Un Boss mica troppo in incognito

C’è troppo lavoro di autori e sempre meno (o niente) spontaneità nella seconda edizione di ‘Boss in incognito’, in onda il lunedì sera su RaiDue in prima serata.

I boss provengono da realtà imprenditoriali di diversi settori, come ristorazione, moda, trasporti o industria dolciaria, e cambiano aspetto, look e stile, creandosi una falsa identità. Per giustificare la troupe televisiva al seguito viene giocata la carta del documentario sul mondo del lavoro.

Ogni giorno il boss affronta una nuova mansione in una diversa area produttiva della sua azienda, seguito da un dipendente “tutor” che lo forma sulle varie mansioni da svolgere, a volte anche redarguendolo. Nell’ambito dell’esperienza da apprendista a boss può capitare di incontrare lavoratori che non svolgono al meglio i loro compiti o che invece si impegnano al massimo.

Al termine della settimana, il boss convoca nella sede centrale dell’azienda tutti i lavoratori con cui è entrato in contatto e, dopo aver svelato la sua vera identità, li premia e in genere migliora le loro condizioni di lavoro.

Tutto, dicevamo, si svolge sulla base di un inteso lavoro autoriale che porta anche lo spettatore più sprovveduto a pensare che ci sia poco di autentico in questo reality ma che invece gran parte dei personaggi siano chiamati, nella sostanza, a recitare un copione.

Un aspetto emerso, in particolar modo, nella prima puntata, con protagonista l’imprenditore alberghiero Fabrizio Piantoni, nella quale il boss è stato “beccato” con l’auricolare (un po’ come succedeva a Ambra in “Non è la Rai).

Ma la finzione sembra emergere spesso anche nei comportamenti dei “dipendenti-tutor”, quando riprendono il boss in incognito. E po’ viene da chiedersi: possibile che dopo un giorno di lavoro ai tutor scappi quella voglia irrefrenabile di raccontare i propri affari di famiglia, le proprie cose private ad un collega sconosciuto? È poi chiaro che i dipendenti scelti lo siano per certe caratteristiche, per una storia particolare alle spalle. Poi, alla fine, tutto si risolve appunto con l’happy end.

Il boss infatti, quando convoca i dipendenti, anche quelli che hanno commesso grossi errori, fa loro una mezza ramanzina e poi però li premia con un aumento, con un po’ di giorni di ferie. Il tutto condito da lacrime e abbracci per un “e vissero tutti felici e contenti” e con Costantino della Gherardesca, che tuttavia rimane la scelta più azzeccata del programma, anche se, forse sentendone inconsciamente le carenze, appare un po’ sottotono rispetto al solito.

‘Boss in incognito’ va in onda in 10 puntate ed è basato sul format ‘Undercover Boss’, creato da Studio Lambert e licenziato da All3media International Limited. È una produzione di RaiDue in collaborazione con Endemol Italia, scritto da Cristiana Farina, con Nicola Fuiano, Yuri Grandone e Noa Palotto. La regia è di Giorgio Romano.

Nonostante i difetti che ci è parso di riscontrare, ‘Boss in incognito’ sembra piacere al pubblico e RaiDue si gode un certo successo di ascolti, arrivati a fine anno il lunedì sera fin verso il 10%.

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