi precedenti''.
Ci sono due aspetti rilevanti in questa decisione, a nostro parere: da una parte era evidente che la Rai non poteva cavarsela con le proposte, riduttive e persino un po' ridicole, con cui aveva cercato di accontentare Santoro, senza di fatto reintegrarlo nei ranghi (nonostante i grandi ascolti conseguiti); abbiano sottolineato nelle scorse settimane come quelle proposte non risolvessero nulla e dunque il problema di Santoro - con la sua fortissima valenza politica - fosse più che mai incombente per la Rai, che sperava invece di cavarsela a buon mercato. In questo senso la nuova ordinanza non fa che ribadire e rafforzare quella precedente: inutile, dunque, cercare ancora di eluderla.
Ma ci sono anche molte perplessità - o anche legittime serie contrarietà - sulla sentenza citata del giudice Pagliarini. Detto che Santoro ha evidentemente trovato, da dipendente Rai, la strada giusta per mettere alla sbarra l'azienda, c'è da tuttavia da chiedersi come un giudice possa sostituirsi a un Cda o a un direttore di rete e indicare lui cosa debba essere messo in onda. Il precedente, insomma, è anche per certi versi inquietante, tanto più che alcune puntate di precedenti programmi (di qualche anno fa) di Santoro erano appena state sanzionate (non certo per la prima volta) da parte dell'Autorità di Cheli.
Può un giudice sostituirsi alla libera scelta editoriale di un'impresa, ancorchè pubblica, e imporle di trasmettere comunque un programma i cui contenuti, per giunta, in passato non sono stati giudicati equilibratiO La questione non è di poco conto e infatti il Cda Rai (che comunque meglio avrebbe fatto a cercare un accordo serio con Santoro prima della nuova ordinanza) si è molto allarmato. Un ordine del giorno subito approvato a maggioranza indica l'ordinanza di Pagliarini come "una limitazione della libertà d'impresa sancita dalla Costituzione".
Il Cda Rai ha quindi dato mandato al direttore generale "di valutare e di intraprendere le opportune azioni a tutela della Rai". Unico voto contrario all'ordine del giorno quello della presidente Annunziata, che così sancisce una nuova e tutt'altro che imprevedibile spaccatura con gli altri Consiglieri.
Scontate, infine, le polemiche a livello politico-partitico, mentre per la Rai sarebbe bene, una volta per tutte, prendere atto e chiudere la fase delle epurazioni politiche (oltretutto "su richiesta") che, come si vede, producono solo danni, da ogni punto di vista (Mauro Roffi).