Si moltiplicano gli allarmi sulla situazione che si prospetta per le Tv locali. Soprattutto nelle aree prossime al digitale le Tv locali sono già in ‘emergenza’: a tutti gli altri problemi si aggiunge una totale incertezza sulle frequenze a disposizione.
Vediamo che succede in Veneto secondo un articolo del corrieredelveneto.it:
«Il Veneto dovrebbe passare al digitale terrestre tra il 15 ottobre e il 15 novembre prossimi. Peccato che l'archiviazione dell'analogico rischi di coincidere con l'addio alle 27 televisioni locali, di fatto appena escluse dall'operazione dall'Agcom (l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni). In Italia ci sono 25 emittenti nazionali e un totale di 55 frequenze in molte regioni, che però in Veneto, Friuli ed Emilia si dimezzano a 27, perchè le altre 27 sono andate a Croazia e Slovenia, secondo accordi internazionali ratificati nella Convenzione di Ginevra del 2006.
Ora, stando al Piano nazionale di assegnazione delle frequenze (Pnaf) appena pubblicato dall'Agcom, le 27 italiane sono tutte appannaggio delle emittenti nazionali e, alcune, dei colossi telefonici. Nella relazione tecnica l'Agenzia scrive di aver garantito «la pianificazione di almeno 13 "multiplex" a copertura regionale nella Pianura Padana per Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Marche, Friuli, le più critiche in termini di orografia e coordinamento internazionale», delle quali però non c'è traccia nello schema allegato.
«Mi devono spiegare dove sono - attacca Giorgio Galante, editore di 7Gold Telepadova - a meno che non ci vogliano far occupare le frequenze assegnate a Croazia e Slovenia. Ipotesi inimmaginabile, prima di tutto perchè costituirebbe un illecito e poi perchè il segnale sarebbe disturbato da continue interferenze».
«Il Pnaf è in pieno contrasto con la legge 249 del 31 luglio 1997 e con le successive delibere firmate dall'Agcom, che assegnano un terzo delle frequenze pianificabili alle emittenti televisive locali - spiega Thomas Panto, editore di Antenna 3 Nordest - . Significa che sulle 27 frequenze destinate all'Italia per le aree tecniche 6 e 7, cioè relative a Veneto e Friuli, nove dovrebbero andare alle tivù locali e invece risultano tutte affidate alle reti nazionali».
Galante, Panto e Filippo Jannacopulos, editore di Rete Veneta, hanno stretto un accordo per presentare ricorso al Tar del Lazio, l'unico competente in materia, al quale chiederanno di bloccare il piano in tutto il Paese, e poi per fare pressioni sul ministero delle Comunicazioni. Che invitano «a rispettare la riserva di legge di un terzo delle frequenze pianificabili attualmente nelle aree tecniche 6 e 7 e a coordinarne ulteriori con Slovenia e Croazia, sempre mantenendo tale riserva».
«Vanno cambiate tutte le frequenze - dice Jannacopulos - , la nostra è una battaglia per tutelare l'emittenza di qualità e centinaia di posti di lavoro. Senza contare che la legge ci obbliga a proseguire negli investimenti per passare al digitale terrestre, con un costo minimo di 3 milioni di euro. Non possiamo fermarci, nel Veneto ci saranno 80 impianti e le ditte fornitrici non possono certo essere avvertite il giorno prima: gli ordini li abbiamo spediti mesi fa. Ma stiamo investendo al buio»…
«La Frt (Federazione radio e televisioni, ndr) è stata chiara - precisa Luigi Vinco, editore e direttore di Telenuovo - : se un terzo delle frequenze di qualità non viene assegnato alle tivù locali, faremo ricorso al Tar del Lazio. E temo che sarà un partita così lunga da ritardare nel Nord Est il passaggio al digitale. I cittadini tengono all'informazione del loro territorio, come testimoniano gli ascolti, perchè la sentono più vicina, più radicata. Ma se le cose non cambiano, rischiamo di scomparire ».
Galante, Panto e Jannacopulos torneranno a chiedere aiuto al governatore Luca Zaia, già incontrato per chiedere un contributo regionale a sostegno dell'addio all'analogico. «Vigileremo sul passaggio al digitale terrestre e difenderemo le tivù locali - ha detto Zaia a CNRmedia - per noi sono servizio pubblico. Ci costituiremo parte lesa se saltasse fuori che il Veneto è stato penalizzato, le regioni devono contare su emittenti al servizio del territorio».
In Lombardia già da qualche tempo si invoca un rinvio della scadenza-capestro (a questo punto) del 15 settembre per lo switch off. Ma in Liguria? Ecco una nota di Primocanale:
«Nell'assenza pressoché totale di norme e disposizioni che dovrebbero regolare l'epocale passaggio al digitale terrestre che sta interessando l'Italia, il rischio praticamente certo è che se verrà mantenuto il termine di fine novembre già stabilito per la nostra regione, almeno il 50% dei liguri si troverà con le tv oscurate. È il dato più preoccupante emerso da un convegno organizzato da Primocanale cui hanno partecipato enti locali, sindacati, amministratori di condominio, amministratori delegati di Tv lombarde e piemontesi che hanno già compiuto il grande salto e perfino antennisti. Ed è proprio da loro che arriva l'allarme, dovuto innanzi tutto alla particolarissima conformazione orografica della nostra regione dove sono attivi ben 2200 impianti sui 9000 presenti in tutto il Nord Italia. A ciò si aggiunge il fatto che dopo aver lavorato da tempo per il digitale, ora la stragrande maggioranza delle frequenze viene rimessa in discussione per cui gli impianti già adeguati dovranno essere riadattati, con la conseguenza che per gli antennisti presenti sul territorio sarà praticamente impossibile nel giro di pochi mesi renderli tutti funzionanti».