Ieri ‘La Stampa’ dedicava davvero un numero ‘esagerato’ di pagine a questioni inerenti - per un verso o per l’altro - la Rai. Il quotidiano torinese (ricordiamo che la proprietà è la stessa del ligure ‘Secolo XIX’ e che è in atto un processo di fusione societaria con ‘La Repubblica’), forte nel Ponente ligure, si occupava del Festival e di Sanremo per quasi una decina di pagine, con tutta una serie di notizie, anche ‘di contorno’, che nessun altro quotidiano poteva vantare. Interessante e pregevole, verrebbe da dire, anche se qualcuno può naturalmente considerare l’argomento abbastanza futile (non siamo fra questi, ovviamente).
Ma sullo stesso numero ‘La Stampa’ tornava sulla Rai anche con ben altri toni, dedicando ben due clamorose pagine a una dettagliatissima descrizione dei compensi di una ricca serie di ‘star’ della stessa Rai, non tutte ‘interne’ (cioè dipendenti Rai), elencando dunque i ricchissimi prevedibili compensi dei diretti interessati e la serie di ‘extra’ ricevuti (mancava Fazio, stranamente), una fuga di notizie clamorosa da far impallidire chi proclama la necessità della ‘trasparenza’ su questi argomenti in nome del ‘servizio pubblico’ (e della proprietà pubblica) della stessa Rai. Non mancavano retroscena, commenti, interviste a corredo. Un bel ‘colpo giornalistico’, non c’è che dire.
Che cose simili succedano sul tema Rai naturalmente non sorprende, considerando (per fare solo l’ultimo esempio) che il piano editoriale dell’ex Verdelli finì sull’‘Espresso’ prima ancora che in Cda, ma c’è stato lo stesso un indubbio clamore, da una parte con le consuete considerazioni su quanto siano ‘esagerate’ e ‘scandalose’ certe cifre, argomento subito rintuzzato da chi parla invece di ‘cifre di mercato’ che poi non sarebbe giusto divulgare, per non favorire la concorrenza.
Insomma, il solito polverone, abbastanza ‘periodico’, che dà l’esca ai soliti politici specializzati nel commentare quasi ogni giorno quel che succede in Rai (ne ricordiamo due a titolo di esempio: Anzaldi e Gasparri), fosse anche lo spostamento di una pianta dell’arredo interno, quasi fossero chiamati loro ad amministrare Viale Mazzini.
Ma ha fatto bene ‘La Stampa’ a dare tutti quei dettagli? Dal punto di vista giornalistico di certo il piatto era succulento (quasi come i compensi), mentre sul merito il dibattito è aperto.
Certo è che la Rai - che stava celebrando l’ennesimo buon esito del Sanremo di Carlo Conti - non l’ha presa bene e, come riporta anche sempre ‘La Stampa’ tornando sull’argomento, “il giorno dopo la pubblicazione dei compensi di molte star della Tv, dai rinnovi milionari di Antonella Clerici e Flavio Insinna, ai conguagli per gli extra di Vespa, Guardì, Frizzi e Giletti, la Rai presenta un esposto alla Procura della Repubblica di Roma perché siano accertati «con urgenza» i responsabili della diffusione e pubblicazione dei documenti.
Secondo viale Mazzini, che peraltro non smentisce il contenuto degli articoli pubblicati ieri da ‘La Stampa’, si tratta infatti di “documenti riservati” che “procurano un danno all’azienda chiamata ad operare in un mercato concorrenziale, dando un’immediata posizione di vantaggio agli altri operatori del mercato”… Per questa ragione, «Rai si impegna a tutelare in ogni sede e con ogni mezzo il proprio patrimonio aziendale e la propria reputazione».
Quello dei compensi, troppo alti rispetto ai tetti imposti a tutta la pubblica amministrazione (240 mila euro), e da sempre coperti dal segreto aziendale, è un tema delicato. Ne ha riparlato ancora una volta il Cda di viale Mazzini, proprio martedì sera, senza approdare a nulla (ma è il mondo della politica che deve chiarire una volta per sempre se il ‘tetto’ è solo per i dirigenti Rai, o anche per le ‘star’, come non sembra affatto logico, almeno finché la Rai sarà chiamata ad operare anche sul mercato e non si finanzierà col solo canone; N.d.R.) e ne hanno parlato ieri tanti politici, di maggioranza e di opposizione”.
Ma i politici ve li risparmiamo volentieri, aggiungendo invece che ‘La Stampa’ torna sul tema Rai anche oggi, dedicando un altro dettagliato articolo al delicato tema della fiction e degli appalti alle società di produzione in genere; anche qui tante cifre e tanti particolari, a dimostrazione che la fonte del quotidiano è davvero ‘di primo livello’.
“Da registrare poi - continua ‘La Stampa’ - due precisazioni da Bruno Vespa e Massimo Giletti. Il conduttore di ‘Porta a Porta’ ci tiene a precisare che il suo «contratto base del triennio 2014-2017 è di un milione e 300 mila euro» e non di un milione 800 mila euro, che invece è il «tetto massimo», mentre il compenso per una prima serata speciale è di 30mila euro, per una seconda di 11.700 euro anziché 89.200 come riportato ieri.
A sua volta Massimo Giletti, che preannuncia querela, spiega che «i 313 mila euro indicati come compensi extra non si riferiscono al 2016 ma rappresentano gli arretrati dei tre anni precedenti». E comunque il suo minimo garantito «non è di 500 mila euro l’anno, ma è molto più basso».
Naturalmente è bene anche distinguere tra i cosiddetti stipendi e i costi di produzione. Da questo punto di vista i 2milioni 700mila euro versati alla Zerostudio’s spa di Michele Santoro a fronte di una serie di programmi non sono il compenso del giornalista televisivo ma il budget che la Rai mette a disposizione della produzione per realizzare una serie di puntate «chiavi in mano»”.
L’argomento è enorme e potenzialmente infinito, seguiranno sicuramente prossime (sempre confuse) puntate. Intanto - per non farsi mancare niente - si parla pure di un'inchiesta giudiziaria su Rai Pubblicità: alcuni suoi clienti sono sospettati di aver fatto ricorso a varie società estere per evadere il fisco. Vedremo, anche qui.
Ecco un post del 2 febbraio…. e la Stampa di Torino ha iniziato un inchiesta sui compensi ai conduttori RAI!!!! L’importante è la ricerca della verità!!! Bene!!!
Dario Villani
2 febbraio alle ore 15:17 ·
Matrigna RAI
In quest’ultimo periodo, dal passaggio del canone TV in bolletta ENEL, si sono avute diverse critiche e polemiche su quello che deve essere il ruolo della TV Pubblica. Innanzitutto per avere un quadro chiaro della situazione bisognerebbe analizzare minuziosamente i palinsesti dei canali RAI.
Mi sembra più che doveroso, che una TV pubblica debba svolgere preminentemente un ruolo educativo, informativo e sociale. In tal senso potremmo dare un 10+ all’informazione della RAI, anche se purtroppo per esigenze politiche o di punti di vista, di angolazioni, e di ottica dobbiamo avere più che un doppione. E’ chiaro che abbiamo 4 telegiornali di 4 colori politici diversi.
Tanto di cappello alla nascita di canali come RAI Scuola, era qualcosa che tutti noi già 20 anni fa avremmo auspicato, e anche se in ritardo poi è arrivato. Che funziona ha invece un programma a quiz, l’Eredità, quelli con Fabrizio Frizzi, Amadeus, Conte o dove si simula l’aula di un Tribunale (magari poi succederà che in Tribunale si simulerà quello che avviene in uno studio televisivo?)…. E’ chiara la matrice sociale e d’intrattenimento. Quando tutta la famiglia si riunisce intorno a questo nuovo focolare, cito Renzo Arbore, scatta la conversazione, parlare, mi piace, non mi piace, io farei così, io in un altro modo. Il problema purtroppo è e sono I COSTI. Quanto cavolo costa, una trasmissione assolutamente insulsa che fa guadagnare 10mila Euro a un concorrente, che azzecca il nome del primo presidente della repubblica italiana? Chi paga? Che apporto c’è fra sponsor e denaro pubblico? Guadagna più Amadeus, Frizzi, Conte e Giletti, o il Caporedattore del TG1? Quanti sono gli autori, gli scrittori di un libro invitati a presentare le loro pubblicazioni in RAI in una trasmissione culturale? Costa di più un caché per l’autore di un libro o per il concorrente al quiz? Vorrei vederci chiaro in questa storia. Anche perché credo sia noto a tutti, che la RAI non viene finanziata solo dal canone, ma dagli sponsor e dalla pubblicità nonché da ulteriori fondi governativi. Quindi è come se alla fine pagassimo 3 volte, uno il canone, due attraverso le imposte, tre quando compriamo un prodotto di marca (volevo dire di mer***) che per stare sul mercato deve farsi pubblicità in TV. Ultima battuta a sfavore dei talk show domenicali. Fatta eccezione della matrice sociale e di stimolo al dialogo di cui sopra, credo che nessuno più digerisca la domenica di vedere Barba D’Urso su Canale 5 e Giletti su RAI UNO che proprio nel giorno più tranquillo della settimana devono angosciare gli italiani con temi di politica che proprio non gliene frega a nessuno. Sarebbe meglio mettere in onda un film western in bianco e nero e devolvere gli stipendi dei conduttori alle famiglie dei terremotati e dei disoccupati. NB lavorando col pubblico faccio notare che quando in una famiglia manca all’improvviso il lavoro, non arriva la protezione civile come in Abruzzo, nè qualcuno paga loro bollette e mutuo. E comunque vorrei vedere la pubblicazione su un quotidiano a tiratura nazionale, così come la legge dovrebbe prescrivere o già prescrive, dei bilanci di Matrigna-RAI.